La Gazzetta dello Sport

NATO POVERO, UN LOTTATORE HA L’OSSESSIONE PER IL GOL

L’attaccante che piace al Napoli, da bambino cercava scarpe da calcio nelle discariche di Lagos. Drogba era il suo idolo

- di Alessandro Grandesso - PARIGI

Nella grande discarica a cielo aperto di Lagos, in Nigeria, ci andava a caccia di scarpe da calcio. Dalle montagne di immondizia a volte ne usciva con un paio ricomposto di marche differenti, da rattoppare, ma buone lo stesso per giocare per strada. E soprattutt­o per sognare: una vita migliore, una vita da bomber. Come il suo idolo Drogba. Comunque da attaccante, per fare gol e fuggire dalla miseria in cui è cresciuto, orfano di madre, costretto a vendere bottigliet­te d’acqua per sopravvive­re. Quella vita di ristrettez­ze in uno dei quartieri più malfamati della megalopoli nigeriana, è ormai lontana per Victor Osimhen, 21 anni, rivelazion­e del Lilla nell’ultima stagione di Ligue 1 conclusa con 13 reti. Avrebbero potuto essere molte di più se la pandemia non avesse chiuso il campionato a 10 turni dal termine. In ogni caso, a Gattuso sono bastati.

Battaglia

Il coetaneo di Mbappé ha tutto per piacere a Rino. A cominciare dalla mentalità, forgiata per strada, in uno dei quartieri più violenti di Lagos, con il pallone come unica speranza per venirne fuori. Fin dall’infanzia, quando a sei anni perse la madre e subito dopo il padre rimase senza lavoro. Con due fratelli e quattro sorelle, il piccolo Victor condividev­a un’unica stanza in una delle baracche e vendeva acqua agli automobili­sti per racimolare qualcosa: «Di sera – ha raccontato a France

Football – mettevamo le monete sul tavolo e poi cercavamo di sfamarci. La mia è stata una battaglia per sopravvive­re».

Cammino

L’abitudine di battersi per conquistar­si tutto ha permesso a Osimhen di tracciare il suo cammino. Dalle partitelle per strada al Synergy Ultimate Strike, tra insulti e gomitate dei più grandi, dove andò a pescarlo l’ex blaugrana Amunike per il Mondiale U17 del 2015, vinto da capocannon­iere con 10 reti. Abbastanza per destare l’attenzione dei club europei. La spuntò il Wolfsburg, ma al suo arrivo, nel gennaio del 2016, era cambiato tutto lo staff e Osimhen si ritrovò senza certezze. Gli infortuni e pure un attacco di malaria spinsero i tedeschi a liberarsen­e. Dopo gli approcci sfumati con Zulten-Waregem e Bruges, si fece avanti il Charleroi. Una nuova rinascita, con 19 reti per l’approdo infine al Lilla, la scorsa estate, da erede di Pépé, passato all’Arsenal per 80 milioni.

Gioco

In Ligue 1, Osimhen, costato solo 12 milioni, ha subito dato spettacolo, facendo dimenticar­e pure Leao, andato al Milan, e facendo valere fisico, velocità e potenza. «Posso giocare da punta unica, ma sono più efficace a due», spiega il nigeriano che dopo ogni gara analizza le sue prestazion­i in video e spesso rimane a lavorare ancora ad allenament­o concluso. Nell’annata in Francia ha migliorato anche la resistenza nei contrasti e alle provocazio­ni: «Ho cominciato a variare il mio gioco, moltiplica­ndo le chiamate, spostandom­i sulle fasce. Non sono uno che resta piantato in area, preferisco creare spazio. Poi conta il gol, per me un’ossessione. Quando segno, tutto diventa più semplice». La sua vita lo prova.

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