Questa è la sconfitta più brutta di Nole
Non c’è finale di Slam persa che tenga. Questa è la sconfitta più bruciante della carriera. Novak Djokovic è riuscito in un colpo solo a offuscare pesantemente la propria immagine assestando un fendente al mondo del tennis che, faticosamente, sta cercando di raccogliere i cocci provocati dal coronavirus per ripartire. L’idea di organizzare un torneo tra Serbia, Croazia e Bosnia a scopo benefico era senz’altro meritoria, ma in questa fase della pandemia voleva dire prendersi un rischio davvero elevato. Ecco perché ci saremmo aspettati quanto meno robuste misure di prevenzione sanitaria. Mascherine, distanziamento tra gli spettatori e tutti quegli accorgimenti che sono diventati per noi il pane quotidiano. Insomma, doveva essere un banco di prova di come il tennis professionistico sarà costretto ad andare avanti nei prossimi mesi. Invece nulla di tutto ciò è stato fatto. Anzi, spalti gremiti, selfie tra giocatori e tifosi, addirittura una festa in discoteca le cui immagini postate sulla rete avevano già fatto presagire il peggio. Risultato: Nole, la moglie e altri tre tennisti positivi al coronavirus. Un conto salato, frutto di una gestione sciagurata dell’evento. Djokovic ha messo il petto davanti alle critiche parlando della buonafede che ha animato l’iniziativa. Cosa della quale non dubitiamo conoscendo la sua generosità che s’era manifestata durante la fase acuta dell’epidemia anche con le donazioni a due ospedali lombardi. Ma essere superman sul campo non vuole dire poter sfidare la natura in modo così sfacciato mettendo a rischio la propria salute e soprattutto quella di tante altre persone. Come ha fatto il serbo, convinto no-vax, a sottovalutare questa situazione? Impossibile non leggere dentro la vicenda una buona dose di egocentrismo e presunzione che stavolta l’ha tradito. Il paradosso è che il tennis è uno degli sport più al riparo dal coronavirus, vista la distanza che c’è in campo tra i due giocatori. Djokovic è riuscito a coprirlo con un’ombra negativa che proprio non meritava.