Voglia di tifo Per riaprire gli stadi l’obiettivo è la primavera
La riflessione di Cairo «condivisa» da Spadafora Nuovi contatti con il Cts, ma prima tocca alle palestre
Se le condizioni sanitarie ci fossero, sarebbe prezioso riavere il pubblico
Urbano Cairo
Presidente Torino
Condivido le parole di Cairo, lavoriamo per aprire in sicurezza
Vincenzo Spadafora
Ministro dello Sport
Marzo. Nelle previsione più ottimistiche la seconda metà di febbraio. La riapertura degli stadi in Italia non è all’ordine del giorno e per il momento è fuori dai radar. Ma un orizzonte temporale c’è, sempreché non si debba fare i conti con una terza ondata e con un’ulteriore impennata tragica della crisi pandemica. Proprio per questo, c’è una comprensibile prudenza. Ma la speranza è che questo traguardo, marzo, l’inizio della primavera, possa essere realistico. Hanno parlato di riapertura lunedì sera Urbano Cairo e Vincenzo Spadafora. «Nel momento in cui ci fossero le garanzie sanitarie, sarebbe importante riavere il pubblico ha detto il presidente di Rcs e del Torino - Le partite senza spettatori sono del tutto diverse, l’incitamento è fondamentale». Con il ministro dello Sport a ritrovarsi sulla riflessione: «Condivido queste parole, ma non faccio annunci perché occorre riaprire in sicurezza».
Prima le palestre
Riaprire adesso sarebbe una follia e se ne rendono tutti conto nel momento in cui si parla di nuove chiusure e di una zona rossa per tutto il Paese nelle prossime festività. Il numero spietato dei decessi ci dice che l’emergenza è grande. Inoltre, il ministro dello Sport ha affrontato la questione delle aperture sportive con il Cts, un confronto per ora ancora interlocutorio, ma all’ordine del giorno c’è prima di tutto il tema delle palestre e piscine. E solo dopo, si parlerà di stadi e di palazzetti. Tuttavia,
l’inizio delle vaccinazioni, combinato con una discesa della curva dei contagi, è uno scenario che potrebbe avviare una road map verso la riapertura.
Il modello inglese
L’impostazione italiana d’altronde sulla questione è stata quella di non procedere a macchia di leopardo, il modello che ha invece scelto l’Inghilterra.
Che ha diviso il Paese per tre, preferendo però i numeri al posto dei colori. Si va da un tetto di quattromila spettatori per la zona 1, l’area dove la situazione è meno grave, alla stazione intermedia di duemila presenze per la numero 2, fino allo zero della 3, la nostra zona rossa per intenderci, dov’è finita pure Londra. In Italia, l’idea di una riapertura «sparigliata» non ha mai convinto. Meglio puntare su una riapertura generalizzata potrebbe essere il momento. Naturalmente si parlerà all’inizio di poche migliaia di spettatori, ma il tentativo sarà comunque quello di non aprire solo per una presenza simbolica (i mille spettatori dell’inizio di campionato poi cancellati dal precipitare della situazione.
Resto d’Europa
Se in Europa ci sono degli esempi di riaperture robuste - lo abbiamo visto in Champions con le trasferte delle nostre squadre, la Juve nella tana del Ferencvaros e la Lazio a San Pietroburgo - Liga e Bundesliga vivono una situazione molto simile alla nostra. In Spagna c’è però una situazione curiosa con alcune presenze (molto limitate) negli stadi delle divisioni inferiori, aperture decise dalle regioni. I club sperano di poter porre il problema già da gennaio, ma i governi sono molto prudenti. Senza dimenticare che il governo di Angela Merkel ha scelto la strada del lockdown totale per tre settimane, non proprio la premessa ideale per discutere del problema. E anche in Francia, il Paese che in questi mesi aveva proposto alcune riaperture, siamo ancora in regime di porte chiuse. L’obiettivo è anche quello di studiare nuovi meccanismi per facilitare la ripartenza. La Lega di serie A aveva lavorato su un piano che era stato presentato al Governo e che la violenza della seconda ondata ha reso impraticabile. Si spera di poter riaprire il dossier nelle prossime settimane.