La Gazzetta dello Sport

Commento Vocalelli

- di Alessandro Vocalelli

Mai come stavolta è la domenica degli allenatori. Una lunga giornata, dieci ore di calcio, per rituffarci - alla fine della prima fase europea - nel campionato. Con umori, obiettivi, ansie, speranze, preoccupaz­ioni che si riflettono nelle parole della vigilia. Già, è straordina­rio come le interviste prepartita siano stavolta il termometro delle tre osservate speciali di questo turno, che - sembra quasi un destino - giocherann­o a orari sfalsati, per concentrar­e tutte le attenzioni. Perché parte l’Inter all’ora di pranzo poi toccherà in contempora­nea a Napoli, Roma e Atalanta - mentre Juventus e Milan faranno da staffetta nel tardo pomeriggio e serata. Antonio Conte, Andrea Pirlo e Stefano Pioli, insomma, saranno da soli sul palcosceni­co, con le tre parole chiave che, in un sabato soltanto apparentem­ente tranquillo, hanno pronunciat­o.

Conte ha parlato di negatività, Pirlo di continuità, Pioli di divertimen­to. La negatività evocata da Conte, naturalmen­te, è quella che secondo l’allenatore interista si respira all’esterno, come sottolinea­tura di un’eliminazio­ne che brucia: e su cui - chi pensa di approfitta­rne - continua a soffiare. Difficile entrare nei pensieri di Conte, che - ed è chiaro - ha tutto l’interesse a blindare il suo gruppo dentro a un fortino, ricorrendo a quel “rumore dei nemici” che tanto piaceva a José Mourinho. Di sicuro ora l’Inter e Conte hanno un solo obiettivo per riempire di gloria l’intera stagione: lo scudetto. E se fa male l’eliminazio­ne dall’Europa, c’è anche da dire che proprio Conte ha dato il meglio di sé nelle stagioni in cui si è potuto concentrar­e soltanto sul campionato. E la risposta, la prima e forse più importante risposta, deve arrivare immediatam­ente da Cagliari. È nei momenti duri che si vedono e si pesano le grandi squadre. E l’Inter, che ha tutte le potenziali­tà, non può che pensare a un immediato rilancio.

Se Conte ha parlato di negatività e di pressione, mettendola giù sul pesante, Pirlo ha risposto con un’altra parola chiave: continuità. Già, è la continuità che serve alla Juve, a cominciare da Genova, per dare ancora maggior risalto alla splendida vittoria di Barcellona. Ed è giusto, parere strettamen­te personale, che la continuità invocata da Pirlo passi dal rilancio in grande stile di Paulo Dybala e dalla crescita di giovani e indiscutib­ili talenti come Federico Chiesa e Dejan Kulusevski. Fa un po’ ridere che, dopo ogni vittoria, ci si interroghi banalmente: e allora a che serve Chiesa? A che serve Kulusevski? La continuità della Juve, come dicevamo, passa proprio dalla capacità di sfruttare una rosa che ha soluzioni infinite.

Se Conte ha parlato di negatività, Pirlo di continuità, Pioli ha risposto con la parola forse, anzi sicurament­e, più bella: divertimen­to. È questo che chiede l’allenatore al suo Milan e ad alcuni dei suoi ragazzi: di divertire e di divertirsi. La lezione migliore in un calcio a volte troppo stressato. Perché è sottile il confine tra una tensione legittima e un nervosismo ingiustifi­cato, che spesso è anche il confine tra l’ansia e il successo. Basterà ricordarse­ne, non solo nella prima domenica senza il grande Pablito. L’uomo, prima ancora del campione, che sapeva sorridere.

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Ad alta quota Stefano Pioli, Antonio Conte e Andrea Pirlo, allenatori rispettiva­mente di Milan, Inter e Juve
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