Silvia, un’inchiesta per le minacce e gli insulti sui social Casa sorvegliata
Indaga la Procura E parla la madre: «Chi non tornerebbe convertito dopo due anni? Vogliamo stare in pace»
Iveleni sono diventati insulti, gli insulti sono diventate minacce. Così, per le frasi rivolte sui social a Silvia Romano, il responsabile dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili ha aperto un’inchiesta. L’ipotesi, contro ignoti, è di minacce aggravate. La prefettura valuta misure di protezione, il ministro Luigi Di Maio non esclude il ricorso a una scorta (sottolineando che non è a conoscenza di riscatto pagato) e il palazzo del quartiere Casoretto è sorvegliato dalle forze dell’ordine. Vicino casa, era stato trovato anche un volantino. «Tanti di noi stufi di dover pagare i riscatti, specie di questi tempi. Salvare una vita, meritevole, per metterne a rischio molte altre?», c’era scritto sul foglio, staccato dall’ edicolante non appena se ne è accorto. Nel volantino si criticava il fatto di «subire le ingerenze politiche delle ong che mettono a rischio i nostri pur lodevoli connazionali». Intolleranza legata alla conversione all’Islam, maturata dalla volontaria (ascoltata nuovamente dai pm) durante la prigionia. Da ieri, il profilo Facebook di Silvia non è più visibile.
La famiglia
Silvia Romano con la mamma Francesca a Ciampino
torna convertito. Usate il cervello. Vogliamo stare in pace, abbiamo bisogno di pace». Ma l’aria si fa pesante: Nico Basso, consigliere comunale di Asolo (Treviso), “venetista” e capogruppo della civica Verso il futuro, ha postato una foto della ragazza scrivendo «Impiccatela». Poi l’ex assessore della giunta leghista ha cancellato il post che intanto aveva ricevuto molti like. La madre di Silvia infine ha ribadito di aver preso le distanze dalla onlus Africa Milele per la quale sua figlia ha lavorato in Africa. «Ma «non sono io l’ordine preposto per parlare di queste cose, c’è una Procura che indaga». Mentre si aggiungono altri particolari sulla liberazione, nell’operazione portata avanti dalla nostra intelligence appoggiata da altri Paesi. Tra questi la Turchia, ma anche il Qatar. I soldi del riscatto, secondo il portavoce del gruppo terroristico Al Shabaab (Ali Dehere), non saranno usati solo per acquistare armi ma anche per la popolazione civile.
f.carr.