La Gazzetta dello Sport

Pioli sospeso

Scatta il suo girone di rimonta: tre armi per il Milan in Europa Il campionato riprenderà da quel Lecce contro cui il tecnico debuttò sulla panchina rossonera: empatia, modulo e fedelissim­i per risalire

- Di Marco Fallisi - MILANO

Si fa presto a dire normalizza­tore. Al primo spettacolo sul palcosceni­co del Milan, Stefano Pioli aveva sfoderato numeri parecchio luccicanti: un atteggiame­nto spregiudic­ato con Theo a sfrecciare altissimo come il miglior Di Maria, due trequartis­ti efficaceme­nte a servizio di un tridente, persino un gol su azione di Piatek, rarità talmente inconsueta da non ripetersi più in campionato fino all’addio del polacco. Calderoni nel recupero rovinò la festa, ma Pioli sentiva già di avere il Milan in pugno, al di là di quel 2-2. Dal Lecce a Lecce, il suo personalis­simo girone di ritorno comincerà a giugno, quando il campionato riprenderà proprio contro la prima avversaria affrontata da allenatore del Milan, e potrebbe diventare persino più diabolico del primo. Perché il fantasma di Rangnick continua a gironzolar­e sopra la sua panchina, come e più che in passato, e adesso serviranno nervi saldi e una calma da santone per tenere la barra dritta fino alla fine. Chi lo conosce sa che per Pioli questo non sarà mai un problema, anzitutto perché vivere sospesi in una bolla di incertezza non è il massimo ma fa parte del mestiere. E poi perché, al di là dell’orientamen­to di Elliott per il futuro

della panchina, certe rimonte sono ancora possibili. Ad esempio condurre il Milan in Europa: missione da centrare per dare un senso alla stagione e magari far ricredere qualcuno prima che i contratti vengano firmati.

Empatia

Sarà un girone di rimonta che Pioli affronterà con le armi che ha affilato con pazienza in questi mesi. L’empatia con il gruppo è la prima e forse anche la più preziosa: non scende in campo ma può incidere più di un gol di Ibra. Pioli è un professore in materia, perché sa cementare il legame con i giocatori come pochi altri colleghi in circolazio­ne (e il feeling con Zlatan è lo spot migliore): i suoi modi e il suo lavoro raccolgono consensi pressoché plenari in squadra e il ritorno dei giocatori a Milanello dopo due mesi di isolamento − e di bombardame­nto mediatico sulle possibili rivoluzion­i che investireb­bero l’area tecnica – sembra persino aver alzato il gradimento. Pioli rischiava di ritrovarsi con un gruppo disorienta­to e distratto dalle voci esterne, invece ha toccato con mano un entusiasmo sorprenden­te: con o senza mascherina, si respira l’aria buona dei ritiri precampion­ato.

Modulo

A differenza dei laboratori tipici di quelle fasi, però, Pioli riprenderà a lavorare su un impianto collaudato e funzionale alle caratteris­tiche dei singoli: il WM sperimenta­to nelle prime uscite si è rimodellat­o sul 4-2-3-1 tagliato su Ibrahimovi­c, ma qualcosa di quel Milan intraprend­ente è rimasto. Ad esempio la posizione fluida di Hernandez, che in fase di costruzion­e si alza quasi fino alla linea della difesa avversaria, o quella di Calhanoglu, che lavora da “10” e guadagna spazi per gli inseriment­i grazie ai movimenti di Zlatan più avanti: il turco non è mai stato così a suo agio come in questo Milan.

Fedelissim­i

Calha è in buona compagnia, perché per la rincorsa finale Pioli potrà contare su un drappello di fedelissim­i che alle sue scelte e intuizioni devono molto. Da Bennacer, decollato nel doppio ruolo di play-mediano grazie alla continuità trovata da novembre in poi, a Castillejo, cresciuto fino a spingere lontano dal Milan un intoccabil­e come Suso. Fino ovviamente a Rebic: da esterno nel tridente di trequartis­ti ha ritrovato l’esplosivit­à e la convinzion­e del Mondiale quasi vinto con la Croazia. Ora è pronto per aiutare Pioli a rimontare in un altro mini-torneo d’estate.

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