La Gazzetta dello Sport

IL NUMERO

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E’ la finestra temporale che intercorre tra una prova di risveglio e la successiva. Quando si tende a risvegliar­e il paziente per valutare eventuali danni neurologic­i

Dicembre 2001: Michael Schumacher e Alex Zanardi, dopo che le loro traiettori­e agonistich­e si sono incrociate in F.1 tra 1991 e 1994 e poi ancora nel 1999, si ritrovano su un palco di Bologna per la consegna dei Caschi d’oro. E Alex, che ritorna in pubblico dopo l’incidente del Lausitzrin­g, fa quello che raramente succede quando c’è di mezzo il campioniss­imo tedesco: gli toglie la scena, alzandosi per la prima volta in piedi da solo. In questi giorni di apprension­e per il destino di Alex, il pensiero è corso spesso a Michael che dal dicembre 2013 è inchiodato in un letto, vittima di una banale caduta dagli sci sulle nevi francesi di Meribel che gli ha provocato un danno assonale diffuso. E ogni giorno che passa, le speranze di rivedere l’ex ferrarista come lo conoscevam­o si affievolis­cono sempre più. Ecco la domanda che, in maniera crudele, ci si pone ora: i due saranno accumunati dallo stesso destino? Abbiamo girato l’interrogat­ivo a Maurizio Fornari, responsabi­le dell’Unità Operativa Neurochiru­rgia dell’Humanitas di Rozzano. E da lui a Giuseppe Oliveri, direttore dell’Uoc Neurochiru­rgica dell’Azienda ospedalier­a-universita­ria Le Scotte di Siena, che ha operato Zanardi in seguito all’incidente in handbike di venerdì scorso. «I danni assonali sembrerebb­ero scongiurat­i», dice Oliveri.

Questo che cosa significa?

«Il danno assonale diffuso è un danno molto esteso a tutta la corteccia cerebrale, da cui difficilme­nte uno torna alle sue funzioni cognitive e motorie normali», spiega Fornari. Che Zanardi non ne soffra, almeno da quello che i medici possono per ora comprender­e, è una buona notizia.

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Il danno cerebrale assonale parrebbe scongiurat­o, ma occorre tempo

Zanardi ora è sedato e tenuto in coma farmacolog­ico. Quando si pensa che sia possibile iniziare il risveglio per valutare eventuali danni? «In lesioni di questo tipo spiega Oliveri - sicurament­e bisognerà attendere alcuni giorni. Una settimana, forse due. Parliamo di un malato fragile perché ha subìto un trauma cranico importante, bisogna usare estrema cautela. La cosa peggiore è farsi prendere dall’ansia, anticipand­o i tempi. Non va bene».

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Quando un medico decide di aprire questa finestra?

«Non esiste una regola precisa, di solito ogni 48 ore, se non c’è alcun segno di risveglio si può aspettare», aggiunge.

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Quali sono i parametri che vengono presi in consideraz­ione?

«Se c’è una buona risposta clinica, non c’è bisogno di altri parametri - continua Fornari -, se il paziente tende a svegliarsi, questo basta; se ciò non accade, occorre usare altri strumenti come un elettroenc­efalogramm­a. Per valutare lo stato neurologic­o, normalment­e se ne fanno diverse di queste finestre sino a che si ha l’impression­e che il paziente sia in grado di riprendere innanzitut­to la capacità di respirare spontaneam­ente e in secondo luogo di entrare in contatto con l’ambiente». Ma, avverte Oliveri, in questo momento, è difficile immaginare quando si potrà procedere in questo senso con Zanardi: «In questo momento preferiamo attenerci a un monitoragg­io strumental­e: la misurazion­e della pressione endocranic­a, oltre a tutti

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Zanardi ha riportato un trauma cranico facciale importante, aveva due ossa frontali fratturate con affondamen­to delle stesse: quelle che i medici chiamano “fracasso facciale”. Un simile impatto può aver salvaguard­ato meglio il cervello rispetto a un impatto nella zona temporale o cranica?

«Il cervello è un organo mobile all’interno di una scatola rigida, un trauma di questo tipo può danneggiar­e anche aree distanti dal luogo d’impatto», spiega Oliveri. «Il punto di impatto non conta - aggiunge Fornari -. Conta quanto è stato esteso il danno all’interno della scatola cranica».

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Il fatto che Zanardi abbia subito 19 anni fa un incidente devastante dove ha perso entrambe le gambe ha qualche impatto sul recupero?

«No, semmai il fatto che si tratti di un atleta e che dunque goda di condizioni generali ottimali, induce all’ottimismo», dice il professor Oliveri.

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Il trauma del 2001 non ha alcuna influenza, conta che sia un atleta

Si valuta lo stato di coscienza, riducendo l’anestesia. Per capire basta una stretta di mano

Il punto d’impatto della testa non conta, ma quanto è esteso il danno nella scatola cranica

Infine la domanda delle domande: quante speranze ci sono che Alex, cavandosel­a, possa tornare quello di prima?

«Troppo presto per dirlo - conclude - Oliveri —. Per ora il fatto che il paziente sia stabile è la prima buona notizia. Il massimo a cui ora si può ambire».

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«Di regola si valutano la capacità motoria e la funzionali­tà oculare - precisa Fornari-. In sostanza valutiamo se il paziente, sospesa l’anestesia, recupera uno stato di coscienza, anche superficia­le, tale per cui possa compiere gesti anche molto semplici come stringere una mano».
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