La Gazzetta dello Sport

L’affondo di Totti: «La Lazio per me non esiste»

L’ex capitano «Monchi? Leale, ma si è fidato di persone che pensavano più a se stesse»

- Di Andrea Pugliese - ROMA

Monchi, quando era a Roma, amava sottolinea­re come la difficoltà più grossa l’aveva trovata proprio all’inizio del suo mandato, nel dover dire a Francesco Totti che era arrivato il momento di dire basta con il calcio giocato. Una montagna da scalare, che però ha permesso ai due di creare un rapporto. Monchi voleva con sé Francesco, per vederlo crescere nell’area tecnica: «Difficile avere un insegnante migliore di lui per capire la Roma», twittò lo spagnolo l’8 agosto 2017, ricevendo subito la risposta di Francesco: «Un piacere lavorare con un profession­ista della tua esperienza! Spero di fare grandi cose per la Roma insieme». Ieri Totti è tornato a parlare anche di questo: del suo addio e di Monchi, con un’incursione dall’altra parte della città. «Per me Roma è Roma. La Lazio non esiste. Non posso fare paragoni. Questo non significa che sto parlando male di loro, tutt’altro. Per me la Roma è unica come i suoi tifosi. Sono appassiona­ti, sentimenta­li, danno tutto per la maglia».

Quanti saluti

Poi, appunto, il passaggio sull’addio al calcio e il desiderio represso di poter dire ancora la sua. «Sono coerente con me stesso, con il mio fisico e la mia testa – ha detto al magazine spagnolo Libero – . So che c’è un inizio e una fine. Ma ci sono giocatori come Messi, Ronaldo, me con il diritto di decidere. Sarei stato buono anche per la Roma di oggi. Ma non perché sono Totti, ma per l’ambiente, i giocatori, l’esperienza, il marketing. E non avrei dovuto nemmeno giocare ogni partita, ma una sì e tre no. Venti minuti in una gara, la coppa». Poi, appunto, il passaggio su Monchi e sul suo vissuto a Trigoria. «Con Ramon è stato un rapporto con alti e bassi. Non mi sono mai sentito importante nel progetto. Lui è una persona leale, sincera, molto profession­ale. Non è stato facile il suo arrivo. È passato da Siviglia, dove è rimasto per 30 anni, a Roma, dove tutti si aspettavan­o il massimo. È arrivato in un momento singolare della gestione americana, penso sia stato mal consigliat­o. Non si è circondato delle persone che volevano davvero lasciargli fare il suo lavoro. Ha avuto fiducia in altri che pensavano di più a se stessi». Poi Francesco ha parlato anche di Luis Enrique: «Non ha fatto bene, ma non aveva una squadra per vincere. Ci eravamo sfidati in passato come giocatori e mi aveva già lasciato il segno: 5 punti di sutura sulla gamba». Già, Lucho che tra l’altro abitava all’Olgiata, proprio in un feudo biancocele­ste dall’altra parte di Trigoria. «Ma la Lazio non esiste...».

Ancora oggi potrei essere utile alla squadra per 20 minuti. E per tutto il resto...

Sull’addio al calcio

Non parlo male della Lazio, anzi. È che per me Roma è la Roma. Impossibil­e fare dei paragoni

Sulla rivalità cittadina

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AP Leggenda Francesco Totti, 43

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