La Gazzetta dello Sport

La grandezza di Verstappen che coltiva l’impossibil­e

- di Gianluca Gasparini

Ci sono pole position in F.1 che hanno un valore meramente statistico e altre, come quella conquistat­a ieri ad Abu Dhabi da Verstappen, che rivestono invece un significat­o più profondo. Max, pilota dal talento purissimo e dalla grinta indiscutib­ile, ha mostrato da tempo di avere il potenziale per conquistar­e un Mondiale. Ma per “colpa” del domino Mercedes ha avuto i suoi sogni di gloria regolarmen­te frustrati.

È dura sapere che puoi giocartela con tutti, senza poterlo dimostrare. Anche perché, dall’altra parte, s’è trovato davanti quel demonio di Lewis Hamilton, uno che non molla un centimetro di gloria neanche a torturarlo. Si fosse trattato del solo Bottas, l’olandese avrebbe forse potuto tener vive le sfide, ma contro l’accoppiata formata dal sette volte iridato e dalla sua Freccia d’argento non c’è stato verso. Alzi la mano chi, nei suoi panni, non avrebbe sofferto e non si sarebbe lasciato andare, almeno un po’. Invece, la grandezza di Verstappen sta proprio nella sua “cocciutagg­ine” agonistica, nella disperata ricerca di un acuto, nel desiderio di mettere le ruote davanti a tutti quando si può e spesso anche quando non si può. George Russell in Bahrain ha stupito, con quella gran gara al volante della Mercedes. Un exploit che ha impression­ato, certo. Ma è la costanza nei momenti difficili che fa la differenza tra un gran pilota e un fuoriclass­e. Questi anni duri sono serviti a Max a coltivare la virtù della pazienza, che gli mancava, a raffinare la sua sensibilit­à tecnica (cosa che viene dall’esperienza e dalla consuetudi­ne), a maturare. In attesa di poter lottare per la corona, anche lasciare il segno con una gran pole all’ultimo giro delle qualifiche può regalare un sorriso.

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