Djokovic positivo al Covid 19 Quante critiche dal tennis
L’Adria Cup fa la vittima più illustre: il campione no vax e la moglie sono già in isolamento. Colpita la stella serba della Nba, ospite del torneo a Belgrado
Il pasticciaccio brutto dell’Adria Cup alla fine deflagra come una carica esplosiva incendiata dalle contraddizioni, dagli errori, dalla noncuranza, dai comportamenti irresponsabili tenuti in nome di una normalità ancora lontana, allungando ombre pesanti sulla ripartenza del tennis. Perché dopo Dimitrov, Coric, Troicki (e la moglie incinta), un allenatore e un preparatore, stavolta la positività al coronavirus colpisce molto in alto. Di più: in vetta alla classifica.
Marcia indietro
Dopo una giornata trascorsa tra mille illazioni e l’attesa spasmodica di novità per l’enorme rilevanza del protagonista, il numero uno del mondo Novak Djokovic comunica personalmente via social l’esito del tampone effettuato domenica: «Ci siamo sottoposti al test quando sono rientrato a Belgrado. Il mio risultato è positivo, come quello di Jelena (la moglie, mentre il risultato dei nostri figli è negativo». Il campione di 17
Slam è asintomatico (come la sposa) e adesso trascorrerà le canoniche due settimane in isolamento, sottoponendosi a un altro tampone fra quattro giorni. Ma più che delle conseguenze del virus, per fortuna sicuramente gestibili, Nole dovrà preoccuparsi del clamoroso danno d’immagine che la vicenda gli ha già procurato, aggravato dal suo ruolo di primo sindacalista dei giocatori in seno all’Atp. L’Adria Cup, infatti, doveva rappresentare il manifesto dei suoi convincimenti sul virus, senza dubbio controcorrente rispetto alla corrente maggioritaria, dalle posizioni no vax al trattamento con metodi naturali (fino a spingersi a sostenere le proprietà terapeutiche dell’acqua stimolata dal pensiero) e un messaggio chiaro agli organizzatori dei tornei venturi, in particolare degli Us Open, troppo vincolati a misure di sicurezza ritenute estreme e non necessarie. E invece adesso si ritrova sconfitto: nessuno è intoccabile, e senza le misure di prevenzione tutti siamo ancora a rischio. Una caduta addirittura più pesante di un k.o. sul campo, per lui che anela da sempre al consenso della gente, e alla quale ha provato a reagire con una correzione di rotta affidata allo stesso post dell’annunciata positività: «Tutto quello che abbiamo fatto nel mese scorso, lo abbiamo fatto con le intenzioni più sincere. L’esibizione aveva lo scopo di unire e favorire la condivisione di un messaggio di solidarietà e compassione tra i Paesi... Tutto è nato da un’idea filantropica... Abbiamo organizzato il torneo quando il virus si era indebolito, credendo che ci fossero le condizioni per ospitarlo. Sfortunatamente il virus è ancora presente ed è una realtà con cui dobbiamo imparare a convivere. Spero che il tempo possa alleviare il problema in modo che si possa tornare a vivere come prima. Sono estremamente dispiaciuto per ogni contagio. Spero che non peggiorerà le condizioni di salute di nessuno e che tutto vada per il meglio».
Tra tennis e basket
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panico: i positivi sono stati soltanto quattro e dalla Croazia ci arrivano conferme che è tutto sotto controllo. Ivanisevic, il coach di Novak, ha avuto la febbre la settimana scorsa, ma è risultato negativo». I media serbi si sono concentrati sulle presunte colpe di Dimitrov, che avrebbe accusato sintomi febbrili già all’inizio della scorsa settimana ma avrebbe partecipato a tutti gli eventi (e alla partita con Coric) prima di ritirarsi per un misterioso problema a un gomito. Un tentativo di attribuirgli il contagio, ma non possono esserci certezze, come attorno a Djokovic: Nole aveva partecipato a una festa a Belgrado col cestista Jankovic, poi risultato positivo (infatti la nazionale serba ha interrotto il training camp). Alla stessa festa, l’11 giugno, era presente anche Nikola Jokic, stella serba che gioca in Nba con Denver: ha incontrato Jankovic, si è seduto in tribuna vicino a Djokovic. Jokic è risultato positivo subito dopo l’evento, da allora è in quarantena nella sua Sombor. Sarebbe dovuto tornare negli Usa entro lunedì 15, per cominciare a preparare con la sua Denver la ripresa della stagione Nba, invece non tornerà negli Usa prima di una settimana, ammesso che il virus gli sia passato. La notizia della sua positività si è diffusa poche ore dopo quella di Djokovic, che dopo quell’incontro ha stretto mani, abbracciato centinaia di tifosi, ballato come un pazzo in discoteca. Tutto il contrario delle precauzioni richieste dalla pandemia, tanto da meritarsi le rampogne bonarie del presidente Fit
Binaghi, che invece si gode gli Assoluti di Todi come vetrina ideale su come ripartire in sicurezza: «Abbiamo seguito per filo e per segno tutto quello che lui ha fatto durante l’Adria Tour, per fare esattamente il contrario. Ci ha insegnato tutto quello che non faremo durante gli Internazionali di Roma, anche per lui. E speriamo che li vinca». Il caso-Djokovic, probabilmente, ora convincerà i giocatori che regole stringenti sono ancora necessarie, e sarà cosa buona. Allo stesso tempo, rischia però di vanificare gli sforzi per avere il pubblico ai tornei in tempi relativamente brevi. E non basterà vincere per farsi perdonare.
Il virus è ancora tra noi e dobbiamo imparare a conviverci NOVAK DJOKOVIC SU TWITTER