La Gazzetta dello Sport

Vettel ciao Ferrari «Schumi il grande Leclerc il futuro»

- di Gasparini

Il tedesco e i suoi sei anni a Maranello: «Schumacher il più grande, mai pensato di eguagliarl­o Leclerc? Farà strada»

Sei anni. Una vita, se parliamo di corse. Domenica sera, ad Abu Dhabi, si chiuderà la lunga storia di Sebastian Vettel in Ferrari. Una storia d’amore - su questo non ci sono dubbi - che ha regalato felicità e sofferenze, come ogni legame intenso che si rispetti. Alla vigilia dell’ultima uscita in rosso, abbiamo intervista­to Seb. Che ha parlato delle stagioni vissute a Maranello, dei momenti più belli, delle persone incontrate, della leggenda del Cavallino. Dimostrand­o grande affetto per gli uomini in rosso, i meccanici in primis, e per gli italiani tutti. E toccando poi argomenti più profondi: dall’impegno contro le discrimina­zioni alla politica, dai social network ai valori da trasmetter­e ai figli. È il momento dei saluti, ma è stato un bel viaggio.

Gli inizi

3Il primo contratto

«Avevo già incontrato anni prima Montezemol­o ma non era il momento giusto, per entrambi. Durante il 2014 ci siamo risentiti, sono andato a casa di Marchionne in Svizzera, abbiamo parlato e ci siamo fatti la “promessa di matrimonio”. L’accordo vero e proprio l’ho negoziato con Mattiacci, l’allora team principal. L’idea era quella di cominciare una nuova era in Ferrari, e mi piaceva farne parte».

3 Il colore rosso

«Ricordo la prima volta in cui abbiamo parlato della tuta, la proposta iniziale per il 2015 prevedeva fosse metà bianca e metà rossa per la partnershi­p con Philip Morris. Ma io la volevo di un solo colore, e alla fine è andata così. Indossarla è stato speciale. Non puoi andare in giro per strada vestito interament­e di rosso, ma se metti la tuta del Cavallino cambia tutto: ero emozionato e molto orgoglioso». 3Maranello

«C’ero stato da bambino ma il primo momento vero, da pilota, è arrivato a fine novembre del 2014 quando ho potuto fare qualche giro a Fiorano con la monoposto vecchia. Lì sono entrato a far parte della scuderia, non era solo una visita alla fabbrica. Maranello in sé è un paese normale. L’Italia è piena di posti stupendi ma se cerchi meraviglie, cultura e vita intensa lì non le trovi. La sua vera grande bellezza è la Ferrari».

La storia

3La vecchia fabbrica

«Quando sono arrivato era in corso il trasferime­nto della vecchia Gestione Sportiva alla nuova, ma ho potuto scoprire la parte storica, i vecchi uffici, dove Jean Todt aveva il suo. Ora è tutto più grande e moderno, ma le radici restano».

3Enzo Ferrari

«Doveva essere un uomo molto speciale perché quello che ha fatto, costruito e lasciato è la leggenda su cui viviamo adesso. Mi sarebbe piaciuto averlo come boss e discutere i contratti con lui. Tutte le storie che mi ha raccontato Niki Lauda, storie iconiche, gli incontri tra loro, mi hanno fatto rimpianger­e di non averlo potuto conoscere».

3Michael Schumacher

«Il miglior pilota in tutta la storia dell’automobili­smo. Michael è ancora presente in chi ha lavorato con lui. I tifosi si sono ricordati che sono anch’io tedesco, e per me è stato più un aiuto che un peso. Ma non volevo ripetere ciò che aveva fatto lui, non l’ho mai detto e non l’ho mai pensato».

La gioia

3 Le strofe di Toto Cutugno

«Ho cantato in italiano dopo la vittoria a Singapore nel 2015: è stato spontaneo, non calcolato, ero così felice. La sorpresa forse nasceva dal fatto che conosco le sue canzoni, ma io amo l’Italia. Non voglio dire che ho fatto mie la vostra storia e la vostra musica, ma arrivando da voi per correre in Ferrari mi è sembrato normale capire meglio la gente, le abitudini, integrarmi».

3 I tifosi di Monza

«Li conoscevo già, ma non erano dalla mia parte… Nel momento in cui ho indossato la tuta rossa li ho avuti tutti con me. Negli anni mi hanno spinto, sempre con parole belle. Il prossimo anno penso sarà un filo diverso, ma fa parte del gioco. Sono curioso di vedere come verrò accolto».

3 «A casa loro!» (l’urlo dopo la vittoria a Silverston­e due anni fa) «Non era niente di personale contro i britannici, solo un momento di orgoglio. L’anno prima era stata dura lì, essere stati in grado di vincere nel 2018 ci ha reso molto felici. Tutto qua».

Le persone

3Sergio Marchionne

«È tragico che sia scomparso in modo così improvviso, per la Ferrari è stata una grande perdita. Aveva un carattere duro, non era facile andarci d’accordo, ma i successi ottenuti parlano per lui. Era un ottimo manager e aveva organizzat­o l’azienda in modo molto buono».

3 Mattia Binotto

«L’ho incontrato la prima volta quando correvo con la Toro Rosso, era responsabi­le dei motori clienti Ferrari che montavamo. Ho vissuto da vicino la sua crescita, dal reparto motori a direttore tecnico e poi a team principal. Ci rispettiam­o molto ma tra noi non c’è mai stata quella sorta di amore alla base dei rapporti di un certo tipo. È un uomo pragmatico, il tempo ci dirà dove sarà in futuro la Ferrari guidata da lui».

3 I meccanici

«Rappresent­ano il vero spirito di cosa significhi la Ferrari: donne e uomini che alimentano l’idea della leggenda e la tengono viva. Molti nel mondo tifano per la rossa, ma i meccanici di Maranello e la gente che lavora lì ogni giorno vivono il Cavallino e sono il motivo per cui questo marchio è così speciale. Ho una grande ammirazion­e per loro e ciò che fanno, ho sempre amato i momenti passati insieme nei box».

I piloti

3Kimi Raikkonen

«Kimi è Kimi! Non c’è altro da dire, chi lo conosce un po’ capisce cosa intendo. È impossibil­e avere un problema con lui, se succede significa che hai un problema con te stesso. Anche se siamo diversi come persone, condividia­mo dei valori e un grande rispetto reciproco».

Charles Leclerc

«Un talento giovane e stimolante, un bravissimo ragazzo che farà strada. È in un momento della carriera diverso rispetto a me e Kimi, ma dimostrerà a lungo il suo valore. Che sia in Ferrari, dove starà per un po’, o in un altro team».

Lewis Hamilton

«Uno dei più grandi rivali della mia carriera, negli ultimi tempi avrei preferito stargli più attaccato in pista ma credo sia il desiderio di tutti, visto quanto domina. Negli anni la nostra relazione è migliorata, andiamo molto d’accordo».

I media

giornali

«Con la stampa ho un rapporto neutro, né buono né cattivo: vedo l’interesse che c’è per me e sono felice di rispondere alle domande, spiegare cosa penso e cosa sento. Ma non sono il tipo di persona che non vede l’ora di finire sul giornale. Mia nonna ritaglia tutto ciò che mi riguarda, magari quando avrò dei nipoti e finiranno sui giornali farò lo stesso. Ma non mi interessa, non seguo nessuno in particolar­e, incluso me stesso».

television­e

«Sono uno spettatore “vecchia scuola”, adesso c’è molta tv on demand ma a me piace ancora scanalare e vedere cosa c’è in giro. Ne guardo poca comunque, solo per rilassarmi».

social network

«Non ho account. Non biasimo chi li ha, ognuno è libero di fare ciò che vuole, ma non ho mai sentito la necessità di condivider­e la mia vita con gli altri. Quel modo di autopromuo­versi non fa per me. Se si guarda all’idea iniziale dei social media, la vera immagine di te non filtrata, e a ciò che sono diventati adesso, c’è un abisso. Ora è tutto troppo orchestrat­o e strumental­e, una leva di potere per influenzar­e le persone. Sono contento di non esserci mai entrato e non mi manca per niente, non so cosa sia».

I sentimenti

3L’amicizia «È possibile avere amici in F.1? Beh, è una scelta: puoi guardare agli uomini o al colore delle casacche, io ho preferito legarmi alle persone. Mi mancherann­o i meccanici del Cavallino, per dire, e non farà differenza se avrò la tuta di un team diverso. Per me la gente è più importante del ruolo che ricopre. Sono ancora in contatto con tizi con cui lavoravo dieci anni fa, quelli che ti piacciono li avrai sempre vicino».

rimpianti

«Niente di grande, posso ritenermi molto felice di dove sono e di cosa ho fatto: io e la mia famiglia godiamo di buona salute, in F.1 ho raccolto più di quanto normalment­e sia possibile in una carriera. E non sono il tipo che guarda indietro, penso sempre a cosa arriverà domani».

solitudine

«Non mi sono mai sentito solo quest’anno in Ferrari. Era una situazione strana ma non è mai successo. Isolare le persone non è una caratteris­tica di questa squadra e nemmeno degli italiani. Ma tutti abbiamo bisogno di tempo per noi stessi. La vita in circuito è incasinata, c’è così tanto da fare, che quando sono a casa inseguo l’opposto, la tranquilli­tà. Non cerco attenzione in generale, figurarsi nel privato. Amo passeggiar­e in montagna, girare in bici, abitudini così. Voglio la pace».

Il mondo

politica

«Mi interessa. Ho seguito le elezioni americane, sto attento a quanto succede nell’Unione Europea, con un occhio più sulla Germania che sugli altri Paesi. Quando passi i trent’anni inizi a sviluppare una maggior consapevol­ezza di cosa sia giusto e sbagliato, a seguire le opinioni degli altri, a confrontar­ti, ad avere un’idea tua. È normale».

ineguaglia­nze

«Sono più pericolosi i giudizi che si formano nella testa delle persone delle differenze economiche. Nella storia dell’umanità abbiamo avuto grandi opportunit­à per imparare ma continuiam­o a fare sbagli, ed è choccante pensare che stiamo ancora combattend­o contro le discrimina­zioni e a favore di comportame­nti fondamenta­li che dovrebbero essere ormai naturali. Per questo il movimento nato in F.1 a inizio stagione è così importante: dobbiamo tutti prendere posizione, non possiamo girarci dall’altra parte. E le cose non si risolveran­no in una notte, bisogna cambiare la testa della gente prima di agire, abbiamo una occasione unica per ispirare le persone. Ma ancor più importante è dare l’esempio giusto quando si spengono le telecamere: andare in giro nella vita senza giudicare, trattando tutti allo stesso modo, senza discrimina­zioni, in nessuna forma. Questo è l’obiettivo. E spero che il mondo in cui si muoveranno i miei figli sia migliore di quello in cui sono cresciuto io, così come i miei genitori speravano che il mio fosse migliore del loro».

Il futuro

3I sogni

«Quello in F.1 è semplice: il progetto con l’Aston Martin, il viaggio eccitante per provare ad arrivare al top. A parte questo, so di essere in una posizione privilegia­ta, sono ancora giovane e ci sono tante porte aperte per il futuro. Ho tre figli, voglio essere sicuro di occuparmi di loro e crescerli con i valori giusti, attrezzati per ciò che gli servirà in un mondo che sta cambiando. La speranza è quella di mantenere una mentalità aperta e non diventare vecchio e brontolone troppo alla svelta».

3Dopo la F.1

«Ci ho riflettuto. L’ho fatto a inizio stagione, quando è diventato chiaro che non sarei rimasto in Ferrari. Le corse hanno occupato gran parte della mia vita, probabilme­nte proverò molte cose diverse e solo il tempo dirà cosà combinerò. Non devo rimanere per forza nell’automobili­smo. Magari sì, ma non è detto».

«Con Binotto non è nato l’amore però in squadra non mi sono mai sentito solo. Ma la vera anima del Cavallino sono i meccanici»

Lewis è uno dei miei rivali più grandi. Ma con il tempo i rapporti tra noi sono migliorati

Hamilton

L’avversario

Non biasimo chi usa i social ma non sento la necessità di condivider­e la mia vita con gli altri

Riservato Seb e il privato

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ANSA Poco feeling Seb con Binotto (a sin.), ospiti in tv
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GETTY Prima vittoria L’esultanza a Singapore 2015
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Il fondatore Enzo Ferrari alla sua scrivania nel 1958
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GETTY Due ruote In pista con la bici, una sua passione
 ?? GETTY ?? Il compagno-rivale Con Charles Leclerc
GETTY Il compagno-rivale Con Charles Leclerc
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GETTY La protesta Con Hamilton contro il razzismo

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