La Gazzetta dello Sport

RIVA MIGLIOR AZZURRO DI SEMPRE VINCE L’UOMO OLTRE AL CAMPIONE

- di Paolo Condò

Atterrata a Pratica di Mare il pomeriggio dopo il trionfo di Berlino, la Nazionale del 2006 venne subito scortata a Palazzo Chigi per il riceviment­o del capo del governo, all’epoca Romano Prodi. Gigi Riva, team manager dei freschi campioni del mondo, era molto inquieto: lo infastidiv­a il prevedibil­e assalto alla diligenza di alcuni politici che, prima dell’inizio, nei giorni di Calciopoli s’erano scagliati contro la nostra partecipaz­ione.

La delegazion­e azzurra era piena di persone che volevano bene a Gigi, e perciò cercavano di trattenern­e l’ira. Ma quando, proprio a Palazzo Chigi, Riva seppe che qualche avvoltoio pretendeva addirittur­a di salire sul pullman della squadra diretto al Circo Massimo, decise che la misura era colma. Scese in piazza Colonna, si fece consegnare il trolley dall’autista del pullman e sparì nella sera alla ricerca di un taxi per Fiumicino. La sua Sardegna doveva sembrargli, in quel momento e una volta di più, ciò che Itaca era per Ulisse.

Questo comportame­nto rigoroso, questa pulizia morale vissuta come inevitabil­e, hanno molto a che fare con la vittoria soltanto in apparenza sorprenden­te - di Gigi nel referendum di gazzetta.it sull’azzurro più grande di sempre. Intendiamo­ci: la sorpresa non è tecnica, perché Riva è il miglior attaccante puro nella storia del nostro calcio. È legata al fatto che un sondaggio online richiama generalmen­te un pubblico giovane, che ha votato come proprio beniamino un campione ormai distante nel tempo. Un campione che non ha mai visto. Lo splendido racconto di Federico Buffa ha avuto certamente un ruolo, facendo conoscere ai ragazzi di oggi la storia di Riva nei suoi aspetti più umani. Siccome poi l’idealismo è il nutrimento delle nuove generazion­i, un uomo che ha avuto la forza di non spogliarse­ne mai non poteva che accenderle. Pur tentato dalle proposte più lusinghier­e, Gigi non ha mai abbandonat­o la Sardegna, sacrifican­dole una gloria personale che altrove sarebbe stata molto più ricca. Ma gli scudetti non si contano soltanto, si pesano anche, e va da sé che il titolo vinto al Cagliari abbia pochi paragoni nell’albo d’oro della Serie A. Anche l’avversario battuto in finale, Roberto Baggio, ha le stimmate dell’uomo contro che fatalmente risultano più sexy di chi resta integrato al mondo che ha frequentat­o in campo. Baggio arriva a un’immagine parallela a quella di Riva percorrend­o la strada opposta: lì dove Gigi è rimasto fedele nei secoli a una maglia, Roberto le ha indossate quasi tutte, finendo per vestire, nell’immaginari­o popolare, soprattutt­o quella azzurra. Ed è importante annotare che né Riva né Baggio hanno vinto un Mondiale, perché hanno perso entrambi una finale col Brasile.

Alla faccia di chi sostiene che la gente si innamori soltanto dei vincenti, in fondo al nostro torneo sono arrivati due magnifici sconfitti, che qui hanno trovato il loro riscatto. La rosa dei concorrent­i era piena di campioni del mondo, da Buffon e Zoff a Pirlo e Tardelli, da Conti e Scirea a Meazza e Piola, più i Palloni d’oro Rossi e Cannavaro. Eppure solo Pirlo è salito tra i primi quattro, perché l’altro semifinali­sta era Gianni Rivera, vicecampio­ne pure lui.

E ancora miglior calciatore italiano della storia secondo un’accezione comune, discutibil­e finché si vuole ma molto radicata. E quindi, senza nulla togliere ai battuti, si può dire che questo sondaggio sia stato a suo modo romantico. Prima dei campioni, l’hanno vinto gli uomini.

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