Commisso: «Il virus ha colpito pure Iachini»
L’8 giugno 2019 firmò un triennale «Voglio più del 10° posto, qui si può»
Domani, un anno fa, Sinisa Mihajlovic mise la firma sul futuro e sul sogno di città e club: l’Europa. Aveva la giacca grigia a doppiopetto, a destra l’ad Fenucci e a sinistra il ds Bigon. E aveva deciso: Bologna fino al 2022. Per il saltone di qualità.
Il divano no
Poco prima di finire la stagione precedente - quella culminata con la salvezza miracolosa e il decimo posto - aveva detto: «Sono un allenatore ambizioso: uno degli obiettivi, se dovessi rimanere, è che ci vorrebbe una squadra in grado di lottare per l’Europa. Partire per arrivare decimi non avrebbe senso, starei a casa sul divano». Stessa mira di chi è il Bologna, da Saputo in poi. Era il 25 maggio 2019, vigilia di Bologna-Napoli (3-2), Sinisa andava ancora in conferenza stampa. Quattordici giorni dopo (8 giugno) firmava il contratto triennale e 51 giorni dopo (15 luglio) avrebbe cominciato (giocando d’anticipo) la battaglia contro la leucemia: che oggi fa meno paura, molta meno, vedendolo dirigere ogni allenamento, bandana in testa e grida che scuotono l’intensità.
La promessa
Fra il divano e la firma, però, era passata un’ondata giallorossa. In quell’8 giugno Sinisa afferma che «ho voluto fortemente Bologna perché la società ha un progetto ambizioso»; ma è chiaro che un allenatore così, dopo quel miracolo lì, venisse cercato. «Io e la Roma? Io sarei anche stato pronto, loro no» sottintendendo i tifosi giallorossi. Così, parte la terza saga (dopo quelle 2008-09 e 201819) del Sinisa alla bolognese. E parte come tutti sanno: il ricovero ma anche quella promessa ai giocatori. «Alla prima partita ci sarò, ve lo prometto».
Skype spento
Sinisa lotta e commuove, stanza filtrata, sedie volanti, il lavoro in smart-working (prima di tutti) e una stanza con due video tramite i quali guardare gli allenamenti dei suoi anche con 40° di febbre. Poi, arriva il 25 agosto. L’ultima volta che giocatori e Sinisa si erano visti di persona era stata il 10 luglio: la squadra viene fatta radunare nella sala per la riunione tecnica dell’hotel di Verona, il video con Skype è spento. «Sono qua io: ve l’avevo promesso, ma non mi abbracciate», sbuca lui. Verona-Bologna finisce 1-1 e nessuno (forse) guarda bene la partita. Tutti gli occhi su di lui, «sembravo un morto che cammina ma dovevo essere vicino ai miei giocatori». Fatto. E via di nuovo al Sant’Orsola di Bologna su macchina sanificata.
Saliremo ancora
Nasce in quei mesi il Bologna United. Che trova la consacrazione quando al ds Bigon viene un’idea di ritorno da BresciaBologna 3-4. «Andiamo a trovarlo in ospedale». Video e foto e notizia hanno fatto il giro del mondo, la squadra sotto la sua finestra, serenata rap. Sinisa, quest’anno, in panchina ci è andato 16 volte. Non male quella a Lecce dopo 3000 km in 3 giorni e con litigio con Medel sul campo. L’ultima, ad ora, all’Olimpico contro la Lazio, partita persa ma pre-festa sotto la Curva Nord. La prossima? Contro la Juve, il 22 giugno: nella sua prima post Inzaghi batté l’Inter a San Siro. Nel frattempo, oltre 300 giorni dopo quel primo ricovero in ospedale, Sinisa si è messo ad allenarsi e ad allenare come un tempo. Venerdì, ai laureandi del Master di Coverciano, ha spiegato come ha cambiato il suo Bologna. «Sono convinto che saliremo ancora». Tutti d’accordo, Saputo compreso: quella firma dell’8 giugno fu un autografo sul futuro. In Europa. E il nuovo Dall’Ara che nascerà è un bell’invito.