MAI TANTI TIRI DAL DISCHETTO E QUELLI PER “MANI” OGGI SONO UN TERZO
Siamo a 152 (il primato era 140 in 38 turni), dei quali 46 per tocchi vietati. Le regole? No. Più che altro il ricorso alla Var. Ma in Europa...
Non può essere questione di nuove regole, perché le regole non sono cambiate. Se in questa Serie A i rigori si sono moltiplicati — l’impressionante cifra di 152 in 30 giornate — la spiegazione dev’essere un’altra. E molto probabilmente ha a che vedere con la Var e con l’uso più frequente che se ne fa in Italia. I dati europei delle Leghe top non sono infatti univoci: per una A e una Liga in cui aumentano i tiri dal dischetto, ci sono Francia, Inghilterra e Germania in forte calo. Malgrado la Var. Chi ha ragione?
Più rigori: verso 190?
Non è questione di ragione o torto. E non è neanche escluso che i difensori italiani possano avere un atteggiamento — postura del corpo e uso delle braccia meno “naturale” — che favorisce i rigori. Comunque i numeri (sebbene, come sempre, da interpretare) indicano un trend indiscutibile: siamo a 152 rigori in 30 giornate, in media 5 a turno. Mancando 8 giornate alla fine, si potrebbe arrivare a 192. Rispetto ai tornei con 38 giornate non c’è proprio gara: la miglior prestazione recente risale al 2016-17, con 137 tiri dal dischetto. Ma il record assoluto apparteneva al campionato 1949-50: 140 rigori in 38 giornate. Polverizzato.
1891, tutto comincia
Ne sarà fiero, dovunque si trovi, l’”inventore” del rigore: William McCrum, irlandese, portiere, membro della federcalcio di Dublino, giocava nel Milford Everton ed era preoccupato sia dai troppi falli di mano vicini alla porta sia dall’irruenza dei suoi difensori. Propose allora la novità che debuttò ufficialmente il 14 settembre 1891. Il tiro di Health (del Wolverhampton) per la cronaca finì in rete.
Più rigori per “mani”
Seconda statistica e neanche questa contestabile: l’aumento ancor più netto dei rigori per fallo di mano. Quest’anno siamo già a 46 su 152 (il 30,26%). Stessa media dell’anno scorso (30,33%). E migliore di quella del 2017-18 (24,6%). Guarda caso: i tre campionati con la Var. Se andiamo a quelli precedenti e pre-tecnologici, non si superava il 18%, aggirandosi sul 1516%. Insomma, la Var ha cambiato qualcosa.
Europa, dati diversi
Però non può essere soltanto questione di tecnologia. Uno sguardo ai campionati europei top nelle ultime due edizioni, in piena era Var, confonde. La Spagna cresce, anche se non al ritmo dell’Italia (dai 130 dell’anno scorso ai 137 della stagione in corso). Meno rigori invece in Inghilterra (da 103 a 77), in Germania (da 91 a 73, dato finale) e in Francia (da 139 a 89, torneo sospeso in anticipo). E quindi?
Come cambia la Var
E quindi sembra più che altro una questione di uso e interpretazione della Var. In Italia, e in percentuale più bassa in Spagna, gli arbitri sono soggetti a pressioni più forti che nei paesi del nord. I nostri fischietti, criticati per aver ignorato rigori o per non aver consultato il video, quest’anno sembrano decisi a non lasciare niente d’intentato. Potrebbe trattarsi di un adeguamento alle aspettative dell’ambiente. Qualche interpretazione è stata discutibile, ma il bilancio è tutto sommato positivo. E quello che conta veramente è che il rigore fischiato sia rigore (o viceversa). Prendiamo l’Inghilterra: lassù l’arbitro aspetta che il Var dia indicazioni, e inoltre un rigore dato/non dato viene dimenticato prima dai tifosi.
L’articolo 12
La svolta Da noi, il ricorso alla tecnologia e l’interpretazione degli arbitri
Il “mani” Oggi è la regola di più difficile applicazione. Ma non è cambiata
Un errore invece sarebbe attribuire l’aumento dei rigori per “mani” al regolamento. L’articolo 12 non è cambiato, è stato riscritto e “semplificato” dal Board quest’anno. Le uniche novità sono il “mani” con il quale è vietato far gol (volontario o meno), e l’aver codificato che la volontarietà non è più indispensabile (ma di fatto era già così). La verità è che. risolto ormai il fuorigioco, il fallo di mano è oggi la regola di gran lunga più difficile da interpretare. E applicare.