La Gazzetta dello Sport

Battere la paura

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Il diamante di Codogno è sempre luminoso: brilla di verde e speranza. Era il 21 febbraio quando il coronaviru­s bussava in questo Comune di 15 mila abitanti, adagiato tra la via Emilia e il Po. Porta sfondata senza nessun riguardo, così il Covid si è preso l’Italia. Sono passati più di tre mesi: ovunque si prova a ripartire, tendendo la mano al futuro, aggrappand­osi a una normalità da raggiunger­e passo dopo passo. A Codogno la ferita è presente in ogni angolo: impossibil­e dimenticar­e la zona rossa, i morti (quasi 200), i reduci di una guerra che non ha fatto macerie visibili, ma ha ugualmente raso al suolo l’intera comunità. In strada la gente sta ben distanziat­a. Le regole da rispettare le conoscono meglio del dialetto. Certo, i bar e i ristoranti hanno riaperto (non tutti), le persone fanno quello che gli riesce meglio: lavorare. E giocare a baseball. Già, perché da 57 anni a questa parte sull’erba di Codogno non rotola un pallone, ma volano palline colpite da una mazza. Tradizione passata di generazion­e in generazion­e, con il fiore all’occhiello di uno scudetto vinto nel 1976. Da qualche giorno c’è fermento intorno allo stadio: la squadra che ora milita in Serie B è tornata ad allenarsi, ripartenza ricca di significat­o. Non solo, la federazion­e italiana spera che la prima partita della nuova stagione si disputi proprio a Codogno, derby contro il Piacenza, altra città segnata dal virus. Una settimana fa, ad attendere i Giaguari, c’erano un centinaio di giornalist­i. Era il simbolo di un’Italia in movimento, una bella storia da raccontare. Adesso che le luci si sono spente, restano i giocatori con le loro emozioni e la paura stampata negli occhi. Una paura che non va via con una battuta e una corsa nel prato del diamante.

Controlli e propositi

La voglia di spensierat­e serate estive passate a inseguire una prima base la tocchi con mano tra i dirigenti e i volontari del club. Si prodigano per far rispettare il protocollo, misurano la febbre, fanno compilare l’autocertif­icazione, ti accompagna­no (restando a 2 metri) dove la prima squadra si sta allenando, divisa in due gruppi. Spiega Michele Nani, allenatore dell’Under 18. «In questi mesi di lockdown siamo sempre rimasti in contatto, era un modo per restare uniti. Abbiamo dato degli esercizi da fare a casa, un modo più che altro per distrarsi. Sono state settimane difficili, il baseball è uno sport fisico, ma la concentraz­ione mentale fa la differenza. Ecco perché quando la società ha deciso di ripartire, dopo il protocollo messo a punto dalla federazion­e e l’ok del governo, abbiamo sondato l’umore di tutti. Nessuno doveva sentirsi obbligato a venire al campo, tre di noi ancora non se la sentono. E li capiamo. Tra i giocatori c’è chi ha perso la nonna, altri hanno avuto familiari ammalati. Mattia, il paziente uno, è un mio amico fraterno. Insomma, ci alleniamo, ma sappiamo bene che non è una passeggiat­a. Il campionato? L’idea è quella. Vedremo, noi siamo qui». Più deciso, come impone il ruolo, è il capo manager Ettore Finetti. «Il baseball è uno sport in cui il contatto praticamen­te non esiste. Se non danno l’ok a noi, allora va chiuso tutto lo sport. So bene che i ragazzi hanno passato settimane complicate e infatti la ripresa degli allenament­i è stata soft. Nessuno arriverà al campionato in condizioni ottimali, ma giocare secondo me è prioritari­o. Un segnale positivo. Io sono di Parma, ho detto le stesse cose alle società emiliane. Poi ognuno valuta a secondo delle proprie idee (il Piacenza non si sta allenando, ndr). C’è la voglia di tornare a giocare. Non sarà semplice, lo so. Ma bisogna almeno tentare».

I tanti dubbi

Ogni squadra ha dei simboli. A Codogno spiccano il capitano Beppe Corio e Matteo Rasoira. Hanno tanto in comune: l’età (27 anni), il percorso nelle giovanili, la maglia della Nazionale tra gli juniores (due Mondiali e un Europeo disputati), i tanti dubbi e la paura che li accompagna come un’ombra. At

tacca Matteo. «Ho iniziato con il baseball a 4 anni, giocava mio papà. Non ho più smesso, mai pensato di “tradire” con il calcio. Mi diverto e mi sono tolto belle soddisfazi­oni: come il Mondiale in Canada». Tocca a Beppe: «Stessa cosa per me, avevo lo zio in squadra. Mi piaceva tutto: campo, rumori, ambiente. Il nostro è uno sport difficile da intuire, ma se lo giochi allora non lasci più». Ancora Matteo: «Il virus? Le due settimane di zona rossa sono state le più surreali della mia vita. Non posso spiegarle, non potete capire. È una cosa che ti resta dentro. Poi ho ripreso a lavorare, faccio l’elettricis­ta. Ma solo il vaccino ci farà dormire sonni tranquilli». Gli fa eco Beppe: «Vero, il suono delle sirene mi ronza ancora nelle orecchie, a volte lo sento anche se non c’è nessuna ambulanza in giro. Anche per me il lavoro, sono perito chimico, è stata un’ancora». E il campionato? Risposta di coppia: «Avevamo molti dubbi sugli allenament­i, poi la società ci ha spiegato il protocollo. Non c’è pericolo, siamo divisi e distanti. Ma su una eventuale partita le cose cambiano, la paura è tanta. Abbiamo visto cosa vuol dire ammalarsi e non ci sembra il caso di rischiare. Valuteremo, ma siamo onesti: il Covid non è un avversario come gli altri. Il segnale di speranza lo capiamo, la salute però viene prima di tutto. E il baseball può anche aspettare». E pure le favole.

Peccato per l’Under 18: in questa stagione avrebbero puntato al primo posto nazionale

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 ??  ?? ●Il presidente Sergio Mattarella, il 2 giugno, in occasione della festa della Repubblica italiana, andrà in visita proprio a Codogno. Il giorno prima si terrà un concerto nei giardini del Quirinale per ricordare le vittime del Covid-19
●Il presidente Sergio Mattarella, il 2 giugno, in occasione della festa della Repubblica italiana, andrà in visita proprio a Codogno. Il giorno prima si terrà un concerto nei giardini del Quirinale per ricordare le vittime del Covid-19
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Michele Nani

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