Classe, fisico e gioia Tutto il possente e felice Omam Biyik in tre immagini
nato il 21-5-1966 a Sackbayémé in Camerun.
A 18 anni è al Pouma, poi nell’86 al Canon Yaoundé, quindi in Francia al Laval, a Rennes nel 1990, Cannes Marsiglia, Lens, in Messico nel 1994 all’America e poi all’Atletico Yucatan; nel 1997-98 alla Sampdoria (6 gare), quindi Atlante, Puebla e Châteauroux dove chiude nel 2000. Nazionale: nel 1986–1998, 73 gare e 26 gol. Ha disputato 3 Mondiali
Dove osano le aquile. Lassù, nel cielo di San Siro, François Omam Biyik s’arrampica sulle nuvole, vi resta appeso per quella che deve sembrare un’eternità a Sensini, sorpreso da quello stacco prepotente ma elegante al tempo stesso, colpisce la sfera con la fronte indirizzandola verso il basso. Pumpido, forse fulminato da un gesto di cotanta bellezza, tenta goffamente di bloccare il pallone che gli sfugge e rotola in rete. Camerun 1, Argentina 0. Trent’anni dopo l’autore del gol che sancì la più grande sorpresa nella gara inaugurale di un Mondiale ricorda quel momento come fosse ieri: «Come faccio a scordarmelo? – racconta da Yaoundé – Diede una gioia enorme a tutto il popolo camerunese, all’intero continente africano ma anche a tutti gli italiani che quel giorno ci sostennero in modo fantastico. E poi perché battemmo la squadra del giocatore più forte al mondo, Diego Maradona».
San Siro africano
Italia 90 partì col botto grazie a Omam Biyik e ai Leoni Indomabili. La Scala del calcio era addobbata a festa quell’8 giugno. E a buona parte degli oltre 70 mila spettatori del Meazza ribolliva il sangue. La nazionale di Bilardo non aveva colpe, se non quella di schierare il Pibe de Oro, che poco più di 2 mesi prima aveva sottratto il tricolore al Milan tra le polemiche, dalla monetina di Alemao che valse il successo a tavolino in casa dell’Atalanta, al discusso arbitraggio di Lo Bello jr nella Fatal Verona parte seconda, alla penultima giornata. Potete immaginare quale clima si respirasse sugli spalti di S. Siro. Le note dell’inno argentino sfumarono dopo nemmeno un secondo, zittite da un uragano di fischi, che imbarazzò i diplomatici presenti ma mandò in sollucchero i tifosi rossoneri.
Balzo da felino
«Arrivammo a quella partita consci di essere una buona squadra – ricorda Omam Biyik -, nonostante i problemi che accompagnarono l’avvicinamento al Mondiale. Sapevamo di poter essere in grado di mettere in difficoltà l’Argentina. Ma anche che sarebbe stato molto difficile batterla. Per centrare l’obiettivo avremmo dovuto disputare una prova pressoché perfetta, ognuno di noi sapeva di doversi sacrificare per il bene comune, mettendo da parte gli individualismi. Quando l’arbitro Vautrot espulse Kana Biyik al ’61 tememmo si potesse mettere male». Passano solo 5 minuti invece e il fulmine colpisce. Una scossa tremenda, un balzo felino, da Leone Indomabile, appunto. Lorenzo stende Makanaky sulla fascia sinistra. La punizione spiove in area dove è lo stesso Makanany a deviarla anticipando Lorenzo. La palla s’impenna e Omam Biyik non attende che scenda ma sale lassù per colpirla con la fronte. «Sapevo che era l’unico modo per anticipare Sensini. La vidi arrivare e saltai». San Siro impazzisce. Le bandiere giallo, rosse e verdi con la stella d’oro in mezzo sventolano all’impazzata. «Sensazione unica, irripetibile, eravamo stati ripagati del duro lavoro e di tutti i sacrifici fatti» racconta l’ex del Canon Yaoundé, che 3 anni prima era diventato pro in Francia con il Laval e dopo il Mondiale sarebbe passato al Rennes.
Il sogno svanito
A 2 minuti dalla fine arrivò anche un altro rosso, a Massing, ma neppure in 9 i Leoni si arresero. Finì così, con i campioni di Messico ’86 battuti da una nazionale che nella fase di preparazione era stata sconfitta da una rappresentante dilettantistica jugoslava ma che aveva talento da vendere. E in quel Mondiale non c’era una squadra dominante. «Man mano che il torneo proseguiva ci eravamo fatti una mezza idea che potessimo avere una chance di arrivare in fondo – ricorda Omam Biyick, in Serie A con scarsa fortuna nel ’97 con la Sampdoria, solo 6 match –. Vincemmo il girone grazie al 2-1 sulla Romania e nonostante lo 0-4 con l’Urss. Negli ottavi battemmo la Colombia per trovarci quindi ai quarti al San Paolo di Napoli contro l’Inghilterra. Se ripenso che eravamo a sette minuti dalla semifinale… Poi arrivò quel rigore di Gary Lineker. Non gestimmo bene il vantaggio (conquistato con le reti di Kundé su penalty al 61’ ed Ekéké al 65’ dopo il vantaggio di Platt al 25’, ndr), noi giocatori e anche lo staff tecnico. Giocavamo come nella nebbia. A quel punto subentrò un po’ di rassegnazione. Eravamo così vicini e giocare il supplementare fu una mazzata. Resta un grandissimo rimpianto per quello che avreb
Il salto in alto e il colpo di testa decisivo di François Omam Biyik, Camerun, allora 24 anni, contro l’Argentina di Maradona e Sensini