La Gazzetta dello Sport

PERCHÉ LA JUVE PUÒ CREDERCI

- di Bianchi, Fontana

Bayern e Liverpool restano le favorite, ma la serata di Barcellona rilancia i bianconeri al top McKennie e Morata funzionano, anche se serve continuare a crescere. A partire da domenica...

Una voce ieri mattina è rimbalzata per l’Europa, da Liverpool a Manchester, da Madrid a Monaco di Baviera: la Juventus di Pirlo è una cosa seria. La Juve non giocava una partita da squadra top dal 12 marzo 2018, quando Ronaldo prese la difesa dell’Atletico Madrid, un Alcatraz, e la trattò come un castello di carta: 3-0. Barcellona, due anni e mezzo dopo, ha rimesso la Juve sulla mappa delle migliori squadre d’Europa, circolino da cui dopo la combinazio­ne Ajax-Lione era stata esclusa con discrezion­e. Questo non significa che la Juve sia la favorita in Champions, non che sia più forte di Bayern, Liverpool e City, non che chi ha faticato con Benevento e Torino diventi all’improvviso un dominatore in Europa, però il messaggio c’è: per la prima volta in stagione si è vista una strada per inseguirla, quella benedetta Champions League. Per la prima volta la Juve ha ricordato una grande squadra europea.

La Juve a Barcellona ha trovato un avversario non degno del suo nome ma è stata un gruppo di calciatori compatti, vicini, uniti, quasi come gli undici tifosi di Sissa Trecasali, provincia di Parma, che alla faccia di Conte (Giuseppe, e forse un po’ anche Antonio) si sono riuniti per vedere la partita. Vietatissi­mo. Bonucci al Camp Nou ha riassunto per tutti, anche per loro: «Il primo posto era importante per coltivare la consapevol­ezza che giocando così possiamo fare grandi cose». Eccolo, il punto: la fiducia del gruppo. La Juve ha sempre costruito sul gruppo le sue campagne europee e la questione è atletica e morale allo stesso tempo. Non è un caso che Ronaldo sia tornato a difendere su Messi al minuto 81 e dopo la partita in un tweet abbia parlato di “famiglia vera, forte, unita”. Se non si condivide un’anima di spogliatoi­o, non si spende uno scatto non richiesto.

Alex e Dorian Gray

Dorian Gray, invecchia poco e malvolenti­eri. E poi, anche a 35 anni, conserva quella capacità quasi unica di salire di livello – di più, quasi di trasfigura­rsi – nelle partite importanti, come Atletico, Ajax e Lione serenament­e confermere­bbero. Per il terzo motivo, rivolgersi alla tattica. Pirlo ha giocato con i soliti principi di gioco ma la scelta di Alex Sandro al posto di Chiesa e del tris McKennie-Arthur-Ramsey in mezzo ha portato equilibrio, per il vecchio principio per cui, a volte, sottrarre equivale ad aggiungere. Di questi tempi non si può parlare di “formazione-base” – troppe partite, troppo turnover – ma è evidente che avere trovato un undici di garanzia per Pirlo sia importante.

A una condizione...

Le quattro partite che separano la Juve da Natale – Genoa, Atalanta, Parma e Fiorentina – allora probabilme­nte sono più importanti di quanto sembri. Lo spirito del Camp Nou in due settimane può evaporare o lievitare. Se la Juve avrà lo spirito di Benevento, cancellerà il miglior martedì dell’anno. Se invece calerà a Marassi con la faccia di Barcellona, buone cose seguiranno. I nuovi, da Mc

Kennie ad Arthur, si sentiranno sempre più al centro della Juve, la difesa prenderà sicurezza e magari si sbloccherà anche Dybala, al momento un corpo estraneo. Ecco, l’unica via per le ambizioni europee: rafforzare il gruppo con le vittorie, passare di progresso in progresso per mascherare i limiti - il centrocamp­o, su tutti, è inferiore ai migliori reparti europei - e costruire un’identità nuova, con Morata sicuro di sé come mai, Cuadrado al livello dei migliori esterni del continente e Bonucci-De Ligt grandi anime difensive.

Pirlo e gli squali

Solo così crescerebb­e anche la consideraz­ione della Juve in un’Europa con gerarchie liquide: una stagione così intensa non si è mai vista e nessuno può dire come arriverann­o a febbraio Liverpool, City, Psg e Bayern. Intanto, per Pirlo è buona cosa aver evitato tutte loro al sorteggio degli ottavi di lunedì, quando le palline delle teste di serie non saranno abbinabili. Per una volta, stare nella stessa boccia trasparent­e con quattro squali renderà la vita più sicura.

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Se il gruppo è alfa e omega di ogni ambizione, Cristiano è evidenteme­nte il secondo motivo per cui la Juve può sperare di fare strada in Europa. Il duello con Messi ha chiarito che il vecchio trucco del ritratto funziona ancora: CR7, alla
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In alto, l’esultanza di Cristiano Ronaldo, 35 anni, al Camp Nou. Sotto, tre uomini chiave di questa Juve: Alvaro Morata, 28 anni, Arthur, 24, e Weston McKennie, 22
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GETTY Protagonis­ti In alto, l’esultanza di Cristiano Ronaldo, 35 anni, al Camp Nou. Sotto, tre uomini chiave di questa Juve: Alvaro Morata, 28 anni, Arthur, 24, e Weston McKennie, 22 ●

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