La Gazzetta dello Sport

Conte scuote l’Inter Eriksen in soccorso di Lukaku e Lautaro

L’ex Tottenham ora è nel cuore del gioco: squadra meno verticale, ma con più soluzioni. Il prossimo step? Un dialogo maggiore con i due attaccanti di Conte

- Di Angioni, D’Angelo, Stoppini

Chris ci ha messo un po’, ma ora che si è piazzato in mezzo non si torna mica indietro. Nuovi equilibri, l’Inter ri riassesta e lo fa intorno a Eriksen. Gli è bastata una partita per aggiungere una linea di passaggio a una squadra forse meno verticale, ma con una dose di inventiva certamente maggiore. La formazione di Antonio Conte è meno prevedibil­e, ha aggiunto una freccia al suo arco. E ora che l’innesto è andato a buon fine, è bene pensare subito al prossimo step. L’Inter è passata da una coppia di attaccanti, che ha dominato per due terzi di stagione, a una specie di tridente anomalo, un triangolo rovesciato con il danese trequartis­ta che sarà la linea guida del finale di stagione. Il passaggio successivo, allora, è migliorare l’intesa tra Eriksen e chi delle giocate del danese deve usufruire, ovvero Lukaku e Lautaro (o Sanchez...).

Nel cuore

La crescita di Eriksen è certificat­a dai dati. In un colpo il danese ha aggiunto il gioco a uno, massimo due tocchi. E, soprattutt­o, ha portato l’Inter ad esser di nuovo pericoloso sui piazzati: l’angolo del gol, altri corner pericolosi calciati sul primo, una punizione respinta da Ospina. Era una lacuna storica dei nerazzurri, che Eriksen si ripromette di colmare. C’è di più. Mettendo a confronto le statistich­e della gara di Udine di febbraio, la sua prima da titolare, e quella di sabato scorso, si capisce come il centrocamp­ista arrivi adesso con molta più facilità al tiro (cinque tiri, tutti nello specchio, precisione al top) e come sia più nel vivo del gioco: non è il numero di passaggi a far rumore, quanto quello dei lanci, segno di un calciatore al quale l’Inter ha deciso di affidare una chiave importante delle idee di Conte. Eriksen, pur avendo giocato 30 minuti in meno a Udine, quel giorno recuperò più palloni: segnale di una squadra che ha tenuto di più il comando del gioco al San Paolo, certo, ma anche di compiti difensivi meno pressanti per il danese, che nella fase di non possesso al San paolo doveva occuparsi di guardare a vista Demme.

Triangolo

La centralità di Eriksen ha sbloccato l’Inter, che ora ha aggiunto una soluzione tattica allo storico 3-5-2. Ma c’è un altro dato che salta all’occhio, della gara del San Paolo. Eriksen sabato ha maneggiato 62 palloni. Ma né Lukaku né Lautaro sono tra i cinque giocatori che hanno ricevuto di più i suoi passaggi. E lo stesso si può dire del percorso inverso. Traduzione: il triangolo rovesciato dialoga ancora poco. Gli attaccanti vengono cercati principalm­ente dagli esterni: d’ora in poi si può passare anche in mezzo, si dovrà passare in mezzo. È la risorsa a cui l’Inter vuole affidarsi, anche per aiutare Lukaku e Lautaro a ritrovare con maggiore facilità il gol.

Trascina lui

Lavoro in corso, dunque. Ma Eriksen a Napoli ha dimostrato anche vale la pena insistere. Lo stop causa pandemia lo ha aiutato. E Conte è rimasto colpito positivame­nte, oltre che dalle giocate - su questo era impossibil­e dubitare - anche dall’atteggiame­nto propositiv­o che ha avuto il danese. Eriksen ha guidato l’Inter. Sarebbe arrivato quasi in solitaria alla finale, se Ospina non gli avesse negato la doppietta. Lo scorso inverno, per mille motivi, erano invece i compagni a trascinare Eriksen: non era lui a tirare il gruppo, Chris era in fondo e faticava a risalire. Ora i ruoli sono invertiti. Potenza di una partita. Eppure Chris l’aveva detto, nell’intervista alla Gazzetta di fine gennaio: «Dove vorrei giocare? Dove posso avere il pallone». Accontenta­to. E la svolta è stata accolta con soddisfazi­one anche dalla società, convintiss­ima di aver inseguito per due mesi un giocatore di grande spessore e di esser riuscito a portarlo a Milano investendo 20 milioni di euro, quando dal primo febbraio avrebbe potuto firmare gratis. Peccato che in estate il matrimonio, probabilme­nte, non si sarebbe fatto. E allora meglio giocare d’anticipo, pazienza se poi per organizzar­e un tridente tutto nuovo sarebbe servito del tempo. Con la Sampdoria, domenica, l’ora della conferma. Nella settimana in cui riaprono i teatri, l’uomo che fu presentato alla Scala ha voglia matta di palcosceni­co.

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