Pioli d’attacco Gioco, gambe gol e spirito Il Milan prepara un finale da big
Il tecnico riparte dal colpo di Lecce per provare a riscrivere il futuro
Se è vero che spesso la miglior difesa è l’attacco, Stefano Pioli parrebbe seriamente intenzionato a mettere in difficoltà Elliott. Concettualmente, andando all’attacco di una stagione in cui c’è ancora un’Europa da conquistare e ovviamente la propria panchina da difendere. E in termini pratici, andando all’attacco degli avversari con un’intensità e una convinzione viste poche volte lungo la stagione come a Lecce. D’altra parte, se il prossimo mese e mezzo sarà davvero l’ultimo alla guida del Milan, tanto vale aumentare il coefficiente di spavalderia. Cosa che viene permessa da un motivo tanto semplice quanto importante: in Puglia la squadra ha dimostrato di stare con lui. Dalla sua parte sotto l’aspetto tattico e umano. Può apparire banale, ma in realtà non è così scontato per un allenatore virtualmente a fine corsa ormai da parecchie settimane.
Confidenza
L’empatia col gruppo d’altronde è evidente e lo si deduce più facilmente adesso che negli stadi regna il silenzio. Un’occasione per cogliere quei risvolti che in condizioni normali non sono percepibili. Pioli interviene abbastanza frequentemente e di certo non chiede le cose con tono soave. Ma non è ruvido. Secco, ma non ruvido. Giocatori chiamati per nome di battesimo, o magari col soprannome. Cosa che genera confidenza ed evita la sgradevole sensazione di essere tornati sui banchi di scuola. La squadra è con lui perché altrimenti un allenatore non potrebbe chiedere un pressing alto e continuo come quello visto in Puglia. Perché per correre dietro all’avversario quando ci sono trenta gradi e si esce da tre mesi di allenamenti fatti a tozzi e bocconi, occorrono stimoli e motivazioni.
Consegne
Chiudere la stagione dimostrando alla proprietà di avere ben salda in mano la squadra sarà importante, a prescindere da un destino che appare comunque già segnato. E anche dal punto di vista tattico, le linee guida sono state assimilate bene. E’ parso evidente contro la Juve, restando a galla fino all’ultimo secondo nonostante l’uomo in meno. Ed è parso evidente a Lecce, dove i movimenti del quartetto offensivo hanno scardinato i pugliesi in breve tempo, aprendo varchi profondi. Decisamente interessanti le consegne date a Calhanoglu, in un’apparente carta bianca che in realtà prevedeva
Crash test
sincronismi precisi con gli altri attori. Interessanti anche le richieste fatte a Rebic, chiamato a tagliare il campo o cercare la profondità a seconda dei momenti. Non è un calcio champagne, ma la messa in pratica di concetti chiari con cui dare una logica al 4-2-3-1. Il Milan chiuderà l’anno con questo sistema, a cui Pioli è arrivato dopo due cambi perché le cose è meglio affrontarle piuttosto che lasciarle succedere.
E’ un Pioli d’attacco anche dal punto di vista fisico. Si era visto allo Stadium, con una squadra capace di rimanere in partita per oltre un tempo e mezzo in inferiorità numerica. A Lecce la differenza atletica con i giallorossi a tratti è stata devastante e, insomma, il Milan di questo passo pare avviato a un rush finale in cui le gambe saranno amiche importanti. Merito della serietà dei giocatori durante la clausura e merito dell’allenatore e del suo staff nel farli lavorare nella maniera più corretta. Tutte cose che conteranno parecchio in vista del crash test ormai alle porte. In ordine temporale: Roma, Lazio, Juve e Napoli nelle prossime cinque partite (dopo la Roma c’è la Spal). E’ in questo filotto che si capirà davvero dove potranno arrivare i rossoneri di Pioli, che intanto si gode un attacco diventato improvvisamente pieno di bollicine: Rebic che segna per la prima volta senza Ibra, Leao che entra finalmente come si conviene, Castillejo che la butta dentro in campionato, Bonaventura che ritrova il gol dopo quasi cinque mesi. Il Milan attacca, Pioli pure: al momento resta la miglior difesa.