Roma, ci vuole il terzo Fonseca per risollevarsi
La vita, in fondo, spesso è questione d’identità. Da buon portoghese, l’impressione è che Paulo Fonseca lo sappia bene, anche sulla scorta del suo connazionale più famoso nel mondo delle lettere, Fernando Pessoa (FP, stesse iniziali invertite) che nelle sue opere scelse di avere 136 nomi diversi in cui identificarsi. A Roma abbiamo conosciuto per adesso due tipi di Fonseca. Il primo è stato quello intelligente ed elegante che ha sedotto l’universo giallorosso con una cortesia non banale, conquistando anche i cuori dei suoi giocatori attraverso un calcio coraggioso e spettacolare, anche se a volte rischioso. Il secondo invece, spuntato all’alba di questo malinconico 2020 che gli ha regalato per lo più amarezze, è quello apparso un po’ confuso, senza gli abituali punti di riferimento neppure in squadra. Ecco, adesso per lui è il momento di far vedere una nuova identità. Decisa, leaderistica, dai tratti vincenti. Fonseca è troppo intelligente per fidarsi dei “peana” che fino a pochi giorni fa gli ha riservato James Pallotta, perché con i presidenziali elogi pubblici e privati – che hanno preceduto divorzi più o meno dolorosi – Zeman, Garcia, Spalletti, Di Francesco e Ranieri potrebbero riempire un libro. Il futuro è qui e adesso. Una Roma così ricca di talenti (sia pure un po’ giovani e un po’ usurati) non merita distanze siderali dai vertici di campionato o, ad agosto, una Europa League vissuta da cenerentola fra le grandi. Per questo c’è bisogno che Fonseca trovi un’altra versione di sé. Se lo farà, ritroverà un nuovo inizio. Il terzo. Forse il migliore.