IBRA CHE BOTTA
UN ALTRO INFORTUNIO SALTA ANCHE LA JUVE
Cede il polpaccio, obiettivo rientro a metà gennaio Ora Pioli chiede i gol a Rebic e Leao
Molte partite ormai, in Serie A, corrono sul filo dell’equilibrio. Fa parte degli sbalzi di questo calcio. È come se la fase di studio si fosse conclusa. C’è la sensazione che ogni giocata, ogni mossa, possa cominciare a essere decisiva. Tira un vento che si chiama prudenza, anche i centesimi rischiano di pesare in questa economia. Si contano le risorse. Credo che la corsa verso lo scudetto sarà decisa dai cambi e dalle rotazioni, dalle forze fresche calate sul campo – per necessità o per scelta – nel momento giusto. Pioli, Conte, Pirlo, Fonseca, Gattuso non se la giocano alla pari: hanno a che fare con numeri, qualità, pressioni e incastri anche molto diversi. Nella tendenza all’equilibrio, le partite a scacchi si possono sbloccare con una mossa del cavallo. Mezzo secolo fa, il grande José Altafini aveva aperto la strada ai gol che possono arrivare dalla panchina. La Juve se l’era preso a fine carriera, quando il brasiliano aveva più o meno l’età di Cristiano Ronaldo: José partiva alle spalle dei titolari Anastasi e Bettega e quando entrava faceva la differenza, timbrando un gol in una partita su tre. Ronaldo, adesso, segna più reti degli incontri che gioca, due ne ha fatte anche cominciando il match dalla panchina (con lo Spezia) ma certo non è ancora questo il suo mestiere. Ci dev’essere una qualche predisposizione, anche mentale. Nel campionato scorso l’esempio perfetto era Muriel, implacabile in molte partite felici concluse con l’Atalanta. In questo torneo, invece, va molto forte il Napoli. Petagna e Politano, con due reti a testa, guidano la lista dei gol arrivati dalla panca: 6 sui 26 segnati dalla squadra di Gattuso sono una quota significativa. In questa classifica, la Juve segue con 5 gol (nel tabellino anche Kulusevski, McKennie e Rabiot), mentre al terzo posto troviamo l’Inter con 4 (doppio Lautaro, D’Ambrosio, Brozovic). Il Milan che tuttora resiste, cigolando, al vertice del campionato è riuscito finora a tirare fuori solo due gol dalla sua panchina corta, come l’Udinese e meno di Lazio, Samp e Verona. Non credo sia un caso. I gol di chi subentra in corsa sono la punta di un iceberg, dicono molto delle risorse sulle quali un tecnico può contare, nell’affollato calendario del calcio al tempo del Covid. La linea di tendenza è abbastanza chiara. La tremenda fatica del Milan ad andare in gol nelle ultime uscite senza Ibra (segnano solo i difensori Hernandez, Calabria, Kalulu) racconta di un vuoto in attacco, dove i ricambi sono inadeguati. Restano due vie d’uscita. La prima è quella dell’Inter. Togliendosi di mezzo l’ingombro della Champions, Conte ha sfoltito gli impegni e dunque può concentrarsi più tranquillamente sul campionato: basteranno meno giocatori, si rallenterà l’usura nei muscoli e nella testa dei nerazzurri che rimarranno in organico. L’altra strada è quella del mercato che si sta per riaprire. Gennaio non ha garantito quasi mai salti di qualità importanti sulla strada per la corsa al titolo. Un anno fa, per dire, l’Inter era riuscita a prendere Eriksen dal Tottenham: Conte non è stato capace di trasformare il campione danese in un valore aggiunto per arrivare allo scudetto. Succede. Ma visto che si trova ancora lassù – e che ha dovuto rinunciare a Ibrahimovic in 6 partite su 12 – certo sarebbe un peccato se il Milan non si preoccupasse di cercare un bomber alternativo allo svedese, anche un Altafini del 2020 da spendere quando serve per i gol che possono arrivare dalla panchina. Sembrano centesimi, ma a pesarli alla fine potrebbero diventare milioni.