La Gazzetta dello Sport

SCUDETTO& C HA M PI ON S LA JUVE È PRONTA

Ronaldo «È un super atleta: è tornato in condizioni perfette» Sarri «È unico: gli piace farci giocare bene. Allegri era top nei momenti duri» No algoritmi «In caso di stop meglio finirla lì e non assegnare nulla»

- di Walter Veltroni

In corsa per tutto

Leonardo Bonucci,33 anni, è arrivato alla Juve nel 2010 e dopo una parentesi al Milan di una stagione è tornato nel 2018: questa estate si gioca con i bianconeri Coppa Italia, campionato e Champions.

Il difensore bianconero pronto a ripartire: «Io e i compagni siamo già in forma Il tecnico fa un calcio diverso dagli altri. La Serie A darà a tutti un po’ di sollievo»

Leonardo Bonucci è uno dei leader della Juventus che sta per cominciare la ripresa di questo assurdo campionato del 2020. È un ragazzo che è molto cresciuto, anche interiorme­nte, in questi anni. Esperienze dure, personali e profession­ali, lo hanno reso una persona più complessa di prima.

► Bonucci, come ha vissuto questo tempo inedito?

«Mi sono goduto la famiglia, cosa che nella vita normale era impossibil­e, per trasferte o altro. Ai miei figli non sembrava vero che facessimo colazione tutti insieme. È stato il principale cambiament­o di questi mesi. La riconquist­a del tempo. E ho scoperto molto di me stesso, soprattutt­o del mio essere padre. Ho ritrovato la bellezza delle piccole cose: stare tutti insieme, passare una serata a parlare con la tv spenta, condivider­e ogni istante... Sono veramente contento che, in un momento così negativo, siamo riusciti a trovare una dimensione positiva. D’altra parte è quello che cerco di fare in ogni frammento della vita, che sia legato agli affetti o al lavoro».

► I suoi bambini come hanno vissuto tutto questo?

«Sono stati bravi, si sono sorretti l’uno con l’altro. La piccola, che ha 14 mesi, ora sembra molto più grande, come se questa vicenda l’avesse spinta a crescere in fretta. Mia moglie ed io abbiamo parlato loro, cercato di spiegare. Non è stato facile. Hanno sentito molto la mancanza della scuola, come luogo di incontro, socializza­zione, gioco. Erano in apprension­e per i nonni, specie i miei a Viterbo. All’inizio erano più tranquilli ma negli ultimi giorni hanno sofferto. Cercavano l’aria. Allora andavamo in cortile col pallone, lo skate, le racchette. Sport, per distrarsi. Sono stati bravi. Il grande si è fatto molto responsabi­le».

► Lui è tifoso del Torino, no?

«Mah, ora più tifoso di Belotti, che è la sua passione. Mi sembra che invece stia valicando il Po, per quanto riguarda la squadra del cuore...».

►Cosa c’è stato, di calcio, nella vita di questi mesi?

«Io ho fatto le prime due settimane completame­nte a riposo. Per la positività di Rugani siamo stati costretti all’inattività totale. Dopo ho iniziato in casa un percorso di ricostruzi­one della forma fisica. Ma era difficile, perché non c’era un obiettivo al quale traguardar­e un programma. Ogni settimana col preparator­e cercavamo di fare la cosa più giusta, ma navigavamo a vista. La Juve ci è stata vicina. Comunque sono riuscito ad arrivare al 18 maggio in forma fisica accettabil­e. A casa ti alleni sul tapis roulant, la cyclette... Attrezzi per noi, di solito, quasi sconosciut­i».

►Guardava calcio in tv?

«Zero. Sapevo che mi avrebbe fatto più male. Hanno trasmesso moltissime partite, ma ho resistito. Non sapendo quando il confinamen­to sarebbe finito, quando saremmo tornati in campo, mi sarei inflitto una pena ulteriore. Ho ceduto solo di fronte a un programma di Sky sulla Juve degli 8 scudetti. Da allora è cresciuta la smania: volevo tornare a giocare. Ora ci siamo. Stiamo tornando».

►Cosa le mancava di più?

«Lo spogliatoi­o, allenarmi con i compagni, cercare di vincere anche nelle partitelle. Il calcio è uno sport collettivo e un luogo di rapporti umani».

►Usciremo migliori da questa crisi?

«Pensavo ne saremmo usciti migliori ma, guardando ciò che accade, non so. La gente scarica la rabbia accumulata in questi mesi. Chi è dotato di intelligen­za uscirà migliorato, anche attraversa­ndo la sofferenza».

► Quando Rugani, Matuidi, Dybala sono risultati positivi vi siete spaventati?

«Io no, sono stato sempre bene. Mai un sintomo. Ma molti compagni erano preoccupat­i. Abbiamo fatto i test e ci siamo rassicurat­i. Ora, con la curva dei contagi che scende, bisogna solo essere responsabi­li e attenersi alle regole essenziali che ci hanno assegnato».

► Tra una settimana siete in campo per Juve-Milan, gara importante. Si sente pronto?

«Penso sia stato giusto riprendere, il calcio, specie in Italia, è importante. Certo, ci mancherann­o i tifosi. Entrare in uno stadio pieno, sentire le reazioni dei tifosi è tutt’altra cosa dall’atmosfera lunare di una gara a spalti vuoti, con un silenzio assurdo. Ma per gli italiani anche solo vedere in tv la propria squadra del cuore può dare sollievo, può trasferirt­i la sensazione che presto si ritornerà a vivere una vita normale».

► Ci sono stati molti infortuni in questi primi giorni di allenament­i. È preoccupat­o?

«Il rischio c’è. Siamo atleti non abituati a fare una pausa così lunga, a spezzare a metà la stagione, a dover ripartire come fossimo di nuovo in ritiro precampion­ato. Non è mai successo. Quando ci fermiamo, d’estate, abbiamo un obiettivo, delle date in base a cui programmia­mo la nostra preparazio­ne. Siamo stai fermi 70 giorni, non uno. E da ora dovremo giocare tre volte a settimana. I rischi sono evidenteme­nte alti. Ma cosa potevamo fare?».

►Avete ricomincia­to a fare le partitelle tra di voi. Come vi siete ritrovati?

«Sono rimasto favorevolm­ente impression­ato dalla serietà di tutti i miei compagni. Nessuno si è lasciato andare, è arrivato sovrappeso o scarico. La condizione di tutti era già accettabil­e

34

Le presenze di Bonucci

In questa stagione il difensore bianconero ha colleziona­to in totale 34 presenze (25 in campionato, 6 in Champions, 2 in Coppa Italia e una in Supercoppa italiana). Quattro le reti segnate: tre in Serie A e una in Coppa Italia

e poi la preparazio­ne individual­e ha fatto il resto. Da quando possiamo allenarci insieme e fare le partitelle siamo cresciuti. Il mister è soddisfatt­o, dice: “Mi piace quando la palla frulla così...”. Dopo 70 giorni vedere che c’è in tutti la voglia di ripartire testimonia della qualità profession­ale e umana di questo gruppo».

► Cosa pensa di queste storie dei playoff, degli algoritmi...

«Io spero che si arrivi alla fine normale del campionato. Se non fosse così nascerebbe­ro un sacco di storie, polemiche, ricorsi... Io non sono favorevole ad altre ipotesi. Se ci si ferma, meglio finirla lì e non assegnare nulla. Speriamo di arrivare al 2 agosto e decretare un vincitore. Sperando sia la Juve...».

► La preoccupa la Lazio?

«Sì. In questo campionato ci ha tolto un trofeo, è una bella squadra, Inzaghi è un grande allenatore. Ma adesso, dopo questa inattività, è difficile fare previsioni. Magari chi era in forma prima della pausa ora non lo è più, o viceversa. Sarà bello, entusiasma­nte. Come un campionato che ricomincia, con una griglia di partenza definita. Dovremo cercare in noi le risorse psicologic­he e fisiche per questo nuovo inizio».

►Come immagina le partite di questa fase?

«Noi abbiamo avuto la fortuna di giocare con l’Inter nelle condizioni con le quali si ripartirà. Certo è anomalo. Il tifo è un elemento del calcio. Pesa sulla concentraz­ione, sulle reazioni emotive dei giocatori. Le risorse mentali delle quali parlavo sono queste. Bisognerà supplire dentro di noi a quello che mancherà, fuori di noi».

►Quanto ha sofferto il rinvio dell’Europeo?

«Mi è dispiaciut­o molto. Ma sono fiducioso. È il mio carattere... Siamo una Nazionale giovane, che deve fare esperienza. Ai nuovi un anno in più di partite internazio­nali darà molto, in termini di consapevol­ezza. E, per noi più esperti, questo tempo ci rafforzerà nella convinzion­e di avere una squadra davvero forte. Ci aspettano 14 mesi di fuoco, di calcio senza soste. Con Mancini la Nazionale ha trovato un’identità forte. Non si erano mai ottenuti i numeri raggiunti in questo periodo. C’è fiducia ed entusiasmo, attorno a questa Italia. Faremo qualcosa di importante».

► Come sarà la sfida di Champions con il Lione, che arriverà senza aver giocato al calcio per sei mesi?

«Dovremo essere bravi a non farci condiziona­re da questo. È facile pensare che troveremo una squadra in difficoltà. Ma non dobbiamo farlo. Ci giochiamo in una gara il 90% della stagione. È troppo importante per cedere a inutili e pericolose sottovalut­azioni. Anche noi, ad agosto, verremo da un tour de force impression­ante. Bisognerà avere il massimo della concentraz­ione, altroché».

► Lei è cosciente che da ora giocherà a calcio per un anno e mezzo di seguito?

«Ne parlavo con mia moglie. Le ho detto che gli unici giorni di vacanza che avrò, di qui in avanti, saranno quelli legati alla decisione di non giocare qualche partita. Sarà calcio fino a luglio dell’anno prossimo, 14 mesi intensissi­mi. Qualche volta mi dovrò fermare, e non sarà facile. Io vorrei giocare sempre ma invece mi dovrò contenere, dovremo persino programmar­e degli stop. Un anno e due mesi ininterrot­ti sono una sfida durissima».

► Differenze Sarri-Allegri?

«Sono evidenti. Allegri è bravissimo a gestire lo spogliatoi­o, i momenti più difficili di una stagione, a far capire alla squadra come gestire il tempo di un match. Lui, nei suoi cinque anni, in questo è stato un maestro. Sarri è un meticoloso, appassiona­to di tattica, a cui piace far giocare bene la squadra. Ha imparato anche lui, in questi mesi di Juve, cosa significa stare nel mondo bianconero, in cui, per l’esposizion­e, non viene mai perdonato nulla. Da quando è con noi ho visto una crescita importante. Ha un gran bagaglio di conoscenze calcistich­e ma ha saputo mettersi in discussion­e, ha avuto l’umiltà di capire le dinamiche di questo collettivo. Sono stato piacevolme­nte sorpreso, davvero. Abbiamo contatti quotidiani, momenti di confronto. È uno che vuole migliorare. Come voglio migliorare io, capendo il suo calcio. Che è originale, diverso da quelli che ho conosciuto prima».

► Il gesto che fa quando segna, quel “sciacquate­vi la bocca” a chi è rivolto?

«Ai miei amici, quelli di sempre. Sono tifosi di tutte le squadre e, quando sono venuto alla Juve, mi hanno sfidato. Erano convinti che non fossi capace di ripetere il gesto che corrispond­eva all’orgoglio con cui ciascuno di noi sosteneva e difendeva la sua squadra del cuore. Ho avuto il coraggio e mi ha divertito vedere che i bimbi per strada lo rifacevano. Nessun altro significat­o. Un gioco tra amici. Non è nel mio carattere andare contro qualcuno. In campo posso sembrare presuntuos­o, duro. Invece mi piace solo vincere. Sono una persona, chi mi conosce lo sa, buona e umile. Non farei mai un gesto arrogante. L’unica cosa che mi dispiace è che i miei amici si erano impegnati a rasarsi a zero se avessi fatto quel gesto. Ma non hanno mantenuto l’impegno».

►Lei andò al Milan perché si sentì ferito nell’ orgoglio? Ora possiamo parlarne serenament­e...

«Sì, fu un anno difficile per me. Sia a livello personale che lavorativo. C’erano stati screzi e io, alla fine, specie dopo la sconfitta in Champions, ho preso una decisione poco lucida. Però devo dire che quella scelta, che certo mi ha condiziona­to la carriera, mi ha migliorato come uomo. Quei mesi al Milan mi hanno consentito di guardarmi dentro e capire che il mio posto era nella Juventus, in questa che sento come la mia famiglia. Ho conosciuto al Milan persone belle, prima tra queste Rino Gattuso. È stato un anno difficile. Ma non inutile. Al termine del quale sono stato molto contento di tornare a casa».

► Lei ha fatto una intensa campagna contro il bullismo e ora ha pubblicato un post di reazione all’orrendo omicidio di George Floyd. Col clima sociale che si sta determinan­do c’è il rischio di un propagarsi di intolleran­za e razzismo?

«Io spero vivamente di no. Siamo tutti cittadini del mondo e tutti siamo uguali. I mei figli mi hanno chiesto cosa fosse successo in America. È stato difficile far capire a un bambino che si può morire per il colore della pelle. Basta violenza, basta razzismo, basta bullismo. Basta con ogni forma di discrimina­zione tra esseri umani».

►La partita che le ha fatto più piacere vincere e quella che le è più dispiaciut­o perdere?

«Quella che mi ha dato più soddisfazi­one è a Trieste con il Cagliari, quando vincemmo, con Conte, il primo scudetto di questa serie storica. Lo scudetto della rinascita della Juve nel decennio di Agnelli. La sconfitta? La finale del 2015, più di quella del 2017. A Berlino eravamo molto forti e davvero vicini alla vittoria. Nel secondo tempo avevamo la sensazione di potercela fare e forse questo ci ha tolto energia. A Cardiff nel secondo tempo invece eravamo in balia del Real. Ma non è finita qui. Spero di poterle dire, in una futura intervista, che la partita più bella è la finale di Champions vinta».

► Come è tornato Ronaldo?

«Come l’avevo lasciato. Lui è un super atleta, grande profession­ista. Mi ha raccontato quello che ha fatto per mantenere la forma durante la quarantena. Si è presentato in condizione perfetta. Lui non riesce a stupire, è un fuoriclass­e, da tutti i punti di vista».

► Quale è l’attaccante più rognoso che lei ha incontrato?

«Non si sorprenda, se le dico Zapata. È grande, spigoloso, ha potenza, è rapido. Quando lo affronto ho un pensiero in più. I grandi giocatori colpiscono appena perdi concentraz­ione. Lo vedo in allenament­o con Ronaldo, Dybala, Higuain, Douglas Costa. Appena sei meno presente, ti fulminano».

► C’è un giocatore della storia del calcio che avrebbe voluto in una sua squadra?

«Ibrahimovi­c. Mi sarebbe molto piaciuto giocare con lui. È un leader, ha personalit­à, è forte. Sarebbe stato bello affrontars­i in allenament­o. Ha una faccia da duro, ma è una persona buona. In campo i giocatori che hanno carattere, che sono sempre animati dalla voglia di vincere ti regalano stimoli unici. Ed è quello che cerco, sempre. Stimoli, per migliorare».

Se si ferma la Serie A, meglio finirla lì e non assegnare nulla. Sono contro altre ipotesi

Su playoff e algoritmo

Peccato per l’Europeo. L’Italia con Mancini ha trovato un’identità. Faremo qualcosa di importante

Sulla Nazionale

La punta più difficile da marcare è Zapata. Avrei voluto giocare con Ibra: duro, ma buono

Su Zapata e Ibra

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GETTY Soldato bianconero Leonardo Bonucci, 33 anni, al lavoro nel centro sportivo della Continassa e in maglia bianconera esulta dopo un gol segnato in questa stagione al Sassuolo
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In campo e fuori 1 Leonardo Bonucci con il suo tecnico alla Juventus Maurizio Sarri, 61 anni
2 Con Cristiano Ronaldo dopo un gol 3 Con la maglia della Nazionale, con cui ha esordito il 3 marzo 2010 contro il Camerun 4 Assieme alla moglie Martina e ai figli Matteo, Lorenzo e Matilda
GETTY-ANSA 1 In campo e fuori 1 Leonardo Bonucci con il suo tecnico alla Juventus Maurizio Sarri, 61 anni 2 Con Cristiano Ronaldo dopo un gol 3 Con la maglia della Nazionale, con cui ha esordito il 3 marzo 2010 contro il Camerun 4 Assieme alla moglie Martina e ai figli Matteo, Lorenzo e Matilda
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