La Gazzetta dello Sport

Conte soffre l’Europa L’Inter ha troppo stress e poca fantasia

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ual è la reale dimensione di questa Inter? Rimane nascosta in un labirinto. Balla tra la poderosa forza offensiva calata giù in campionato, soprattutt­o contro le squadre medie e piccole, e l’impotenza esibita sul palcosceni­co della Champions. Non si avvertono progressi sensibili, non si capisce se c’è ancora qualcosa che sta coagulando. Se deve farlo, se può. Si respira un’esitazione di fondo, come davanti a un’impasse, a un guado. Ci si aspettava di più. Resta qualcosa di inadeguato. “Non siamo una grande squadra”, ha ammesso Lukaku parlando della prima ora di calcio giocata col Torino. Il Real ha dimostrato che le sue parole

Qnon erano un bluff. La partita di questo pomeriggio col sorprenden­te Sassuolo di De Zerbi non è, dunque, banale: può essere uno svincolo importante per i nerazzurri. Nei top club della sua vita, Conte ha costruito i successi quando non c’era di mezzo l’intralcio dell’Europa. Potersi concentrar­e su un solo obiettivo e lavorare a tempo pieno è stato decisivo. Il pressing tattico e mentale aveva funzionato perfettame­nte nella Juve, quasi dieci anni fa. In fondo a un testa a testa col Milan (di Allegri, toh) era arrivato lo scudetto. Stesso risultato quattro stagioni fa nella Premier col Chelsea, contro avversari super tipo il City di Guardiola e il Liverpool di Klopp. La differenza sta nel secondo anno di stress, con la Champions tra i piedi. A Torino, Conte aveva consolidat­o il successo. A Londra, invece, l’ex citì era precipitat­o al quinto posto della Premier. La vittoria nella Fa Cup non bastava a compensare l’esclusione dalla Champions. Ci sono delle costanti e qualche variabile. A Milano, nella complicata stagione scorsa, Conte ha lavorato alle fondamenta della sua Inter giocandoci sopra in Champions. I risultati – e la qualità del calcio esibito – sono quelli che sappiamo, non esaltanti. In ogni caso si era avvertito uno scatto, una base di partenza sulla quale continuare a costruire. Si pensava che Conte avesse capito cosa aggiungere e che cosa togliere dal suo meccanismo, per farlo funzionare meglio. Credo che l’impasse sia proprio questa. Invece di andare avanti, l’Inter sta tornando indietro, stressata dai suoi limiti, dall’usura e da qualche equivoco importante (Vidal non è l’unico). Il rischio è una deriva tipo quella del Chelsea stagione 2017-18, prima che la squadra fosse consegnata a Sarri. Più di altri allenatori, Conte ha bisogno di giocatori disposti a essere plagiati calcistica­mente. Con lui non basta obbedire e questo già segna un primo confine nella squadra. L’altro è dato dalla qualità: ci sono molti muscoli e poco genio alle spalle della trazione anteriore dei Lukaku e Lautaro. Muscoli che propongono un gioco prevedibil­e e non proteggono abbastanza Bastoni e gli altri della difesa. Come mai la luce degli Eriksen e dei Sensi non ha spazio? Ormai è una domanda retorica. Le risposte arriverann­o dal campo.

Inter e Sassuolo hanno segnato gli stessi gol (20, più di tutti in A) e avrebbero anche gli stessi punti se Conte avesse vinto il derby col Milan anziché piegarsi al genio di Ibra e al gioco di Pioli. La differenza sono le reti incassate, il Sassuolo ne ha subite 4 in meno. All’Inter serve una scossa, un segnale importante: chissà se Lukaku pareggerà il conto.

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Testa Antonio Conte. 51 anni, tecnico dell’Inter per la seconda stagione
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