La Gazzetta dello Sport

Dicevano: «È un vecchietto» Ma il sogno di Gimondi prese forma a Lago Laceno

A quasi 34 anni, l’immenso Felice tornò a vestire la Rosa: viatico per il tris. «Se fai il mestiere prima o poi sei ripagato»

- Di Andrea Schianchi

Il bello sta nelle parole, pronunciat­e quasi con imbarazzo, dopo che il destino, senza che lui lo avesse sollecitat­o più di tanto, gli consegnò la maglia rosa in un dolce pomeriggio di primavera. «La vita è tutto un dare e un avere. Se fai il mestiere onestament­e, prima o poi vieni ripagato. Questa volta ho dato meno di altre volte, eppure ho avuto tanto di più». Questo disse Felice Gimondi a Lago Laceno al termine della tappa che gli restituì, a quasi trentaquat­tro anni, il simbolo del comando. Erano cinque anni che non indossava quella maglia. Non si aspettava un simile risultato, non pensava di poter ancora essere

lassù, sulla vetta, perché i giovani premevano, e le sue gambe non erano più potenti come un tempo. C’era chi ironizzava, al via del Giro, a Catania, e qualcuno osò definirlo «vecchietto». L’incognita, una enorme «x» come nelle espression­i algebriche, era l’unica risposta che lui si poteva concedere: non era in grado di fare né previsioni, né promesse. L’unica cosa che poteva garantire, a chi ancora vedeva il campione in quel volto tenace e in quel ghigno battaglier­o, era l’impegno: quello, da buon figlio della terra bergamasca, non sarebbe mai mancato.

Pensieri

Durante la tappa nemmeno una volta Gimondi pensò alla maglia rosa. Il gruppo attaccò il leader Moser, vedendolo in difficoltà, e lui si accodò, ma lo fece più per inerzia che per convinzion­e. Il regalo arrivò dopo, quando i cronometri­sti contarono i distacchi. E allora lui, come un bambino alla sua prima interrogaz­ione davanti alla maestra, disse: «L’età è quella che è. Non posso promettere nulla per il futuro». Dentro di sé, però, il sogno cominciava a prendere forma e lui ne intuì la bellezza e cercò di raccoglier­e le energie per trasformar­lo in verità. Ci riuscì, dopo aver trionfato a braccia alzate sul traguardo della sua Bergamo, al termine di una tappa memorabile, e nella cronometro del giorno successivo che doveva decretare il vincitore. E’ proprio vero: la vita è bella perché sa sempre come sorprender­ti e, a volte, ti dà anche ciò che non ti aspetti.

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AP Leggende Felice Gimondi e Eddy Merckx in azione al Giro 1976

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