MARAINSIGNE
Punizione-gol e dedica a Diego Omicidio colposo per il medico
Con questa maglia non poteva che essere un tango pieno di virilità e di malinconia a restituire al Napoli vittoria e consensi, gol e conforto dopo la commozione. Gli azzurri vestiti come l’Argentina, in uno stadio vuoto di persone ma pieno di cuori, pieno di Maradona. Ed è sempre presente Diego nell’arena che prenderà il suo nome al posto del santo. Nei canti da fuori e nelle dediche dentro, quando segna Insigne, su punizione arcuata, ovvio, e va a prendere la sua maglia. Ma anche quando raddoppia Fabian Ruiz è un colpo di tacco volante “argentino” di Mario Rui a far filare l’azione. E vedere il 4-0 di Politano, che “attraversa” quattro avversari prima di dribblare anche il portiere. Occhi che piangono nel ricordo, però corpi che fremono tranne al minuto dieci, tutti fermi per un’altra dedica. Ma poi il Napoli si rialza dopo due sconfitte interne di fila in campionato, con i malumori, le parole a ghigno spianato. Si rimette in piedi anche in classifica, inserendosi nel gruppo delle inseguitrici al Milan, cui Gattuso fa un altro involontario piacere dopo quello di domenica scorsa.
I motivi
Forse per rispetto, ma più che altro per stanchezza fisica e mentale, la Roma non si presenta proprio: è la prima sconfitta stagionale sul campo, arriva dopo cinque successi consecutivi. Un solo tiro in porta, il primo calcio d’angolo dopo quasi un’ora, mentre il Napoli era già a dieci. Nessuno da salvare, tra i romanisti, e anche la zavorra di due infortuni già nel primo tempo (Mancini e Veretout). Gattuso torna sui sentieri del passato, sistemandosi a 43-3 e difendendo spesso a 4-14-1. Ma il successo non è soltanto una questione tattica. Motivazioni e voglia di vincere sono abbondanti, schiacciano il fragile impianto giallorosso. Senza Osimhen, Mertens è un centravanti che sa cercarsi gli
In gol anche Fabian (da fuori), Mertens e Politano nella notte dedicata al “10”. Uno show al quale i giallorossi assistono senza mai reagire
spazi fuori area per poi entrare in velocità e mandare in ansia soprattutto Ibanez. Senza Bakayoko c’è Demme, che di nome fa Diego e indovinate perché: lui oscilla fra i tocchi corti e il sostegno continuo, Zielinski e Ruiz cercano anche il corridoio per le punte e il secondo, meno preciso, si fa però applaudire per la rete del 2-0.
Napoli deciso
Sono diverse le oscillazioni degli esterni. Insigne a sinistra “entra” nel campo, apre il binario a Mario Rui per portarsi anche a concludere, oppure cerca di suggerire per l’altro lato. Lozano invece punta più l’avversario, va in profondità, guadagna falli e corner (non sfruttati). Il mini attacco è superiore ai rivali sul breve e anche sul lungo: la punizione di Insigne che fa gridare a Diego nasce da un fallo di Ibanez su Mertens, ma prima da un recupero di Lozano vicino alla sua area: il senso del sacrificio non manca. Come la capacità di ribaltare il campo, vedi il suggerimento del capitano per Fabian o la ricerca della rete di Mertens, a quota 129 in azzurro, quando i giochi sembrano chiusi ma Mirante non blocca un tiro di Elmas.
Roma a picco
Proprio a Napoli Fonseca perse per l’ultima volta in campionato, 16 partite fa, era il cinque luglio e l’allenatore varò la sistemazione difensiva con tre centrali che adesso veniva indicata come modello del successo personale (saper cambiare idea) e di squadra (adattamento alle qualità collettive). Ma la Roma perde del tutto l’immagine della sicurezza forse perché manca ancora Smalling e perché salta pure Mancini. È anche troppo passiva a centrocampo e non innesca il trio avanzato con il rientrante Dzeko (un solo tiretto) che non ha aiuti da Mkhitaryan e Pedro, molto al di sotto dei livelli eccelsi recenti. Anche i cambi nella ripresa, con Cristante che sale a centrocampo (difesa a 4), Mkhitaryan e poi Mayoral che provano da centravanti, non fanno cambiare l’umore a Fonseca. Sembra davvero che ai giallorossi sia arrivata addosso di colpo tutta la fatica di un periodo felice. Il Sassuolo domenica dirà se è stata soltanto una notte storta.
Il solito Dries Senza Osimhen l’attacco è sulle spalle del belga: sempre decisivo
Trasferta nera Sempre a Napoli Fonseca aveva perso l’ultima volta in A