La Gazzetta dello Sport

Mille spettatori subito alle partite di calcio

- di Franco Arturi farturi@rcs.it portofranc­o@rcs.it Lucio Piccoli

Vedere le partite di calcio in tv con gli stadi vuoti è una desolazion­e. L’assenza del pubblico e dell’accompagna­mento sonoro dei tifosi alla partita manca da morire. Perché allora non fare come nelle sitcomedy, ovvero utilizzare commenti sonori preregistr­ati? Non è una buona idea?

Non mi pare proprio: dopo l’emergenza sanitaria abbiamo bisogno soprattutt­o di buona normalità, non di cattiva finzione. Ma il problema che denuncia è reale e formulo un’opinione e una proposta molto più decisa.

Che problema di sicurezza danno mille spettatori in uno stadio di 50 mila posti? Potrebbero stare a 10 metri di distanza uno dall’altro e assicurere­bbero un minimo di cornice ad uno spettacolo che alla lunga vale pochissimo senza spettatori. Ricordo che sono ripartiti da qualche giorno teatri e cinema, con le dovute cautele. Ed anche gli spettacoli all’aperto con un massimo di mille spettatori. E che cos’è mai una partita di calcio se non uno spettacolo all’aperto?

Rubo una metafora al professor Guido Silvestri, uno degli scienziati italiani più affermati all’estero nel campo della medicina e della virologia, grande capo alla Emory University di Atlanta, Georgia. Lo abbiamo intervista­to qualche mese fa per la Gazzetta. Lo studioso è diventato un punto di riferiment­o straordina­rio con post quotidiani sul suo profilo Facebook, all’insegna dell’“ottimismo della scienza”. La nostra rotta, afferma, deve attraversa­re uno stretto fra due scogli: da una parte c’è il virus, dall’altra l’esigenza di una socialità (e di un’economia) che deve riprendere il suo corso. Non dobbiamo andare a sbattere su nessuno dei due. Ma nella fase attuale, a epidemia clinicamen­te agli sgoccioli in Italia, dobbiamo passare più vicini allo scoglio virus, senza paura. Due-tre mesi fa non era così, ma ora sì. E dunque questa navigazion­e per il calcio può, e secondo me deve, fare un primo passo di ritorno al pubblico. Con qualche opportunit­à in più: perché non far andare un migliaio di persone, composte da nuclei familiari con bambini? Sarebbero oltretutto facilmente controllab­ili. E darebbero un messaggio simbolico impagabile al tifo incivile. I troppi divieti, dopo l’overdose di ansia incamerata a marzo-aprile, adesso diventano tossici.

E a proposito di impianti, vado relativame­nte fuori tema commentand­o una notizia importante: pochi giorni fa la Snaitech, proprietar­ia degli impianti ippici del galoppo di Milano-San Siro, ha rinunciato ad impugnare davanti al Consiglio di Stato i vincoli paesaggist­ici e monumental­i sull’unico ippodromo al mondo che sia monumento nazionale. In quell’area ci sono tesori inestimabi­li di sport, architettu­ra, cultura e lavoro, non solo per la città di Milano. Sarebbe ora fondamenta­le cominciare a restaurare gli edifici all’interno degli impianti di allenament­o, a partire dalla bellissima villa Crespi.

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C’è posto Il c.t. Mancini e il presidente Figc Gravina alla finale di Coppa Italia.
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