La Gazzetta dello Sport

LA SVOLTA DI ERIKSEN E LA CONFERMA DI GASP

- Di Andrea Di Caro

Dieci giorni e sette partite: il calcio post coronaviru­s ripartito il 12 giugno dopo uno stop di tre mesi ci ha finora regalato tre match di Coppa Italia (semifinali e finale) e quattro recuperi di A. Da ieri tutte le squadre hanno giocato lo stesso numero di incontri. Troppo presto per emettere giudizi tranchant, soprattutt­o perché mancano all'appello del campo tante squadre, le romane su tutte, con la Lazio seconda a un punto dalla Juve e la Roma quinta a 6 lunghezze dalla zona

Champions. Però abbiamo visto giocare due volte Juventus, Inter e Napoli; e una Milan, Atalanta, Sassuolo, Torino, Parma, Verona, Cagliari, Sampdoria. Insomma, qualcosa da dire c’è. La prima è che quei tecnici che hanno giustifica­to risultati deludenti, ritmo lento e poca brillantez­za delle proprie squadre con il lungo stop sono stati smentiti dalle prestazion­i di Verona e Atalanta, che hanno ricomincia­to come avevano finito. Cioè attaccando, pressando, segnando. Per il Verona due reti nei primi 26’ giocati ad una porta. e una corsa continua anche nell'ora giocata in inferiorit­à numerica per il rosso esagerato a Borini. E l’Atalanta? Quattro gol (due nei primi 31’) e potevano essere di più. In tutto finora 74 in 26 partite (media di 2.8). Tanto per non girarci intorno: Sarri dopo la finale di Coppa Italia persa contro il Napoli ha sostenuto che «in questo momento la Juve non può fare di più, perché la condizione non è ottimale e manca brillantez­za per rendere la mole di gioco pericolosa». Perché l'Atalanta e il Verona possono essere brillanti alla ripartenza e la Juve invece no? Perché contro il Milan in dieci non riesce a sovrastare un avversario inferiore e si parla di difficoltà da prima partita, quando altri giocano la loro prima e convincono? Eppure proprio le squadre con un gioco a tutto campo, molto fisico, come quelle del Gasp e del suo discepolo Juric dovrebbero avere maggiori difficoltà. E invece non le mostrano. Sono allenate meglio? Stasera con il Bologna per Sarri è gia una sfida decisiva per tenere a distanza la Lazio, ma anche l’Inter che ha battuto la Samp e ora è a -6. La ripartenza una buona notizia in casa nerazzurra l’ha portata: l’inseriment­o di Eriksen nei meccanismi di Conte. Il danese, già protagonis­ta nella sfortunata semifinale di Coppa a Napoli, si è ripetuto ieri e può essere la fionda per rilanciare le (difficili) ambizioni da scudetto: l’Inter ha l’uomo di classe sulla trequarti che le mancava. Il Milan orfano di Ibra ha mostrato con la Juve quello che già si sapeva: un discreto gruppo di giocatori, messo in campo con equilibrio da un buon allenatore. Non molto, ma abbastanza per centrare quel settimo posto che può valere l’Europa League grazie alla vittoria del Napoli in Coppa Italia. De Laurentiis sogna pure un aggancio alla zona Champions, ma recuperare 12 punti in 12 partite all’Atalanta è una «mission impossible» nonostante Gattuso abbia trasferito alla squadra ambizione, gioco redditizio e voglia di non mollare mai. La pausa è servita al Torino, più tranquillo e solido, rispetto alla squadra che aveva incassato sei k.o. di fila. Col Parma avrebbe meritato i tre punti. Lo stop non ha cambiato il Cagliari sconfitto anche con Zenga in panchina. E neanche il Sassuolo del giochista De Zerbi: crea molto, subisce altrettant­o. Ieri ha preso l’imbarcata, sprecando troppo. Il calcio senza tifosi resta qualcosa a cui è difficile abituarsi, ma forse gli stadi vuoti dureranno meno del previsto. Nota finale sugli arbitri: a parte un errore a Verona, gare ben dirette. Una ripartenza positiva, speriamo continuino così. Oggi si torna in campo.

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Prezioso Christian Eriksen, 28 anni: suo l’assist per il gol di Lukaku
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