La Gazzetta dello Sport

Il vero Pallone d’oro a partire dal 1956: due a Diego e 7 a Pelé

- di Alessandro Grandesso PARIGI

Nuovo albo d’oro

France Football rende omaggio al “10” rivisitand­o le vecchie regole

Un campione assoluto lo si misura anche dai trofei vinti. E in particolar­e da quello più ambito da ogni giocatore. Quel Pallone d’oro che Diego Armando Maradona non ha mai sollevato. Come Pelé. Uno nella bacheca dell’argentino in realtà c’è, ma è una sorta di laurea honoris causa, attribuita­gli nel 1995, quando il premio di France Football fu aperto anche ai non europei, purché giocassero nel nostro continente. E solo dal 2007 fu esteso ai fuoriclass­e del resto del mondo. Il trofeo vero, in quell’anno di svolta, andò al rossonero George Weah. Al Pibe de Oro fu riconosciu­to il segno lasciato nella storia del calcio. Un privilegio poi concesso anche a Pelé, nel 2014. Il settimanal­e francese però ha voluto rendere giustizia, almeno teorica, a entrambi, rielaboran­do il palmarès dal 1956, con le regole attuali. Maradona allora ne avrebbe vinti due di Palloni d’oro. Meno di Messi (6). Il re resterebbe però il rivale virtuale di sempre: Pelé, con almeno 7 titoli. Ma il paragone rimane comunque falsato.

Corone

La differenza tra i due grandi nomi del firmamento calcistico, infatti, è viziata da altre disparità più o meno evidenti. Lo ammette lo stesso giornale ripercorre­ndo gli anni di Pelé, che di certo avrebbe trionfato nel 1958, dopo la sua prima coppa del Mondo. Il titolo del settimanal­e andò invece al francese Kopa. E poi ancora nel 1959, che premiò Di Stefano, spagnolo di Buenos Aires; nel 1960, anno di Luis Suarez, spagnolo doc. E quindi nel 1961, turno dell’oriundo Sivori. Oltre che nel 1963, da ricordare per l’elezione dell’unico portiere Yashin, sull’onda lunga del Mondiale del 1962, vinto dal brasiliano: il Pallone d’oro andò però a Josef Masopust, un ceco-slovacco, come si diceva allora, primo giocatore dell’Est a imporsi. O Rei avrebbe vinto nel 1964, al posto dello scozzese Denis Law. E avrebbe dovuto essere incoronato pure nel 1970, dopo il terzo titolo planetario. E invece fu il tedesco Muller a raccoglier­e l’eredità di Rivera.

Sfide

Maradona, secondo il riconteggi­o, doveva salire sul gradino più alto nel 1986, quando entrò nella storia anche con la «mano de dios» all’Inghilterr­a in Messico. Il premio andò invece al russo, anzi sovietico Igor Belanov, con 22 punti in più del britannico Lineker, mettendo fine al regno triennale di Platini. Le «roi» della Juventus si ritirò l’anno seguente, abolendo così la spettacola­re rivalità con Maradona, che aveva la A come palcosceni­co. La stella del Napoli quindi avrebbe dovuto brillare su tutti di nuovo nel 1990. Nonostante la sconfitta in finale del Mondiale italiano, con la Germania di Matthaus, premiato appunto in sua vece. Anche se, sottolinea il giornale di Parigi, il tedesco dell’Inter non fu irresistib­ile quanto l’argentino che tra l’altro aveva costretto alla genuflessi­one pure il Milan degli olandesi, vincendo lo scudetto. In fondo sta proprio qui la grande disparità con Pelé, magari più prolifico di Maradona (757 gol a 346, tra nazionale e club), ma in tempi in cui gli avversari erano palesement­e solo suoi sudditi. Mentre l’argentino, spiega France Football, dove vedersela con gente di pari lignaggio nel nostro campionato, il top all’epoca: da Platini a Rummenigge, da Gullit a Van Basten. Lo stesso Pibe de oro, a suo tempo ristabilì la sua verità in un’intervista al settimanal­e d’oltralpe: «Se avessi potuto concorrere, di Palloni d’oro ne avrei sicurament­e vinti una tonnellata». Dura dargli torto.

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Leggende Diego Armando Maradona (scomparso a 60 anni) con Pelé, 80.

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