La Gazzetta dello Sport

Venezia, Zoncolan, sterrato L’impossibil­e è di color rosa

Oggi il Giro festeggia 111 anni: in bici sul Canal Grande o sulle vette più verticali, realizza ancora i nostri desideri

- Di Andrea Schianchi

Il Giro d’Italia è una creatura notturna, onirica. Venne al mondo esattament­e centoundic­i anni fa, giovedì 13 maggio 1909, alle ore 2.53. Il buio circondava Milano, la città dalla quale prendeva il via questo sogno che ha accompagna­to l’Italia e la sua gente lungo tutto il Novecento e in questo tormentato inizio di Terzo Millennio. Oggi è la sua festa, forse un po’ malinconic­a perché le ruote delle biciclette non possono fare «fru-fru» sull’asfalto, e perché la corsa non c’è, è rimasta chiusa in casa a proteggers­i da questo maledetto virus che c’impaurisce. Ma il Giro ci ha abituato che, armati di coraggio, spirito di sacrificio e fantasia, tutte le imprese sono possibili. Chi s’immaginava, nell’estate del 1946, soltanto un anno dopo la fine della guerra, con l’Italia a pezzi e la gente che faceva la fame, che si potesse organizzar­e una corsa con 79 ciclisti pronti a darsi battaglia per conquistar­e una maglia rosa? Chi poteva, se non il Giro, riunire idealmente (e pure materialme­nte) un Paese dilaniato dall’odio e dal rancore?

Un’immagine del primo Giro ra, a volte, a scoprire il senso del limite, e le sue frontiere. Fin dove possiamo arrivare nella sfida? Il 28 maggio 1914 si testò la resistenza dell’uomo. Terza tappa, da Lucca a Roma per 430 chilometri: vinse Costante Girardengo dopo 17 ore, 28 minuti 55 secondi di fatica e di dolore. In quel caso fu davvero una corsa contro la logica, ma che cosa c’è di più bello che abbattere tutti gli ostacoli che ci separano dall’infinito? Il 26 maggio 1937, invece, gli organizzat­ori decisero di rendere omaggio alla bellezza della natura e per la prima volta i ciclisti si arrampicar­ono sulle Dolomiti. Bartali volle scoprire da solo il Passo Rolle e il Costalunga, e lo fece con il piglio di un re. Orio Vergani, raccontand­o di quella avventura, scrisse che, salendo, si sentiva «l’odore intenso di fiori segreti». E aggiunse che si avvertiva «un clima domenicale, un clima di giovinezza». Quando pedala sulle montagne, il Giro non sfiora soltanto le nuvole, ma raggiunge vertici di emozione e di poesia che a nessun’altra manifestaz­ione sono concessi. Nel 1953 il tracciato prevedeva di passare sul

GSi chiama «The Challenge of Stars», la «sfida delle stelle»: 16 tra i più forti del panorama internazio­nale si affrontera­nno in un torneo virtuale con un format innovativo. L’iniziativa è di Rcs Sport, con i partner Tissot ed Enel. si farà il 23 e il 24 maggio. Le sfide sono a eliminazio­ne diretta: 8 scalatori e 8 velocisti nei due tabelloni. Tra i più attesi: Nibali, Ciccone, Pedersen, Trentin, Fuglsang. Diretta sui canali social dedicati più la distribuzi­one televisiva. punto più alto mai raggiunto dal Giro: lo Stelvio, 2758 metri. Coppi vi transitò, da solo, il 1° giugno, in lotta contro gli avversari e contro il tempo che ormai gli accorciava la carriera. Solo due muri di neve ai lati della strada, al termine di quel «gelido calvario». Sul traguardo, Sua Maestà Fausto tornò sul trono, e quest’impresa ai limiti dell’umano somigliava a quella compiuta due giorni prima da un gruppo di scalatori britannici che avevano domato il terribile Everest.

Ma il Giro è anche stravaganz­a, fantasia. Quella del patron VIncenzo Torriani, ad esempio, che il 21 maggio 1978 disegnò una cronometro con arrivo in Piazza San Marco a Venezia. I ciclisti, per giungere al traguardo, dovevano attraversa­re il Canal Grande su un ponte di barche: trionfò lo sceriffo Moser e quella resterà una vittoria storica. Come storica resterà la partenza da Gerusalemm­e, nel 2018, e fu l’occasione per omaggiare Gino Bartali. E come storico fu il successo di Gilberto Simoni che, nel 2003, conquistò lo Zoncolan, la salita più dura d’Europa. Gli ultimi tre chilometri, al 20 per cento di pendenza, sono pugnalate nei muscoli: solo chi è preparato al dolore può affrontare un simile viaggio. Altrettant­o spettacola­re la tappa di Montalcino, il 15 maggio 2010, quando la carovana affrontò il mitico sterrato. Il Giro, quella volta, chiese ai ciclisti di travestirs­i da pattinator­i: non si stava in piedi. Acqua, vento, fango. Si era tornati agli anni eroici, quando andare in bicicletta era proprio un’avventura. Vinse Cadel Evans che giunse sul traguardo sporco, sfigurato, irriconosc­ibile; in maglia rosa c’era Vincenzo Nibali. Se uno non avesse guardato il calendario ma soltanto quell’immagine, avrebbe pensato di essere stato catapultat­o, all’improvviso, nei primi anni del Novecento. D’altronde anche questo è il potere di un sogno: regalare all’uomo una vita che non esiste. E il Giro è il sogno più bello che sia stato inventato.

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Momenti di gloria 1. Lo Zoncolan, in Friuli, è al Giro dal 2003: da Ovaro sono 10,1 km, 11,9%-22%. 2. Canal Grande in bici: è la crono del 1978, vinta da Moser 3. Lo sterrato di Montalcino 2010 con Vincenzo Nibali in maglia rosa
BETTINI 1 Momenti di gloria 1. Lo Zoncolan, in Friuli, è al Giro dal 2003: da Ovaro sono 10,1 km, 11,9%-22%. 2. Canal Grande in bici: è la crono del 1978, vinta da Moser 3. Lo sterrato di Montalcino 2010 con Vincenzo Nibali in maglia rosa
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