La Gazzetta dello Sport

Il ricordo di Lewis: «Quante risate a casa sua a Ibiza»

- Di Luigi Perna

Non sopportava gli orecchini di diamanti, i tatuaggi e gli indumenti da rapper che Lewis Hamilton sfoggiava di tanto in tanto. Ma Niki Lauda amava quel ragazzo. Lo considerav­a il pilota più veloce al mondo, quello con più talento, in una parola il migliore. Erano lontanissi­mi come età, origini e trascorsi, in fondo anche come indole. Ma c’era un rispetto reciproco, profondo, fra il sei volte iridato della Mercedes e l’ex ferrarista, vincitore a sua volta di tre Mondiali e scampato nel 1976 al rogo del Nürburgrin­g. Il ricordo è ancora vivo per Hamilton, a un anno dalla morte di Lauda. «Il più grosso riconoscim­ento che potessi ricevere da Niki era quando si toglieva il cappellino davanti a me dopo una gara — afferma Lewis pensando a una scena vista molte volte —. Era il suo modo per dire: “Bel lavoro”. Non gli venivano facili i compliment­i, per cui quel gesto significav­a tanto».

Quella telefonata...

Fu Lauda a portare Hamilton alla Mercedes, convincend­olo a separarsi dalla McLaren del mentore Ron Dennis e a prendere il posto di Michael Schumacher quando il team d’argento non era la corazzata vincitutto di oggi. «Uno dei ricordi più nitidi è legato alla prima conversazi­one che abbiamo avuto. Abbiamo cominciato a parlare durante il 2012 dell’ipotesi di passare alla Mercedes e un giorno, a casa, ho ricevuto la telefonata di Niki che mi chiedeva di unirmi al team. Fu molto bello ricevere la chiamata di un’icona come lui — racconta Hamilton —. Poi, di lì a poco, Ross Brawn in persona venne a casa di mia madre, sedendosi a parlare in cucina, una scena surreale per chi era cresciuto guardando la Formula 1 come me».

L’ultimo incontro

L’altra scena è legata al GP di Singapore di quell’anno. «Niki venne nella mia stanza — continua Hamilton — e facemmo una bella chiacchier­ata. Credo che allora, per la prima volta, pensò: “Mio dio, è proprio come me, sotto molti aspetti. Abbiamo in comune molto più di quello che credessi”. Andò oltre le apparenze. Da allora abbiamo avuto uno splendido rapporto. Abbiamo viaggiato spesso insieme e sono andato a trascorrer­e del tempo da lui a Ibiza. Era divertente, simpatico, ottimista e sempre ricco di aneddoti da raccontare. Ridevamo tanto». Lewis non era ancora nato quando Lauda correva, l’ha conosciuto solo da “padrino” sportivo alla Mercedes. «Ho visto il film Rush e mi hanno colpito gli episodi di cameratism­o con Hunt. Di certo, Niki era un pilota nato. Pensava sempre a come migliorare. Mi chiedeva spesso: “Lewis, che cosa ti serve per andare più forte?”. È stata la lezione più grande che mi abbia insegnato. Gli ho fatto visita in Svizzera, poco prima che morisse, e stava ancora pensando alle corse e a come tornare sui circuiti. Non se n’è mai staccato. Mi manca, lo porterò nel cuore per sempre».

Wolff lo piange

Qual è l’eredità di Lauda? Toto Wolff, il capo della Mercedes, la sintetizza con un concetto, pensando a quello che è stato il suo “Blues Brother” per tanti anni. «Mai mollare. Niki non si lamentava mai. Nella vita aveva affrontato molte avversità e imparato a rialzarsi sempre — spiega Wolff —. Mi ha ispirato con la sua personalit­à, il suo approccio resiliente alle cose e il modo di reinventar­si. Pilota, fondatore di una compagnia aerea, poi di nuovo pilota, poi ancora nell’aviazione e infine presidente non esecutivo della Mercedes. Che carriera. Perdendo lui, ho perso il mio sparring partner, il mio compagno di viaggio, ma soprattutt­o un consiglier­e e un amico su cui contare nei momenti ostili. Ecco perché manca moltissimo a me e a tutti noi».

Pilota nato. Mi chiedeva sempre: “Che ti serve per andare più forte?”

Sono andato da lui prima che morisse, pensava ancora alle corse Lewis Hamilton Sei volte campione del mondo

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GETTY Che trio Toto Wolff, 48 anni, insieme a Lauda; sotto Lewis Hamilton, 35, mostra il casco dedicato a Niki con cui ha vinto il GP di Monaco 2019
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