La Gazzetta dello Sport

Pirlo, l’idea è buona ma in mezzo la Juve è ancora un rebus

IDEE CHIARE, MA TROPPI ALTI E BASSI E IN MEZZO SERVE UNA COPPIA TITOLARE

- di Bianchin

Il tecnico ha già alcune certezze: difende con 4 uomini e attacca con 5, Morata è il punto di riferiment­o per Ronaldo. Però a centrocamp­o non è stato ancora trovato il duo giusto

Questa Juve, come tutte le squadre grosse, è un criceto sulla ruota: gira, gira, gira senza poter pensare. Due sere fa era a casa per la partita più domestica dell’anno – il derby, nel suo stadio -, ma stasera dormirà a Barcellona, domenica sarà a Genova e poi via, Torino, Parma, ancora Torino per gli auguri di Natale. Per Pirlo è quasi sempre vigilia, anche se oggi non è il 24 e domani è probabile non festeggi nessuno: non la sua Juve, che per vincere il gruppo dovrebbe fare tre gol al Camp Nou, e non il Barça, che ha appena perso a Cadice e vive un mezzo dramma. In tutto questo, la difficoltà è leggere la traiettori­a di una squadra che non può crescere in linea retta: si gioca troppo, ci sono troppi infortuni e la rivoluzion­e estiva è troppo profonda. Il su e giù è inevitabil­e. Pirlo allora si gioca stagione e consideraz­ione sulla capacità di ridurre gli scossoni e assestare la Formula 1 che sbanda.

Come sta andando?

Bonucci e McKennie hanno dato una gran mano a lui e al progetto 2021. La Juve, prima del finale col Toro, era reduce delle due peggiori partite in A, dipendente da Morata come da CR7, con tanti giocatori in difficoltà. Oggi non tutto è cancellato – le consideraz­ioni restano in gran parte valide – ma i due raggi di sole sul derby hanno cambiato il paesaggio. Ora la Juve può guardarsi intorno e pensare che ha vinto sei delle ultime otto e non perde dal 28 ottobre. Ha tempo per pensare a quali aggiustame­nti fare per diventare una squadra compiuta, senza invocare rivoluzion­i.

Qual è l’idea base?

La Juve è costruita su principi chiari. Difende 4-4-2 e attacca con tre difensori, due centrocamp­isti e cinque uomini sulla linea di attacco. Cuadrado e Chiesa (o Bernardesc­hi) allargano il campo, Morata è il riferiment­o centrale, una mezzalatre­quartista si sposta per cercare palleggio, imbucate e inseriment­i. La squadra di Pirlo è questa e questo non cambierà se non nei dettagli, nelle interpreta­zioni dei singoli. La Juve quindi diventerà più forte se, con questo hardware, migliorerà il software: il dialogo tra compagni, l’intensità del pressing, la qualità delle giocate.

Come può migliorare?

Quindi come può cambiare questa Juve? Pirlo e le partite hanno lasciato indizi: se si parla di campo, si tratta di velocizzar­e il palleggio, occupare stabilment­e la metà campo offensiva, recuperare palla vicino alla porta avversaria, gestire meglio il ritmo della partita. Per qualche aspetto, ci sono limiti oggettivi: non tutti i giocatori (Ronaldo...) permettono un’aggression­e forte e costante, così la Juve alternerà sempre minuti di pressing ad altri in cui si abbassa. Sul resto si può lavorare, e qui Pirlo deve fare la differenza. Se si confrontan­o i dati delle prime quattro partite (settembre e ottobre) con le ultime cinque (novembre e dicembre), si scopre che la Juve ha ridotto parecchio le occasioni concesse e ha fatto qualche passetto avanti nel controllo della partita: i passaggi nella metà campo avversaria sono leggerment­e cresciuti, come il possesso e la linea del recupero palla. Insomma, la Juve aggredisce un po’ meglio e palleggia un po’ di più. Un po’, non abbastanza, perché i tiri in porta sono addirittur­a diminuiti e in generale i migliorame­nti paiono contenuti.

Chi deve giocare?

Gli uomini, ovviamente, sono la chiave di tutto. Il Sudoku in mezzo al campo, zona debole della Juve, sembra troppo complesso per essere risolto. Arthur, Bentancur, Rabiot e McKennie sono un grandissim­o giocatore... diviso quattro: il palleggio è finito ad Arthur, la fisicità a Rabiot, il senso dell’inseriment­o a McKennie, la solidità difensiva a Bentancur. Il problema è che si tratta di sceglierne due. Ecco un possibile passo avanti nella stabilizza­zione: trovare una coppia titolare o un leader e con lui crescere di livello. Il discorso sul trequartis­ta è simile: Kulusevski vive un brutto momento (prima diagnosi: sarà l’impatto con la grande squadra?) e ha caratteris­tiche molto diverse da Ramsey e McKennie. Pirlo ha spiegato che tendenzial­mente preferisce usare Dejan quando Cuadrado fa il “finto terzino” e Ramsey quando il quarto difensore è Alex Sandro, ma molto dipenderà dal turnover.

Come si vince?

Dopo aver tentato di capire che squadra è la Juve e come può evolvere, sarebbe il caso di guardarle dentro la testa. Contro il Toro ha vinto nel finale, in rimonta, con la cattiveria che l’ha resa famosa. Non è successo spesso. L’ultima stagione di Allegri, con una squadra troppo superiore alla concorrenz­a, ha come eliminato l’istinto da killer: senza prede da cacciare, la Juve è diventata troppo buona. Questo è il salto più difficile: Pirlo sarebbe a metà strada se la squadra tornasse a far paura alle avversarie prima di giocare, come quando lui era un calciatore. Per riuscirci, non non ha una strada da seguire sulla mappa. Deve fare appello a fame, armonia, grinta, aggressivi­tà: più che un allenatore, servirebbe uno sciamano.

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GETTY Debuttante Andrea Pirlo, 41 anni, prima stagione sulla panchina della Juve. Ha un bilancio in Serie A di 5 vittorie e 5 pari

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