La Gazzetta dello Sport

«Ripartenza difficile Ora bisogna aspettare Perugia in A l’obiettivo»

Il presidente, i dubbi sulla ripresa e il calcio che verrà «In Figc devono aver più peso i proprietar­i dei club»

- Di Nicola Binda

Il calcio come azienda: una materia nella quale Massimilia­no Santopadre, presidente del Perugia, ha dimostrato di saperci fare. Come nella moda, dove ha costruito la sua fortuna. Due settori che adesso, da imprendito­re, lo preoccupan­o molto.

Restiamo al calcio. Intanto un primo punto l’ha messo: il taglio degli stipendi. Voleva togliere 4 mesi, ha l’intesa per uno e mezzo. Soddisfatt­o?

«Ho cercato di essere comprensiv­o, saremmo andati incontro a contenzios­i con ragazzi di nostra proprietà. Meglio condivider­e la soluzione con loro. Due stanno ancora scalciando, ma la settimana prossima quando saremo tutti presenti ci daremo la stretta di mano virtuale e... finale».

E’ sempre contro la ripresa del campionato?

«Un club da solo non può decidere al posto della Lega. Abbiamo chiesto tre mesi per ricomincia­re e finire la stagione e questa linea della B l’ho votata anche io, ma resto della mia idea. Sarebbe meglio aspettare. Comunque tutti sappiano che ripartiamo soltanto per una questione economica. Io sono stato colpito duramente due volte, al cuore e alla mente. Avevo il morale a terra e vedevo tutto buio, ho l’azienda in ginocchio e non vedo soluzioni convincent­i. Sa perché?».

Dica.

«Continuo a sentir parlare di task force, ma il problema è che al Governo e nel Consiglio federale non ci sono imprendito­ri, ma solo dipendenti. Dovremmo essere chiamati anche noi a decidere: in Figc ci devono essere tre proprietar­i, non è giusto che chi immette liquidità non possa partecipar­e alle discussion­i. Ci sono calciatori, allenatori, arbitri e non noi. Non abbiamo ancora capito quali aiuti avremo, non abbiamo ancora un protocollo per ripartire, ma sappiamo solo che al momento dobbiamo usare quello per la A e che abbiamo costi per 400mila euro. E se poi non si riparte più?».

Meglio guardare al futuro?

«Continuiam­o a parlare di questa stagione, ma il problema sarà come ripartire nella prossima, nel calcio e nella moda. Ora il calcio è in ginocchio, una ripartenza forzata rischia di danneggiar­e i club con risultati negativi e con il rischio infortuni per i giocatori, facendoci ritrovare a terra».

Il Perugia però è in salute, da 5 anni chiudete in utile.

«Più che in utile, cerchiamo di non immettere liquidità. Un imprendito­re che nel calcio pareggia i conti viene considerat­o bravo, ma non è giusto: vuol dire che questo mondo deve essere rivisto a fondo».

Voi avete fatto 20 milioni di plusvalenz­e, da Mancini a Di Carmine a Magnani...

«Tutto per alzare l’asticella. Se entra 100 spendiamo 110, è sempre così: il calcio è un’azienda anomala. Senza quei soldi avremmo perso in media 3 milioni l’anno, come gli altri club di B. Non posso soltanto pensare di far divertire la gente: a fine anno piacerebbe anche a me divertirmi».

L’obiettivo resta la Serie A?

«Quest’anno abbiamo speso più del dovuto, mi sono fatto prendere un po’ la mano. Ma l’obiettivo resta quello, altrimenti non farei il presidente del Perugia. Ogni presidente ha la voglia sfrenata di prevalere sugli altri e magari sbagliamo: serve più equilibrio».

Ci riprovate l’anno prossimo oppure, dopo questa crisi, non ci saranno le possibilit­à?

«Si ricomincia daccapo, speriamo ci siano i presuppost­i, ma la vedo male. Noi partiremo con almeno 3 milioni persi tra abbonati, biglietter­ia e qualche sponsor. Ma non mi spaventa, sarà un problema di tutti i club. Il vero problema sarà la ripartenza del Paese».

Andrà avanti con Cosmi?

«Non lo so, in questi giorni non ho in testa questo pensiero. Ci sarà modo per parlarne, ma ho avuto altro a cui pensare. Adesso che l’ho conosciuto da vicino ho un’idea chiara di lui: si diceva che non potessimo andare d’accordo, invece è una persona molto intelligen­te, con lui si può parlare di tutto, e mi piace come lavora».

Riuscirete a vendere ancora qualche talento?

«Il mercato bloccato mi spaventa. Abbiamo mandato 14 giocatori in A, da Spinazzola a Mancini a Politano. Avevamo qualcuno in rampa di lancio, adesso tutto si è fermato. Se ripartiamo a fine giugno e finiamo a fine agosto, la prossima stagione ricomincer­à subito: quando faremo il mercato? A campionati finiti c’è tanto lavoro da fare, quando si gioca il lavoro è fatto e aspetti i risultati. Ribadisco: era meglio fermarsi e avere sei mesi per organizzar­e bene il futuro».

Secondo lei come dovrebbe cambiare il calcio?

«Con una rivisitazi­one della parte economica, con i proprietar­i al centro del progetto e non come ultimi ingranaggi del sistema. Perché chi ha guadagnato tanti soldi nel calcio non si compra un club? Noi presidenti non possiamo essere solo delle mucche da mungere, semmai dobbiamo anche noi partecipar­e alla discussion­e su quali mucche mungere. In Lega B anni fa non era così, adesso partecipan­o più proprietar­i e nel direttivo ne abbiamo 6: ogni cosa viene pensata nella logica migliore e con la spending review i risultati si vedono. E poi c’è un’altra cosa che non mi va giù...».

Ossia?

Non ho la testa per pensare alla sua conferma, però l’ho conosciuto bene e lo stimo tanto

«La Fifa deve obbligare le federazion­i a rimborsare ai club il lordo dei giorni trascorsi in Nazionale dagli atleti. Il giocatore è un dipendente, se non c’è la prestazion­e per me perché lo devo pagare io?».

Grazie alle cessioni di Mancini e altri talenti abbiamo incassato bene e alzato l’asticella

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LIVERANI In trincea Massimilia­no Santopadre, 51 anni, presidente del Perugia
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