Fortitudo, scossa Dalmonte Prima gioia dopo 6 k.o. di fila
A Pesaro parte bene il successore di Sacchetti: una diversa mentalità, la difesa e un grande Totè rilanciano Bologna
Eravamo connessi. I giocatori sapevano di essere spalle al muro e hanno reagito
Una gioia fors’anche più coinvolgente dell’unico precedente da capo allenatore della Fortitudo, quel derby vinto con la Virtus nel 1996. La seconda vita di Luca Dalmonte alla Effe diventa estasi con la tripla di Withers a un minuto dalla fine. Pesaro è espugnata e la Bologna biancoblù rialza la testa dopo il lungo oblio fatto di 6 sconfitte di fila, che poi sono 7 in otto gare. La Fortitudo non festeggiava dal 10 ottobre contro Trento, trafitta alla Unipol Arena. In mezzo l’inesorabile crisi che ha portato all’esonero di Meo Sacchetti e al ritorno di Dalmonte dopo 23 anni.
Cura
Due soli allenamenti con la nuova creatura, toccando altre corde rispetto alle logiche da lavagnetta. «Dobbiamo trovare il senso di responsabilità e appartenenza. Quel che conta è il nome che hai davanti alla maglia, non quello dietro». A chi invece ruota attorno alla squadra aveva invece chiesto di non rimuovere lo striscione monito della Fossa dei Leoni: «Fuori i maroni oppure fuori dai c...», utile a spiegare le ineludibili richieste della piazza.
Novità
Nella scossa prodotta a Pesaro ci sono però anche gli intelligenti accorgimenti del coach che ha smosso senza stravolgere. Rotazioni asciugate, recuperando alla causa capitan Mancinelli e un Totè mai visto prima, seminando il sospetto che sotto canestro ci fosse dell’altro al di là di Happ. Nuove gerarchie si stagliano dunque all’orizzonte e una rinnovata consapevolezza che andrà oltre il trito e fin troppo abusato slogan dei Tre Tenori per toccare corde più collettive. Si parte senza Marco Cusin e col recupero Banks, ma ciò che cambia è l’approccio interiore. Non più fragile e burrosa, la Fortitudo, come nella precedente reggenza. Dalmonte aveva chiesto di ripartire da lì, da un ragionamento collettivo che resettasse quegli 89.6 punti di media subiti, figli della seconda peggior difesa del torneo. E i suoi rispondono, senza strilli, ma con un’attenzione particolare alle letture difensive che fruttano 7 palle recuperate e 8 perse alla Carpegna all’intervallo. Questo il segnale richiesto per tornare competitivi in un primo tempo che la Fortitudo conduce e Pesaro riesce ad impattare con una tripla di Filloy fors’anche oltre i propri meriti. Venti minuti in cui si vede una Fortitudo che guida il match con piglio, toccando anche il +9, subendo i ritorni gestiti dall’intramontabile Delfino, Massenat e Cain, anche se poi la Vuelle vanifica la netta superiorità sotto canestro sbagliando tiri elementari. Il nuovo corso Dalmonte dunque non porta stravolgimenti epocali, ma un po’ più di ordine, riabilitando la figura di Mancinelli, sbiadita da chi c’era prima. Poi, quando Fantinelli è a sedere, ci pensa Saunders a portar palla cercando di coinvolgere tutti. L’intenzione c’è, ma riesce a strappi, anche perché non basta un colpo di bacchetta per modificare spartito. Però tutti ci provano e così Happ sotto canestro non è più solo se quanto visto ieri sera è ciò che Totè potrebbe garantire in futuro. Firma, il vice Happ, una ripresa super: 15 punti a zittire una spenta Pesaro che non raccoglie la strigliata di Repesa alla viglia. Stavolta è la Fortitudo a voltare pagina.