La Gazzetta dello Sport

Magni, 100 annidi una leggenda

Eroico e irriducibi­le tra Coppi e Bartali E portò gli sponsor

- di Pier Bergonzi

Nel suo ufficio sopra alla storica concession­aria Opel di Monza c’erano una prima pagina della Gazzetta e una foto di cui Fiorenzo Magni andava particolar­mente fiero. Non perdeva mai l’occasione di ricordarce­lo. Con orgoglio! Nella foto si vedevano, in fila uno dopo l’altro, giganti come Gino Bartali, Fausto Coppi, Hugo Koblet, Ferdi Kubler, Luison Bobet, Rik Van Steenberge­n e lui, Magni: tutti insieme al Giro d’Italia del 1951. La prima pagina della Gazzetta incornicia­ta era quella dell’11 giugno 1951 con una sola immagine, la sua in maglia rosa nel giro d’onore al Vigorelli, e un titolo a tutta pagina che dice: “Milano acclama Fiorenzo Magni vincitore del XXXIV Giro d’Italia” con le firme di Giuseppe Ambrosini, Gianni Brera e Guido Giardini. Sotto, di taglio basso, un piccolo titolo sulla squadra che ha appena vinto il campionato di calcio: “Al Milan lo scudetto tricolore”... Una foto e una prima pagina che raccontano meglio di ogni parola quell’epoca straordina­ria del nostro ciclismo e dei suoi protagonis­ti. Domani Fiorenzo Magni avrebbe compiuto 100 anni. Era nato il 7 dicembre 1920 a Vaiano, una frazione di Prato. È morto nel 2012, in Brianza, la sua seconda patria, quando aveva 91 anni portati con eleganza e straripant­e personalit­à. Per la storia dello sport è stato il “terzo uomo”, stretto nella morsa dei leggendari Bartali e Coppi. Ma nessuno è stato, complessiv­amente, così importante per il ciclismo. Come fuoriclass­e è stato capace di vincere tre Giri d’Italia, tre Giri delle Fiandre, tre campionati italiani, tre Trofei Baracchi...Ma è stato anche il primo a mettere il nome di uno sponsor (la Nivea) sulla maglia, è stato un ottimo imprendito­re, un buon presidente dei corridori e poi della Lega. È stato il volto più autorevole del nostro ciclismo dal Dopoguerra in poi. Anche negli ultimi anni di vita, quando il ciclismo usciva dalla prima pagina e non aveva quello che lui riteneva lo spazio adeguato, chiamava i direttori della Gazzetta per difendere quello che considerav­a il “suo” sport. L’ultima sua sfida, vinta, è stato il Museo del Ghisallo, per il quale si è speso (e ha speso) personalme­nte perché lo considerav­a come una sorta di testamento. Difficile trovare un altro campione che abbia attraversa­to tutto il ‘900, non solo sportivo, con la centralità e l’impegno di Fiorenzo Magni.

Gli inizi

Nasce a Vaiano, nemmeno mille abitanti, alle porte di Prato. Papà Giuseppe ha cavalli e un’azienda di trasporti a cavallo. Muore a 47 anni, travolto da un’auto a Fornaci di Usella. Fiorenzo ha 17 anni e rimane con la mamma Giulia e la sorella Fiorenza. Va in bici già da 4 anni e se la cavava così bene che la famiglia gli aveva comprato una Coveri, specialiss­ima prodotta a Prato dal papà dello stilista Enrico. A 18 duella spesso con Alfredo Martini (più giovane di due mesi) e diventa il migliore dei dilettanti italiani. Sogna il passaggio al profession­ismo, che avviene con la Bianchi nel 1942, ma la Guerra impone lo stop. La Guerra cambia il mondo e gli uomini. Impone scelte drastiche. Divide. C’è chi va in montagna coi partigiani a lottare con la Resistenza, Magni sta dall’altra parte. E alla fine della Guerra lo accusano di aver partecipat­o a un raid nel quale è rimasto ucciso un partigiano. Lo processano nel 1947 e lui chiama a testimonia­re in sua difesa Gino Bartali e Alfredo Martini. Quest’ultimo, comunista puro, si presenta e lo racconta come avversario leale e di grande umanità. La sua deposizion­e è decisiva. Magni viene assolto, ma perde praticamen­te tutta la stagione 1947. Martini diventerà uno dei suoi più preziosi compagni di squadra, poi il più vincente c.t. della Nazionale di ciclismo e il suo più grande amico.

Tre Giri

Passista veloce, attaccante nato, Magni è riuscito a conquistar­e tre volte la maglia rosa, nell’epoca di Bartali e Coppi, grazie al coraggio e alla fantasia. Perdeva sulle grandi salite, ma era capace di recuperi da antologia in discesa. Secondo molti è stato il più grande discesista di sempre, o comunque se la gioca con Koblet e Moser. Al Giro del 1948 Coppi lo aveva staccato sulle Dolomiti, ma Fiorenzo con discese a tomba ap erta rientra prima dell’arrivo di tappa a Trento e va in rosa. La Bianchi di Coppi accusa Magni di essere stato spinto sul Pordoi (viene penalizzat­o di 2’) e si ritira. Fiorenzo vince il suo primo Giro con 11” su Cecchi. Fa bis nel 1951 con 1’46” su Rik Van Steenberge­n e 2’36” su Ferdi Kubler. Coppi è quarto. Ma il capolavoro lo firma con il tris del 1955. A due tappe dall’arrivo di Milano, in maglia rosa c’è Gastone Nencini. Le montagne sono alle spalle e i giochi sembrano fatti. C’è ancora la Trento-San Pellegrino, prima della passerella finale, e Magni non si arrende. Chiede a Martini, suo compagno di stanza, di avvisare tutti i gregari di un possibile attacco in discesa subito dopo uno strappo nella zona di Brescia. Magni si fa montare le gomme pesanti e in discesa, sullo sterrato, restano con lui soltanto la maglia rosa Nencini e Coppi. Il leader fora... Fiorenzo e Fausto non ci pensano due volte: pancia a terra e pedalare. Nencini fora ancora, mentre i due si dileguano e fanno circa 160 chilometri di cronometro a coppie. La radio annuncia che sono in fuga Coppi e Magni, e la gente si riversa sulle strade. Si dice che quella sia stata la tappa più partecipat­a di sempre con un milione di tifo

Leone delle Fiandre

Ma la corsa che più si addiceva al temperamen­to e alle caratteris­tiche di un lottatore come Magni era il Giro delle Fiandre. La vince per la prima volta nel 1949. Alla Wilier Triestina, la sua squadra, il Fiandre non interessa. Ma gli dicono: se vuoi andare vai... E lui ci va, in treno con Tino Ausenda. Cuccette di 2ª classe e bici nel bagagliaio. Hotel della stazione a Gand. Ma in gara è festa: va in fuga, un gruppetto lo raggiunge, batte tutti. In volata. Medita musica e parole anche nel ‘50 e nel ‘51 quando entra nella leggenda con una tripletta che gli vale il soprannome di “Leone delle Fiandre”.

Tenacia

Magni avrebbe potuto vincere anche il Tour 1950, quando la Nazionale (su richiesta di Bartali, preso a sassi e parolacce) decide di ritirarsi mentre Fiorenzo è in maglia gialla. E c’è un 4° Giro che il toscano ha virtualmen­te vinto: quello del ‘56. Magni cade, si rialza, arriva a Bologna con la clavicola fratturata. E il giorno dopo corre comunque la crono del San Luca con una “bindella” di stoffa tra i denti e il manubrio, preparata per lui da Ernesto Colnago, meccanico e amico geniale, per stringere, per non muovere le spalle che farebbero urlare dal dolore chiunque. Fiorenzo finisce quel Giro al secondo posto, dietro a Gaul. E quella sua foto con la striscia di stoffa elastica tra manubrio e denti resta il simbolo di tutte le fatiche del ciclismo, un’icona del coraggio e della tenacia. La cifra stilistica di una leggenda del nostro sport.

Il 7 dicembre 1920 nasceva il campione toscano capace di entusiasma­re con l’astuzia e il coraggio Tre i trionfi al Giro d’Italia e nel Fiandre, ma Fiorenzo è stato grande innovatore e dirigente moderno

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Sul San Luca con la “bindella” 1. È il 1955, velodromo Vigorelli: Fiorenzo Magni può festeggiar­e il suo terzo Giro con Fausto Coppi, il giorno dopo quella tappa leggendari­a di San Pellegrino Terme Giro 1956, sulla maglia il primo sponsor del ciclismo non legato alle bici: Nivea-Fuchs. Con la clavicola fratturata, grazie all’idea di Colnago, suo meccanico, Magni scala il San Luca a Bologna mordendo un pezzo di tubolare Giro delle Fiandre 1949: la corsa dei fiamminghi conquistat­a per la prima volta da un italiano. Magni vince anche nel 1950 e 1951: nasce così “il Leone delle Fiandre” Più di un’amicizia, come due fratelli: Magni in canottiera e Alfredo Martini. Così dovrebbe essere la vita 2. 3. 4.
Una vita di esempio e invenzioni Sul San Luca con la “bindella” 1. È il 1955, velodromo Vigorelli: Fiorenzo Magni può festeggiar­e il suo terzo Giro con Fausto Coppi, il giorno dopo quella tappa leggendari­a di San Pellegrino Terme Giro 1956, sulla maglia il primo sponsor del ciclismo non legato alle bici: Nivea-Fuchs. Con la clavicola fratturata, grazie all’idea di Colnago, suo meccanico, Magni scala il San Luca a Bologna mordendo un pezzo di tubolare Giro delle Fiandre 1949: la corsa dei fiamminghi conquistat­a per la prima volta da un italiano. Magni vince anche nel 1950 e 1951: nasce così “il Leone delle Fiandre” Più di un’amicizia, come due fratelli: Magni in canottiera e Alfredo Martini. Così dovrebbe essere la vita 2. 3. 4.
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si. La tappa va a Coppi e Magni vince il Giro con 13 secondi su Fausto.

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