Una vigilia speciale, la carica di Mihajlovic dopo un anno
Il tecnico è tornato a parlare prima di un match: «Dura per noi? Lo sarà anche per loro. L’Europa? Si può...»
Per Sinisa sarà la panchina stagionale numero 17, e il perché nelle altre non sia stato presente lo sanno tutti. Quel che serve sapere è che Mihajlovic oggi è allenato e allenante dentro un Bologna che farà un 4-3-3 (con Svanberg) mascherato da 4-23-1 ma secondo i concetti di sempre: «Stare bassi e difendere non è il mio calcio: se succede è perché ce lo impongono».
Pratica, mica teoria. «Io gioco per vincere, mai per perdere».
Sappiamo soffrire
E’ lo stesso Sinisa di sempre: e nessuno aveva dubbi. Dopo oltre un anno (l’ultima volta era il 24 maggio 2019) Mihajlovic parla alla vigilia di una partita. «Questa squadra è cresciuta, sappiamo tutti le difficoltà che abbiamo avuto quest’anno e i ragazzi sanno risolvere i problemi, sanno soffrire. Sono anche
Europa e contratto
La Juve è avanti di due gare. «E’ un vantaggio, oltre alla loro forza: dovremo sopperire dando un 20% in più. Sarà dura per noi ma sicuramente anche per loro. L’allungamento di contratto? Meglio, ho un sacco di figli... Da qui al 2023 può darsi che mi caccino o vada via io. Qui ho trovato tutto, la società è ambiziosa, con un progetto forte, ora non si parla di evitare la retrocessione ma di cose diverse. E’ stato un gesto apprezzabile e di stima. L’Europa? Si può, abbiamo le carte in regola, come numeri ci siamo».
Per Alex e Gazzoni
E poi. «Zanardi? Spero si risolva tutto e al meglio. Con la forza che ha sempre mostrato, lui è un esempio per tutti. Facciamo il tifo per lui: se batteremo la Juve, dedicheremo ad Alex la vittoria. A lui e a Gazzoni».
Ai giocatori ho detto...
Ai suoi calciatori, Sinisa ha espresso concetti di vita. «Ho detto loro che noi siamo gente fortunata, guadagniamo bene ma la vita reale è quella fuori: e che quindi pensino ai tifosi, a quella gente che ha perso il lavoro, che ha figli da mantenere e fa fatica: regalino loro due ore di gioia. Poi, gli ho raccontato che quando abbiamo vinto la Coppa dei Campioni con la Stella Rossa c’era la guerra e noi abbiamo avuto la motivazione di giocare per quella gente là, per far sì che almeno per qualche ora avrebbero potuto dimenticare i problemi di sopravvivenza». Tu chiamale, se vuoi, motivazioni.