Pioli «Gioco e personalità Il mio Diavolo è nato così»
Si può essere il migliore anche senza sollevare trofei? Assolutamente sì, chiedetelo a Stefano Pioli, eletto allenatore dell’anno ai Gazzetta Sports Awards.
Il successo luccica, anche perché ottenuto sbaragliando una concorrenza agguerrita e titolata, dal campione d’Italia Maurizio Sarri al vincitore della Coppa Italia Rino Gattuso, fino a Ettore Messina, coach dell’Olimpia e pluridecorato del basket: le coppe contano, certo, ma sono il raccolto di una semina che parte da lontano, e la storia di Pioli al Milan di questo ci parla. Il suo anno è stato un crescendo sorprendente, un romanzo che lo ha portato dalle incertezze iniziali al primo posto in Serie A. «Ibra e i compagni fanno bene a credere nello scudetto – dice Pioli, premiato dal direttore della Gazzetta Stefano Barigelli e da Camilla Lunelli, direttore comunicazioni di Cantine Ferrari − ma la realtà ci dice che il Milan manca da molti anni in Champions, vogliamo riportarlo dove deve stare».
Presente e futuro
La cavalcata che ha fatto del suo Diavolo una squadra da scudetto è cominciata a maggio, quando Milanello riapriva i cancelli dopo il lockdown, ma il segreto del successo, per il tecnico, ha radici all’alba del 2020: «Il percorso è iniziato a gennaio, quando sono arrivati Ibra, Kjaer, Saelemaekers. Abbiamo cambiato il modo di stare in campo, i risultati ci hanno dato autostima e nei mesi successivi abbiamo cominciato a battere squadre importanti, come la Juve. Cosa accomuna il mio Milan ai grandi Milan del passato? La voglia di giocare sempre un calcio propositivo, offensivo. Siamo giovani ma abbiamo personalità e coraggio». Sorride Pioli, che tra una battuta a distanza con il coach di Sassari Gianmarco Pozzecco («sto bene, ma non come te, che sei primo in classifica») e i complimenti di Barigelli («tra tutte le squadre in lotta per lo scudetto siete la più bella da vedere»), per qualche minuto stacca la spina dalla trasferta di domani in casa del Genoa. Ultimo club di A ad averlo battuto, a marzo. Allora Pioli era un allenatore con la valigia. Oggi, a chi gli chiede se firmerebbe per il 2° posto, risponde che l’unico autografo lo metterebbe su un rinnovo. Se ne parlerà a fine stagione, per adesso non c’è fretta, perché è blindato da un contratto fino al 2022 e soprattutto perché c’è poco da discutere, Pioli è il presente e il futuro del club. Per il gruppo, per i dirigenti e ovviamente per la proprietà, felicissima di aver affidato le chiavi del Milan a un allenatore che in pochi mesi ha centrato tutti gli obiettivi fissati in tempi non sospetti: modellare la squadra con un gioco moderno e veloce, valorizzare i giovani talenti e rappresentare il club con eleganza ed equilibrio. La semina promette bene, per il raccolto appuntamento al 2021.