Dybala, Sanchez & Co. i rinati del dopo Covid
Adesso che Dybala è diventato la vera differenza della Juve – e anche una gioia per gli occhi di tutti – sembra quasi surreale pensare che è ancora in bianconero perché si era messo ostinatamente di traverso. Volevano sbolognarlo. Nella scorsa estate, la Juventus ci aveva provato con Tottenham, Paris Saint-Germain, Manchester United. E lui, niente. Testa dura. Si era ripresentato alla Continassa per giocarsela. Come i salmoni s’è sfiancato per risalire la corrente. La pandemia l’ha travolto, tipo cascata. Ma Dybala ha vissuto il passaggio del Covid come fosse un trampolino. Si è ammalato, è guarito, è tornato più forte di prima. La sua storia somiglia a quella di una rinascita ed è in sintonia con quella di altri campioni o aspiranti fuoriclasse che sembravano perduti, almeno per il nostro calcio. Penso subito ad Alexis Sanchez, un ragazzo triste secondo la tesi di José Mourinho. Mi viene in mente Lucas Paquetà, potenziale piccolo prodigio brasiliano, a lungo disperso – senza più un riferimento – nell’infelice Milan del dopo Leonardo. E ci sono altri esempi. Uno è il messicano Hirving Lozano: Carlo Ancelotti l’aveva accolto a braccia aperte a Napoli, anche come alternativa a Lorenzo Insigne; poi si era ritrovato in un buco nero dopo il cambio di panchina e l’arrivo di Gattuso. Pareva perduto anche Fede Bernardeschi e si è abbastanza ripreso. L’elenco continua, naturalmente. Mi convince, in particolare, il percorso di Giovanni Simeone. Il Cholito era partito brillantemente, in autunno, nel Cagliari di Rolando Maran, salvo poi spegnersi come una candela chiusa nello spazio di un ambiente a cui manca l’ossigeno. Con l’arrivo di Walter Zenga e il lungo lockdown da coronavirus è scattato qualcosa. Simeone si è messo a lavorare in modo sistematico per sessanta giorni. Durante la quarantena ha fatto un quintale di esercizi, dal potenziamento agli scatti, per ritrovare il giusto punto di equilibrio tra rapidità e potenza che sin dagli anni nel River Plate l’ha reso differente dagli altri attaccanti. Il risultato è super: quattro gol in quattro giornate dalla fine del coprifuoco.
Stiamo parlando di rivincite, riscatti, resilienze, rimonte. Stiamo raccontando storie di protagonisti del calcio che hanno saputo trasformare l’apnea e la lunga quarantena da Covid in una straordinaria opportunità di rilancio. Quello visto nell’Inter, l’altro giorno contro il Brescia, somiglia molto al Sanchez dell’Udinese e del Cile campione d’America, un lampo di “maravilla” anche se non è più un ragazzino. Il periodo d’oro con il Barcellona nella Liga e con l’Arsenal in Premier resta lontano, però Antonio Conte può rigenerare il vecchio “Niño” come dimostrano gli ultimi match. Vedremo come svolta la trattativa con lo United, dove Sanchez dovrà tornare a fine prestito, dopo la partita col Getafe in Europa League. Per sette volte su dieci, i gol di Paulo Dybala hanno sbloccato uno 0-0 della Juve, e dunque pesano tremendamente. Paquetà, invece, deve ancora segnare col Milan in questa stagione. Fare gol non è il suo mestiere, però deve incidere di più per il suo potenziale tecnico e per quanto è stato pagato. Nelle ultime apparizioni, quando Stefano Pioli l’ha chiamato in causa, Paquetà ha dimostrato di essere pronto. È già un salto di qualità, se non proprio una vera rinascita. La strada è lunga, c’è profumo di nuovi contratti, servono conferme. Però da Dybala in giù si può dire che, in fondo, i mali non arrivano solo per nuocere. Non solo.