Miraggio Dakar
TRA MINI E TOYOTA SFIDA TRA LE DUNE E SAINZ SR. PUNTA AL QUARTO TRIONFO
La definizione più corretta su cosa sia la Dakar per chi l’abbia vissuta, l’ha sintetizzata benissimo Sebastien Loeb, il 9 volte iridato del mondo rally che la Dakar non l’ha mai vinta, e che dopo un’assenza di un anno è tornato a timbrare il cartellino: «Qui ogni giorno vivi sensazioni bellissime e momenti molto complicati, ma dopo qualche settimana, tornato a casa, restano solo i ricordi belli e vuoi tornare. Guidare in posti dove non andresti mai nella tua vita è fantastico. Non credo che succeda in molti altri sport». Alla quinta presenza, il 46enne francese difficilmente potrà nutrire speranze di successo, come di podio: il Buggy del Bahrain Raid Xtreme realizzato in appena 4 mesi dalla Prodrive di David Richards e affidato oltre che a Loeb a Nani Roma, non ha infatti l’affidabilità necessaria per competere in una gara così dura contro le corazzate Mini e Toyota, che salvo sorprese si giocheranno la vittoria.
Caccia grossa
Carlos Sainz e Stephane Peterhansel da una parte, Nasser Al Attiyah, Giniel De Villiers e Yazeed Al Rajhi dall’altra. Salvo inserimenti possibili ma improbabili (dall’argentino Orlando Terranova al polacco Jakub Przygonski, allo sceicco Khalid Al Qassimi), il vincitore della seconda edizione in Arabia Saudita dovrebbe uscire da questi cinque nomi. L’uomo da battere è il papà del neo ferrarista Carlos Jr., che dopo il terzo successo 2020, a 58 anni punta a ritoccare il record di vincitore più anziano. «Ho ancora fame, ci riproverò» racconta il due volte iridato rally. Che da quando nel 2006 esordì nel rally raid più bello del mondo, ha dato forfait solo una volta, nel 2012. «Se sono qui lo devo a Colin McRae (ex iridato rally scomparso nel 2007 in un incidente in elicottero; n.d.r.), che la Dakar l’aveva scoperta nel 2004 e 2005. “Devi correrla” mi disse. Aveva ragione, da quella prima volta quando ho potuto ci sono tornato». Con 3 successi è con Al Attiyah, René Metge e Pierre Lartigue sul podio dei plurivittoriosi della corsa auto, davanti a quota 4 ha un altro gigante dei
I rivali di Carlos Peterhansel (13 vittorie), Al Attiyah, Al Rajhi e De Villiers
rally, Ari Vatanen, con Peterhansel irraggiungibile a 7 (e 13 totali con i 6 successi moto). «Le chiavi per il successo? Una macchina preparata bene, veloce ma solida meccanicamente, un co-pilota che non faccia errori nei momenti cruciali e poi essere molto paziente e rilassato, pensare nell’ordine dei minuti e non dei secondi» la ricetta del Matador. Che poi è un po’ anche quella di Peterhansel, che se è chiamato Mister Dakar un motivo ci sarà: «Per me questo non è un lavoro, ma piacere puro. E quindi tutto è più facile. Il primo obiettivo è questo, godermela, se poi ci sarà la possibilità di vincere...».
Honda per il bis
Per 18 edizioni consecutive la Ktm ha monopolizzato l’attico del podio, ma dopo avere sprecato ghiottissime occasioni dal ritorno nel 2013, la Honda un anno fa è riuscita a imporsi con l’americano Ricky Brabec. Tra Honda (oltre a Brabec ecco Cornejo Florimo, Kevin Benavides e Joan Barreda) Ktm (Toby Price, Matthias Walkner, Sam Sunderland e Sam Sanders), Husqvarna (Pablo Quintanilla e Xavier De Soultrait), Yamaha (Adrien Van Beveren, Franco Caimi, Ross Branch e Andrew Short), con possibili incursioni di Sherco, Gas Gas e Hero, nelle moto sarà la solita entusiasmante battaglia. Anche per l’introdu
zione, oltre che dell’obbligo dell’airbag e del roadbook consegnato al mattino prima della speciale (anche per le auto) del limite di sole 6 gomme posteriori per tutto il rally. «Se ci dicono che questa scelta è stata presa per riportare in auge la parte avventurosa e rendere la Dakar più emozionante è un buon approccio, ma se la giustificazione è la sicurezza allora si tratta di una assurdità. Non ci farà andare più piano» ha criticato la scelta Walkner.
Sforzo organizzativo
Col prologo, oggi la 43a Dakar (ma nel 2008 non si è corso) scatterà da Gedda, sede pure d’arrivo il 15 gennaio dopo 7.646 km, 4.767 cronometrati. Una partenza in affanno, dopo che il 20 dicembre l’Arabia aveva chiuso le frontiere per l’insorgenza della variante inglese del coronavirus, cosa che ha costretto gli organizzatori a trovare in pochi giorni 8 aerei charter, oltre ai 10 previsti, per portare nel Regno piloti e squadre da 47 paesi. Per i 555 concorrenti (144 esordienti) divisi tra 129 moto e quad, 124 auto e SSV, 42 camion, oltre alla novità delle 26 vetture storiche della Dakar anni ’80 e ‘90, gli 11 km odierni sono la prima vittoria.