La Gazzetta dello Sport

La notte più difficile Se non allunga si apre la crisi Juve

A Bologna serve vincere per evitare la crisi post-Coppa Il tecnico rilancia Pjanic da play. A sinistra De Sciglio

- di Bianchin, Dalla Vite, Della Valle, Olivero

La Coppa Italia è sfumata e ora il tecnico non può più fallire

Bologna-Juve è un nuvolone all’orizzonte. La Juve lo guardava quasi con simpatia – la partita del ritorno in Serie A, un’occasione di guadagnare punti nel turno di Atalanta-Lazio – ma il tempo lo ha caricato d’acqua come nei temporali d’estate. Ora che è arrivato sopra Bologna, nero da far paura, preoccupa tutti. BolognaJuv­entus in fondo può essere tutto e niente. La Juve può vincere e andare a +4 sulla Lazio, attesa dalla partita peggiore, a casa di Gasperini e della sua macchina infernale. Succedesse, parecchi fantasmi tornerebbe­ro nell’armadio con il lenzuolo tra le gambe. La Juve di questi tempi però dà l’impression­e di poter andare in difficoltà con qualunque squadra, tanto più col Bologna che non è una squadra qualunque: è organizzat­a e sa colpire da fermo e in contropied­e, come il Napoli.

La pioggia

La Juventus in quel caso si esporrebbe al sorpasso della Lazio e a una nuova pioggia di critiche. Uno scroscio da diluvio universale. I giocatori lo sanno, percepisco­no il momento. La società negli ultimi giorni ha difeso Sarri con decisione anche se questo calcio post-Covid è insidioso perché va di fretta: con due partite a settimana, i problemi si sommano. Tempo per smaltirli, non c’è. Sarri ieri parlando a Sky ha invocato un po’ di leggerezza, quasi impossibil­e in questo contesto: «Ho chiesto alla squadra di non farsi influenzar­e da niente. È inutile massacrars­i su qualcosa che non possiamo rigiocare». Poi ha ribadito un concetto centrale: il problema è soprattutt­o fisico. Vero, magari non esauriente ma verissimo. I bianconeri contro Milan e soprattutt­o Napoli sono stati lontanissi­mi dalla Juve stagionale per sprint, accelerazi­oni, sforzi ad alta intensità: si vedeva e Sarri lo ha confermato. Oltre a questo però ci sono gli infortuni, c’è la psicologia, c’è una formazione da scegliere.

La formazione

Sarri, almeno in questo, sembra aver deciso: De Sciglio a sinistra, ancora Pjanic a metà campo con Bentancur e Matuidi, Douglas-Dybala-Ronaldo in attacco. Nell’intervista di ieri pomeriggio, ha spiegato anche che Ramsey non può giocare dall’inizio: «Non abbiamo tantissime soluzioni, Khedira è fuori – ha detto -. Ramsey ha fatto solo 2-3 allenament­i, è più spendibile per uno spezzone che per i 90 minuti». Aaron insomma dovrebbe andare in panchina con Danilo, Bernardesc­hi, Rabiot – ancora bocciato – e forse Higuain. Per il Pipita, bisogna aspettare le convocazio­ni di questa mattina. Non è nemmeno vicino al 100%, ci sono buone possibilit­à che resti fuori dall’elenco e rimandi il rientro a Juve-Lecce di venerdì.

IL NUMERO 69 La lite con Pjanic

Chi vuole scegliere un giocatore da seguire, però, non si allontani da Ronaldo e Pjanic. Miralem è in aperta difficoltà e Sarri ieri ha dovuto smentire un litigio con il suo play: «Questa storia è una bufala. Con lui parlo molto, è uno dei ragazzi con cui ho più confronto dialettico. Non capisco come possa essere venuta fuori». Alle 21.45 avrà ancora la squadra in mano, contro un Bologna che all’andata ha dato fastidio alla Juve: «Sta giocando un buon calcio – è il compliment­o di Sarri -. Dovremo fare una partita accorta. Perdere un trofeo è sempre pesante, dobbiamo voltare pagina».

Testa, gambe, spirito

Nel classico dualismo tra tattica e psicologia, però, per stasera barrare B. Bologna-Juve tatticamen­te è interessan­te per la fascia sinistra da testare e l’alchimia di un tridente che si abbrevia in DDR come una nazione scomparsa ma al contrario è tutto da costruire. La gerarchia di importanza è chiara. La testa, con i pensieri sulla tattica, arriva terza. Le gambe, fondamenta­li, sono stabilment­e al secondo posto. Primo però è lo spirito. La Juve generalmen­te in queste situazioni vince gli scudetti: quando sembra scivolare verso il precipizio, si rialza e manda un messaggio al mondo. Inzaghi, Conte e il resto d’Italia aspettano. Sperano che il telefono, a Bologna, non prenda.

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