DALLA QUASI CRISI AL POSSIBILE +7 SU E GIÙ JUVE CON VISTA CHAMPIONS
Dalla crisi ormai ineluttabile (con lo spettro di Allegri già evocato su Sarri) al possibile +7 vincendo stasera. Dal sorpasso sicuro della Lazio (e magari dall’aggancio probabile dell’Inter) alla fuga decisiva, grazie anche ai prossimi due turni non impossibili contro Lecce e Genoa. La percezione del campionato della Juve è come un ottovolante fuori controllo, oggi scudetto, domani chissà. Meglio attenersi
allora ai fatti: la Juve non è spettacolare come Sarri avrebbe dovuto renderla, ha momenti di noia e debolezza come visto nelle finali di Coppa Italia e Supercoppa Italia, un’identità tattica non ben definita anche per la variabile CR7, e un potenziale offensivo inespresso. Ma è lassù ancora una volta, come fa da nove anni, con molteplici soluzioni tecnico-tattiche che nessun altro possiede forse neanche in Europa, e un’abitudine al potere che logora chi non ce l’ha. Resta la favorita, ma guai oggi a leggere la sconfitta della Lazio come il segno di una resa annunciata. L’Atalanta era il peggio che Inzaghi potesse trovarsi sulla sua strada da qui ad agosto, ultima giornata. Quando i bianconeri avranno in testa anche la Champions cui aggrapparsi disperatamente, perché il “solo” scudetto sarebbe comunque una delusione e uscire con il Lione un disastro.
La Lazio invece può pensare soltanto il campionato, il che compensa la delusione per la striscia invincibile di 21 risultati utili interrotta dal lockdown prima che dall’Atalanta. E il fatto che la “rosa” non sia all’altezza di quella di Sarri.
Certo Luis Alberto, Milinkovic, Acerbi e Immobile non hanno alternative come Dybala, Pjanic e Bonucci: servirà una chimica d’autore per tenerli sempre al massimo nei momenti chiave. Però l’ostacolo più duro è ormai dietro e la Juve, da affrontare in uno Stadium senza tifosi, è già stata messa sotto due volte. E poi ci vorrebbe una macchina del tempo per capire quanto influiranno turnover, impegni a ritmo continuo e stress psicofisico. Forse Sarri non ha più dubbi sul ruolo vero di Bernardeschi, deve metabolizzare la rinuncia a Sarri ma non può intervenire su CR7, s’è capito.
L’Inter invece non ignorava il gap tra titolari e riserve, ma non può illudersi che rimettendo in pista Brozovic, De Vrij e Lautaro sia tutto come prima,
perché anche i big dovranno inevitabilmente tirare il fiato.
Lukaku stesso, prima o poi. Quindi il ricorso alle seconde linee sarà forzato e Conte dovrà lavorare su soluzioni di gioco alternative. Oltre al turnover esagerato, quello che ha colpito in negativo è stata infatti l’incapacità di variazioni sul tema: se non fosse arrivato lo sciagurato rigore di Boga, chissà. Discorsi che non sembrano scalfire invece l’Atalanta che gioca come se non fossero trascorsi tre mesi di passione: quattro gol al Sassuolo, tre alla Lazio in rimonta, e il paradosso di una condizione arrivata forse troppo presto. Nessuno le toglierà la prossima Champions, anzi, fossimo nell’Inter, daremmo uno sguardo allo specchietto retrovisore.
Ma poi a metà agosto ci sarà “questa” Champions, con formula a gare secche che può sconvolgere qualsiasi previsione e scala di valori. Quello dev’essere l’obiettivo: essere realisti e chiedere l’impossibile.
Anche perché recuperare 12 punti in 11 giornate alla Juve, con Inter e la Lazio di mezzo, non è uno scherzo, pur continuando a correre su questi ritmi e giocando, riconosce il Gasp, “anche senza bisogno dell’allenatore”. Ma l’Europa quest’anno potrebbe essere più democratica.