Il boom dal dischetto? Semplifichiamo la Var
Fuor di metafora, questa rubrica che si intitola “Calcio di rigore” oggi proprio di calci di rigore si occupa. Della proliferazione dei rigori in Serie A. Una germinazione non propriamente spontanea che ha trovato terreno fertile nel calcio del dopo Covid, che sembra essere disperatamente a caccia di gol per risvegliare interessi un po’ sopiti. Se prima dell’interruzione per pandemia la media di reti per partita era di 2,91, dopo la ripartenza è salita a 3,48. Così come la media rigori concessi era di 0,47 a partita prima dello stop ed è di 0,70 adesso. Un doppio dato che fa riflettere, perché poco spiegabile con tutti i bei ragionamenti sulle difficoltà di giocare ogni tre giorni o sulle differenze di motivazioni in assenza di pubblico. Ma si trovano altri numeri che sorprendono nella bella pagina della Gazzetta di ieri curata da Fabio Licari. Due su tutti: il clamoroso aumento attuale dopo che nei primi due anni di Var i rigori assegnati erano stati in linea con le stagioni precedenti e la differenza fra Italia e resto d’Europa, in nessun altro campionato che conta c’è stato un simile boom. Ecco perché dire che c’è più rigore causa Var è semplicistico.
L’impressione semmai è che per paura di essere contraddetti dal video gli arbitri siano diventati tutti un po’ più severi. Troppe volte vengono puniti interventi tutt’altro che volontari, contrasti nella norma se si considera lo spirito del gioco, ma che ingigantiti dal microscopio dell’occhio tecnologico finiscono per sembrare irregolari. Non è solo un problema di falli di mano: in questo caso, ci si è messa anche l’Ifab, il legislatore del pallone, quando ha stabilito che la volontarietà non era più requisito indispensabile per sanzionare l’infrazione. Ma i rigori fischiati per tocchi di mano o di braccio non sono più di un terzo del totale.
È che si sta verificando quella che era forse la maggiore preoccupazione degli arbitri costretti improvvisamente a convivere con la tecnologia, e cioè che il Var diventasse una sorta di moviola in campo. Ebbene, è proprio così. Qualsiasi video review stabilisce che persino una pestata di piedi fra due avversari che si stanno contendendo, guardandolo, un pallone aereo diventa intervento falloso. Il calcio è uno sport di contatto e tale resta anche in epoca di distanziamento sociale: il difensore ha sempre fatto sentire il proprio corpo all’attaccante senza per questo essere automaticamente sanzionato. Poi, per fortuna o per sfortuna, capita che il Var a volte intervenga o a volte no. Ci raccontano che dipenda dal protocollo, ormai diventato una figura mitologica, in realtà una sorta di camicia di forza della ragionevolezza, cucita su misura di ogni singolo arbitro. Nello stesso campionato abbiamo visto una chiamata Var arrivare per un pallone che aveva sfiorato i polpastrelli della mano di un difensore, ma non per cancellare un rigore assegnato nonostante l’attaccante si fosse evidentemente lasciato cadere addosso al portiere avversario in uscita. Se non si fa chiarezza su come usare la tecnologia (verificare sempre? introdurre la chiamata degli allenatori?) meglio adottare il sistema inglese, dove il Var interviene, fuorigioco e palloni usciti a parte, solo su chiaro ed evidente errore. Così chiaro ed evidente che l’arbitro di campo non deve nemmeno correre a rivedere l’azione, accetta il richiamo e la fa suo.
Forse in Italia servirebbe un decreto semplificazioni anche per l’uso del Var…