Il professore scelto da Gazidis potrebbe indicare per la panchina un uomo di sua fiducia
La scelta di Gazidis sbarcherà come futuro direttore tecnico rossonero. Per la panchina in pole il tecnico rivelazione del Lipsia
Può succedere. Può accadere che Ralf Rangnick, designato nuovo padrone dell’area tecnica del Milan, sia interessato a portare con sé un allenatore per lasciare le cosiddette cose di campo a qualcun altro. Tipo Julian Nagelsmann, l’apprezzatissimo e giovanissimo (è nato nel 1987) tecnico del Lipsia. In fondo, dando solo una rapida occhiata al curriculum di Rangnick, si evince un fatto: da dirigente o manager ha ottenuto dei buoni risultati. Da allenatore, non tanto. È un mestiere stressante, e non sempre ce l’ha fatta. Dunque, può avere una logica l’idea di riportare a casa sua, cioè a casa Rangnick, l’allenatore che ha già lavorato con lui. Un ragazzo che ha basi solide. Rangnick potrebbe così riferirsi a rotte conosciute. Giocatori, ingaggi eccetera. Soprattutto ingaggi per il futuro. Sistemi di gioco da applicare sin dalle squadre giovanili, cosa che Arrigo Sacchi aveva caldeggiato anni fa. Ecco, questo è il piatto che aspetta il manager tedesco. Un sfida totale, una ricostruzione senza se e senza ma. Nagelsmann potrebbe essere il nome giusto per dare una mano in questo lavoro non semplice.
Work in progress
Perché poi c’è questo interrogativo, precedente alla pandemia e al lockdown, ora allentato, che rallentano i viaggi e impediscono i contatti fisici fra il manager tedesco e Gordon Singer. L’incontro fra i due è un passaggio necessario per chiudere i conti e rendere operativi certi meccanismi. Nessuno ha mai parlato di contratti già firmati, tantomeno Zvone Boban nella sua intervista con la Gazzetta dello Sport che ha portato tanti nodi al pettine. Poi ci sono state le dichiarazioni di Rangnick. C’è stata la risposta di Maldini, ultima bandiera in un club che ormai le ha ammainate tutte. Non ci sono più bandiere, ma non è questo il punto. Il punto è che cosa potrebbero definire Rangnick e i suoi aiutanti di campo.
Come ripartire
Il Milan ha portato i suoi giocatori
Ivan Gazidis, 55 anni a Milanello, sta tentando di difendere l’onorevole lavoro di Stefano Pioli e Paolo Maldini, da direttore tecnico, è sceso in campo soprattutto per difendere l’allenatore e la squadra. Ma ormai tutti hanno capito che il futuro è una terra straniera, tedesca probabilmente, con un programma ben preciso che prevede uniformità dalle giovanili in su. È il programma che guarda caso stava a cuore anche ad Arrigo Sacchi per la nazionale italiana e che tanti hanno cercato di mettere in funzione all’estero. Stili di gioco uguali dai ragazzini in su, controllo centralizzato. Un vecchio progetto che Ralf Rangnick, sacchiano per cultura calcistica, potrebbe cercare di imporre a Milanello. Ma siamo sicuri che da solo potrebbe farcela? E soprattutto, come ripartire nel frattempo?
Fantasia e scouting
Ed ecco che a questa voce, la ripartenza, compare Stefano Pioli, chiamato a chiudere in modo onorevole il campionato. Pioli ci metterà tutto quello che può e la squadra è dalla sua parte: le ultime uscite potranno anche essere state deludenti, ma non bisogna dimenticare la striscia positiva precedente e tutto quello che i giocatori hanno fatto capire in questi mesi. Il Normal One Pioli è piaciuto a tutti, Zlatan Ibrahimovic compreso, e ora arriva uno che tanto norma
le non è, nel senso che segue metodi particolari e un po’ ossessivi. Quanti resteranno volentieri? E chi lo sa. Non si sa neppure quanti resteranno, perché il Milan alla tedesca, fra scouting ed esigenze tattiche, potrebbe riservare tante sorprese. Abbastanza da far fuori metà della rosa, non soltanto in considerazione del calcio veloce e divertente del nuovo candidato allenatore Nagelsmann.
Obiettivi
Quali sarebbero gli obiettivi del fondo Elliott, proprietario del Milan, in questa altra scontata rivoluzione? Prima di tutto avere un club che si autofinanzi, giocatori giovanissimi, ingaggi contenuti, quindi molti dell’attuale rosa destinati ad accasarsi altrove. Anche perché il calcio di Rangnick, con o senza Nagelsmann in panchina (c’è chi sostiene che almeno per il primo anno Rangnick sia orientato a fare tutto da solo) è semplice e insieme complicato, ma dal quartier generale di Elliott a Londra sono persuasi ad andare avanti così. Comunque vada, sarà un esperimento. Comunque vada, con un allenatore straniero. Queste le voci che arrivano dall’Inghilterra, sfumate, ma difficili da ignorare.