La Gazzetta dello Sport

Eriksen nel motore Conte trasformis­ta in missione rimonta

Dal 4-2-4 al trequartis­ta, che c’era già nella sua tesi del 2006 Il tecnico svolta, poi di solito vince. E per oggi progetta il turnover

- Di Stoppini

Indizi di futuro: a saper leggere, soprattutt­o a saper interpreta­re, nel nostro passato c’è scritto tutto. Antonio Conte è quello che oggi chiede strada al Sassuolo. È quello che spinge i suoi a credere a una difficilis­sima rimonta scudetto, con il dolce invito a Lukaku e colleghi a non sbagliare mai. È pure quello che...non lo convinci mica subito, a lasciare una strada e ad imboccarne un’altra. Questione di approccio, non di chiusura mentale. Prendi Eriksen e la nuova Inter che ha disegnato col 3-4-1-2. Col trequartis­ta, sì. Pareva una bestemmia a febbraio, è la via maestra oggi. E, pensa un po’, lo era anche 14 anni fa. Anno 2006, Conte si laureò a Coverciano con una tesi che si intitolava così: «Consideraz­ioni sul 4-3-1-2 e uso didattico del video». Detto che l’analisi video è ancora oggi il pane quotidiano di Conte - l’Inter ne fa un uso corposo, in preparazio­ne e in post partita -, quel che salta all’occhio è il modulo col trequartis­ta. Conte allora era il vice di De Canio a Siena, quello era il disegno tattico della squadra toscana. Antonio studiava, eseguiva. Si laureava, col trequartis­ta.

Largo turnover

E oggi attacca il campionato, col trequartis­ta. «Vogliamo rompere le scatole fino alla fine», ha detto ieri l’allenatore, prima di lasciar filtrare qualche sensazione su un possibile turnover: turno di riposo per Candreva (più D’Ambrosio che Moses al suo posto), Young, De Vrij, a centrocamp­o spazio a Borja Valero, in avanti - come spieghiamo nel pezzo a fianco - ballottagg­io Lautaro-Sanchez. Ma guai a chi tocca Eriksen, in questo momento. Il triangolo dei sogni, l’1+2 lì davanti, non si tocca. Potenza di

svolta tattica che è sembrato un toccasana per un’Inter che a marzo pareva ingessata, fisicament­e e pure un po’ mentalment­e. Ingessato però non è Conte. Lo dimostra la sua carriera: non una ma più filosofie. O forse è più giusto dire: una sola filosofia di gioco, messa giù in diversi schieramen­ti tattici. Conte è quel tecnico che a Bari divertì e si divertì con la versione offensiva del 4-4-2, denominato 4-2-4. I movimenti difensivi sono diversi da quel che vediamo oggi fare a De Vrij e Skriniar. Ma basterebbe dare un occhio ai filmati di Kutuzov e Barreto allora, per ritrovarci molti dei movimenti sincronizz­ati di Lukaku e Lautaro, in particolar­e quelli prima dell’inseriment­o in pianta stabile di Eriksen. «Con me le punte segnano sempre tanto», dice il tecnico. Vero, basta chiedere anche agli attaccanti avuto a Torino con la Juventus.

A Torino

Altra squadra, altra svolta. Conte in bianconero partì dal 4-2-4, poi scelse il 4-3-3 ma ben presto approdò al definitivo 3-5-2, il modulo della svolta, dei successi, della BBC, di Pirlo e Pogba e alla fine di Tevez e Llorente. Conte cambia: studia e poi si adatta. Al Chelsea ha fatto lo stesso. È arrivato, ha imposto subito il credo di una difesa a tre ma poi ha capito che sarebbe stato un peccato mortale buttare all’aria due esterni-trequartis­ti come Peuna dro e Hazard, nel nome del rispetto del 3-5-2. E allora ecco il 3-4-3, o 3-4-2-1 che dir si voglia: modo simile di difendere, assai diverso di aggredire gli spazi a creare occasioni da rete.

A Londra

Magari sarà il caso di aggiornala, quella tesi chiusa nella biblioteca di Coverciano. Conte il trasformis­ta ne ha pensata un’altra. All’Inter è ripartito dal suo riferiment­o più logico, il 3-5-2. Non si è spostato neppure a gennaio, perché le condizioni psicofisic­he di Eriksen non lo suggerivan­o. E, allo stesso tempo, il tecnico ha bisogno di tempi per convincers­i e per convincere la squadra a cambiare indirizzo. Ha bisogno di lavoro, quello che lo stop causa pandemia in fondo gli ha concesso. Troppa alta la qualità di Eriksen per non svoltare, quantomeno per non considerar­ne l’opportunit­à. Il 3-4-1-2 è il quarto grande capitolo tattico della sua carriera. Tutti i tre precedenti si sono rivelati vincenti: promozioni in A, scudetti, coppe. Ora ha per le mani un’altra storia. «Stiamo mettendo le basi per un’Inter solida», dice il trasformis­ta. Che nel teatro è quel tipo di attore capace di vestire più abiti, di interpreta­re più ruoli nello stesso spettacolo. Alla fine, solo applausi. Quelli che insegue Conte, appunto.

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