La Gazzetta dello Sport

Il mio Niki MONTEZEMOL­O «AMICO LEALE MI VOLEVA A CAPO DELLA F.1»

L’ex presidente Ferrari: «Si infuriò quando seppe che Marchionne si era opposto alla nomina. Il suo sostegno fondamenta­le per Hamilton»

- di Andrea Cremonesi

Una amicizia solida, durata 45 anni da quando a pochi mesi di distanza uno dall’altro entrarono a Maranello: 25 anni l’uno, 23 l’altro. Quasi coetanei, Luca Cordero di Montezemol­o e Niki Lauda hanno attraversa­to insieme mezzo secolo di corse. «Lo conobbi sul finire del 1973 e l’ho sentito sino a 10 giorni prima che morisse, quando ormai parlava con un filo di voce», ricorda con commozione l’ex presidente della Ferrari. Ovviamente presente quando l’intera F.1 si riunì nel Duomo di Santo Stefano a Vienna per l’addio. «E ci sono rimasto molto male nell’osservare che mancava il vertice della Ferrari (comunque rappresent­ata dal team principal Mattia Binotto; n.d.r.)».

Le due vite

Era il 20 maggio quando, alle due di notte, arrivò la notizia che Lauda aveva perso l’ultima battaglia. Il pilota che era vissuto due volte, “resuscitat­o” dopo il rogo del Nürburgrin­g dell’1 agosto 1976, si era arreso pochi mesi dopo aver compiuto 70 anni (Era nato il 22 febbraio 1949). Spentosi dopo mesi di riprese e ricadute, da quando, nell’agosto 2018 era stato necessario impiantarg­li un nuovo polmone.

3President­e Montezemol­o, in tanti anni di amicizia c’è un episodio particolar­e che ricorda volentieri di Lauda?

«Non dimentiche­rò mai la sua telefonata quando lasciai la Ferrari. Ma anche quella che mi fece quando seppe da Bernie Ecclestone che Sergio Marchionne si era messo di traverso alla mia nomina di responsabi­le della Cvc (il fondo allora proprietar­io della F.1; n.d.r.): sarei dovuto diventare una sorta di amministra­tore delegato con Ecclestone nel ruolo di presidente onorario. Niki era furibondo: “Lui idiota! Lui non capire! Un italiano lì con la tua credibilit­à... Lui geloso!”. Meraviglio­so. E, si badi bene, Lauda rappresent­ava la Mercedes, dunque avrebbe potuto essere contrario al fatto che si potesse mettere a capo della F.1 la persona che sino a 10 giorni prima era stato presidente della Ferrari».

A proposito, accostano il suo nome a quello della Fia: erede di Todt.

«Figuriamoc­i, ci manca solo quello».

3Torniamo a Lauda: se dovesse definirlo con poche parole?

«Una persona leale, determinat­a e che aveva il senso dell’amicizia. Anche se a volte con le sue uscite mi faceva incazzare...».

3Come è nata la vostra amicizia?

«Allora non era come oggi che i piloti si vedono al giovedì dei GP e poco in fabbrica. Stavamo un sacco di tempo a girare a Fiorano, dormivamo nello stesso hotel a Modena e dunque cenavamo spesso insieme. Tra le foto che conservo sulla mia scrivania c’è quella della sua prima vittoria, a Jarama al GP di Spagna ’74, che fu anche la mia prima come d.s. della Ferrari. Sono ripreso mentre mi tuffo in pista! (Allora si poteva). E non abbiamo smesso di sentirci e frequentar­ci anche quando siamo diventati avversari, nel momento in cui ha diretto la Jaguar in F.1 (20012002; n.d.r.) e poi dirigente di primo piano della Mercedes. Gli sono stato sempre vicino, anche nei momenti difficili. Andai a trovarlo all’ospedale di Mannheim dopo l’incidente del Nürburgrin­g ed ero al suo fianco quando 42 giorni dopo si presentò a correre a Monza. Quando decise di tornare a gareggiare (nel 1982; n.d.r.) fui il primo a saperlo, venne da me a parlarmene».

3Non manifestò mai la voglia di tornare al volante della rossa?

«No, era assorbito dal progetto McLaren, non si parlò di Ferrari. Ma quando io tornai da presidente a Maranello, lo volli come consulente».

3Nel 1985 a Imola, in occasione di una serie di collaudi, Lauda e Ferrari si riconcilia­rono. Che opinione aveva il Commendato­re di Niki?

«Ottima. Ferrari avrebbe voluto ingaggiare per il 1974 Jean Pierre Jarier, fu Clay Regazzoni, oltre al sottoscrit­to, a convincerl­o a scegliere Lauda. Ma tra i due nacque un bellissimo rapporto, lo testimonia­no le foto scattate a Fiorano... Ogni volta che Niki partiva per un GP, il Commendato­re gli faceva segno “9” con le dita, che erano i punti che allora si attribuiva­no al vincitore».

Poi però Lauda e Ferrari ruppero e si arrivò al divorzio del 1977, non privo di polemiche.

«Logicament­e Enzo Ferrari, dopo l’incidente del 1976, pensò di sostituire Lauda. La stagione continuava e non si sapeva nemmeno se Lauda fosse stato in grado di correre ancora. Anzi in quel momento si pensava che non sarebbe più tornato e lui non la prese bene».

Lasciò solo per questo la Ferrari?

«Ci furono molti elementi che portarono al divorzio, senz’altro il fatto che io fossi andato a

Da pilota è stato il primo a curare i dettagli, apripista per Schumacher

Il Commendato­re gli faceva segno 9 con le dita: i punti per le vittorie

Luca di Montezemol­o 73 anni, n.1 Ferrari dal 1991 al 2014

Torino a dirigere le relazioni esterne della Fiat: senza di me, si era sentito un po’ solo. Poi appunto il fatto che avessero cercato un altro pilota, che a Monza ad esempio Ferrari avesse schierato una terza macchina per Carlos Reutemann. E poi c’era sul tavolo una super offerta da parte di Calisto Tanzi (il signor Parmalat; n.d.r.) ma credo che non sia stata questa la ragione principale. La realtà è che si era chiuso con il titolo conquistat­o nel ’77 un ciclo e dunque era cresciuta in lui la volontà di fare qualcosa di diverso. Un po’ come Hamilton quando ha lasciato la McLaren per la Mercedes».

proposito, quanto ha contribuit­o Lauda ai successi della Mercedes con l’ibrido?

«Molto perché con la sua credibilit­à e lungimiran­za ha convinto Hamilton a una nuova avventura della sua carriera, che era il momento giusto per cambiare team e lo ha aiutato nell’inseriment­o. Lewis è come Schumacher: due campioni che a livello di assistenza psicologic­a hanno più bisogno di quanto all’esterno si percepisca. Inoltre Toto Wolff, in quel momento, non aveva l’esperienza di Niki in F.1 quindi è risultato utile quando c’era da prendere posizioni ed esprimere delle idee. Lauda era in grado di dire quello che voleva, godendo della massima credibilit­à nei confronti della stampa. Non ha mai raccontato delle balle ma detto sempre quello che pensava anche in maniera talvolta troppo cruda. Lui è stato complement­are a una persona in gamba, intelligen­te e preparata come Wolff. Il che dimostra quanto sia importante una leadership forte nei team come ai tempi della Ferrari quando con me c’erano Jean Todt e Ross Brawn».

3Lauda dirigente di successo dopo aver vinto tre titoli iridati.

«Da pilota sapeva unire una grande intelligen­za nella gestione della corsa a una altrettant­a attenzione quando si trovava in fabbrica: è stato il primo pilota ad avere una cura maniacale dei dettagli che poi si è trasmessa nelle generazion­i successive e che ho rivisto ad esempio in Schumacher. Avrebbe potuto vincere il Mondiale con la Ferrari già all’esordio nel 1974 se non avesse compiuto qualche errore, poi lo ha conquistat­o nel 1975, nel 1976 lo ha perso per mezzo punto – dando una grande dimostrazi­one di carattere quando a Mauro Forghieri, che avrebbe voluto giustifica­re il suo ritiro al Fuji con un guasto meccanico, replicò “no, mi sono ritirato perché le condizioni lì fuori sono impossibil­i” – e lo ha rivinto nel 1977. Poi è tornato a correre qualche anno dopo e ha conquistat­o un terzo titolo pure con la McLaren. Parliamo insomma di un pilota eccezional­e».

3Lauda che cosa avrebbe detto delle mosse della Ferrari di oggi, del divorzio di Vettel e dell’ingaggio di Sainz?

«Non lo so...».

Montezemol­o?

«La saluto».

Niki ha convinto Lewis a cambiare squadra e poi ad ambientars­i

La sua esperienza utile a Wolff: aveva il carisma per dire di tutto Luca di Montezemol­o Sul Lauda alla Mercedes

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Dall’alto: Lauda a Monza nel 1975, anno del primo titolo con la Ferrari; Niki e Montezemol­o nel 2013. Nel riquadro i due insieme a Enzo Ferrari nel 1974
LAPRESSE/EPA/RCS Icone Dall’alto: Lauda a Monza nel 1975, anno del primo titolo con la Ferrari; Niki e Montezemol­o nel 2013. Nel riquadro i due insieme a Enzo Ferrari nel 1974

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