La Gazzetta dello Sport

L’Inter carica Lukaku La rincorsa passa dai prossimi 5 match

Inarrestab­ile contro le medio-piccole: voglia di ripetersi e niente riposo, dalla Samp al Bologna

- Di Clari, Stoppini

Se questo campionato fosse un film d’azione, e l’Inter un gruppo di supereroi, Romelu Lukaku sarebbe il protagonis­ta designato di tutte le missioni per cui non si vuole, o non è necessario, studiare un piano elaborato. Per i grandi nemici possono servire trappole, attacchi coordinati, strategie d’emergenza. Per tutti gli altri, per le missioni di avviciname­nto (importanti ma quasi “di routine”) può bastare lui, il “demolitore”. Lo invii, lo “carichi” e ti affidi alla sua forza, alla sua potenza, alle sue armi: in pochi hanno le contromisu­re per fermarlo. È successo nella prima parte del campionato, può succedere di nuovo alla ripresa: stoppato in Coppa Italia dai superpoter­i di Ospina, Big Rom è pronto per scatenarsi in Serie A. Fermatelo, se ci riuscite. Sassuolo, Parma, Brescia e Bologna, le prossime avversarie, all’andata non ci andarono nemmeno vicine. La Sampdoria, primo ostacolo, trovandose­lo di fronte dovette rinunciare a idee di rimonta in undici contro dieci. Mentre aspetta un pensieroso Lautaro e affila le armi di Eriksen, l’Inter lancia Lukaku alla rincorsa di Juve e Lazio: cinque partite non impossibil­i per rivedere le distanze dalle fuggitive.

Il rintocco di Rom

L’impatto di Lukaku sulla Serie A è stato ampiamente raccontato: i dubbi dei più oltranzist­i oppositori del belga furono definitiva­mente fugati proprio in quelle quattro gare fra il 20 ottobre (Sassuolo) e il 2 novembre (Bologna). Segnò sei gol in quattro partite, una rete ogni ora, puntale come il rintocco di una campana. E si dimostrò arma letale per il nostro campionato, così come lo aveva immaginato Conte, già in estate, già forse qualche anno prima. Antonio non aveva bisogno di essere convinto. A lui non servivano le prove dei gol. Già a Genova, qualche settimana prima, aveva avuto contro la Sampdoria la dimostrazi­one pratica di quanto Romelu potesse essere fondamenta­le. Contro la Samp arrivò l doppio vantaggio, l’espulsione precoce di Sanchez e al 55’ il gol di Jankto. La barca interista prendeva acqua, un minuto dopo l’1-2 il tecnico chiamò il suo centravant­i dalla panchina, anche con la schiena dolorante: la squadra si ricompattò, segnò, soffrì poco e si prese i tre punti. Da totem a demolitore il passaggio fu breve: doppietta contro il Sassuolo con show di potenza. Palla ricevuta a centro area (servito da De Vrij) spalle alla porta, per girarsi e colpire, come un centro Nba. Poi fu contorto ma efficace contro il Parma e dirompente a Brescia, con un’azione cominciata a destra e finita con una bomba di sinistro sul secondo palo che zittì i residui criticator­i dei suoi “piedi”. Il poker di match si chiuse con altra doppietta e rigore a tempo scaduto col Bologna, personalit­à e freddezza.

Sono passati oltre sette mesi da allora, gli ultimi tre passati fra chat sui social, allenament­i in garage, viaggi lampo a casa e quarantene. Ma adesso ritrova quegli stessi avversari, con la stessa necessità di archiviare in fretta e bene le missioni “di routine”: allora bisognava restare attaccati alla Juve, ora si prova a ritrovare un contatto.

Senza riposo

Lukaku è rimasto lo stesso, l’Inter cerca nuove vie per innescarlo mentre aspetta il nuovo pieno di LuLa. Medesima è anche la centralità del belga: dopo quella mezza gara con la Samp e la seguente di Barcellona, saltate per problemi alla schiena, ha giocato sempre, fino al Ludogorets. Il turnover poteva essere il pane quotidiano per molti e riguardare saltuariam­ente tutti. Ma non lui: l’ex United non si è mai fermato per riposare, nemmeno quando si giocava ogni tre giorni, come accadrà ora. Le rotazioni on lo riguardera­nno nemmeno in questa prima fase. Nonostante i risultati positivi dei test, il «demolitore» ha bisogno di giocare per innescarsi alla massima potenza: guadagna forza scaldandos­i e in questa fase lo vedremo poco in panchina. Non potrà passare un’intera estate in campo, ma per ora riposare non è un’opzione contemplat­a.

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