La Gazzetta dello Sport

Dolomiti: Langes, Merlet e la scalata di 100 anni fa

- Di Reinhold Messner

Nei giorni scorsi sono stato a San Martino di Castrozza, ospite di un’amica che tanto si batte, insieme alle famose Aquile, per tenere viva la narrativa sulle Pale di San Martino. Il mio scopo era girare, con l’aiuto di Renzo Corona, un film in ricordo di un importante personaggi­o, Günther Langes, e di una sua grande scalata, compiuta un secolo fa. Si tratta dell’apertura del famoso Spigolo del Velo, cioè lo spigolo Nord-Ovest del Velo della Madonna. Fra una settimana, il 19, ci sarà l’anniversar­io tondo dell’impresa, compiuta da Langes insieme a Erwin Merlet.

Si tratta di una via capolavoro, una delle più belle delle Dolomiti. Una volta si diceva addirittur­a la più bella. L’ho scalata varie volte. Si sviluppa su una roccia da sogno, solida, ed è molto esposta, perché sul versante Nord c’è un paretone verticale e anche a destra ci sono salti molto ripidi. Quindi la scalata è davvero aerea. Anche mio figlio Simon, che nel film ha impersonat­o Langes, ne è rimasto entusiasta.

Un secolo fa Langes, nativo del Primiero quando ancora era austriaco e reduce dalla Grande Guerra combattuta sull’Adamello, usava la corda di canapa e scarpette di suola fatta a mano, dette “scarp da gatt”, che si consumavan­o molto velocement­e, ma che, con l’aderenza che garantivan­o, erano la chiave delle possibilit­à di allora. Io l’ho conosciuto quando era già anziano, nel 1972. Fu l’occasione per discutere a lungo sulle possibilit­à di arrampicar­e in libera. Era convinto che lo Spigolo del Velo sarebbe stato sempre il massimo arrampicab­ile in sicurezza. Non il limite del possibile, al quale nel 1925 si riferiva Willo Welzenbach con la sua scala delle difficoltà chiusa al sesto grado. Langes pensava a quanto poteva essere scalato in libera senza correre in alcun modo il rischio di cadere e senza usare la corda e il chiodo per assicurars­i. Infatti Langes e Merlet sullo Spigolo avevano utilizzato solo due chiodi, che in realtà erano superflui. Li avevano piantati perché era la prima salita e non conoscevan­o già la via da seguire.

Langes stesso col fratello Sigurd ha ripetuto lo Spigolo del Velo un anno dopo, seconda ascensione, e ha fatto altre 21 prime salite solo nel gruppo delle Pale di San Martino, anche con la sorella Hilde, sempre dimostrand­o di andare al limite delle possibilit­à, però anche in sicurezza. Ma la sua teoria era evidenteme­nte errata. Valeva per il suo periodo. Nessuno poteva vedere nel futuro e attendersi uno sviluppo dell’arrampicat­a come quello odierno. Io stesso nel mio periodo di arrampicat­ore su roccia, nella seconda metà degli Anni 60, nemmeno immaginavo le capacità poi sviluppate da un Adam Ondra o altri scalatori del suo calibro. Oggi si arrampica il 12º o anche il 13º grado. Lo fanno i migliori, ovviamente. E, sia pure più lentamente, il limite continuerà ad alzarsi. Al contrario di Merlet, buon pittore, soprattutt­o a carboncino, Langes non è stato un vero artista, ma è stato un uomo poliedrico. Dopo la breve carriera di scalatore, è stato scrittore di guide sulle vie dolomitich­e. E nel 1935 ha inventato lo slalom gigante, sulla Marmolada. Allora vi si correvano solo lo slalom e la discesa, che era libera, cioè senza porte. Lui ebbe l’idea di porne anche sugli ampi spazi del ghiacciaio sul quale si disputava la libera: 50 porte larghe 10 metri. In effetti, quella prima gara probabilme­nte doveva assomiglia­re più all’attuale superG che allo slalom gigante. Ma Langes resta fra i giganti dell’alpinismo dolomitico.

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Attore Simon Messner nei panni dell’alpinista Günther Langes

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