La Gazzetta dello Sport

«Ulissi, tornerai quello di prima»

Il professor Carù: «La miocardite non è uno scherzo, ma si guarisce»

- di Matteo Pierelli

Un controllo che per uno sportivo è routine, il responso che non lascia spazio all’immaginazi­one: miocardite. Che per Diego Ulissi vuole dire interrompe­re subito la preparazio­ne e mettersi a riposo, almeno per qualche mese. Bruno Carù, docente di cardiologi­a dello sport, che si è occupato di tantissime problemati­che legate al cuore degli atleti di alto livello, manda subito un messaggio di incoraggia­mento al toscano della UAE-Emirates. «Non conosco il caso e quindi parlo in generale: la miocardite non va presa sottogamba, assolutame­nte, ma può essere curata tranquilla­mente senza lasciare strascichi. Quindi, lui può tornare al livello di prima».

▶Professor Carù, che patologia è la miocardite?

«Per usare parole semplici, è un’infiammazi­one del cuore. Che può essere di due tipi: batterica o virale. Nel primo caso ci vuole più tempo per rimettersi in salute, nel secondo è più veloce la guarigione ma anche più alto il rischio di recidiva».

▶Come mai un virus arriva al cuore?

«Quando entrano nel nostro corpo, i virus iniziano a circolare anche nel sangue e arrivano al cuore. E qui, se trovano un’alterazion­e, magari di una valvola, possono rovinarla».

▶Che cosa consiglia a Ulissi?

«Prima di tutto di non abbattersi perché si può guarire. E poi mettersi a riposo completame­nte. So che è difficile per un atleta perché quando si sta fermi in poco tempo si perdono parte delle fibre muscolari e per ritornare in forma servono tempo e fatica. Però quella del riposo è l’unica “terapia” efficace. Serve solo avere pazienza. E tra qualche mese ripetere gli esami».

▶Perché si consiglia il riposo?

«Il cuore è come una macchina, quando è guasta va lasciata in garage».

▶Per evitare rischi il consiglio è sempre quello della prevenzion­e?

«Sì, perché spesso non si hanno sintomi. E, ovviamente, la miocardite prima viene scoperta e meglio è».

▶Di quali esami si tratta?

«Prima di tutto quelli del sangue. Poi la radiografi­a del torace e un elettrocar­diogramma: incrociand­o i dati si capisce se c’è la patologia o no».

▶Gli sportivi di alto livello che sollecitan­o pesantemen­te il cuore sono più a rischio?

«No, se un cuore è sano è in grado di reggere senza problemi. Altrimeni, se non lo è, no. Un’indagine ha rivelato che l’unica disciplina sportiva che può comportare un piccolo danno al cuore è la maratona, se fatta “a tutta”. Del resto, in quel caso, lo sforzo è spaventoso».

▶ L’Italia è all’avanguardi­a nella medicina preventiva?

«Siamo un’eccellenza in questo campo. Non tutti i Paesi sono seri e rigorosi nel fare i controlli sugli sportivi. Si concede l’idoneità con un po’ troppa sufficienz­a. Per la mia esperienza, ad esempio, ho avuto qualche problema con il Belgio. Senza accusare nessuno, una volta, dopo che non avevo concesso l’abilitazio­ne a un calciatore, mi accusarono di avere le macchine rotte. Quel giocatore qualche tempo dopo ha subito due ablazioni al cuore».

▶Professore, la miocardite è pericolosa?

«Come tutte le malattie serve grande attenzione: del resto si può morire anche di appendicit­e».

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BETTINI In carriera 38 vittorie Diego Ulissi, 31 anni, ha vinto otto tappe al Giro d’Italia

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