Il ritorno di Pereyra: ora a Udine è tutto un altro Tucu
L’argentino nuovamente a Torino, dove giocò due stagioni: al Watford è maturato. E che feeling con De Paul...
Se Udine e l’Udinese rappresentano il battesimo europeo e la vita calcistica attuale di Pereyra, i momenti più alti della carriera del giocatore sono stati quelli vissuti a Torino, proprio con la maglia della Juve. Oggi il Tucu ritrova, per la prima volta da ex, la squadra in cui si è affermato prima dell’esperienza inglese. Quello arrivato in Friuli nell’estate del 2011 dal River Plate era un giocatore consapevole del suo talento, ma poco avvezzo alle logiche tattiche nostrane. Sostenere che Guidolin – allora tecnico del club –, appena ci ebbe a che fare quasi impallidì a causa della sua mancanza di disciplina in campo non è esagerato. Iniziò così la cura che il mister riservava a tutti i talenti da sgrezzare: tanta panchina e dettami ripetuti fino alla noia nelle sessioni di allenamento. Il debutto, dopo oltre quattro mesi, il 28 gennaio 2012, proprio allo Juventus Stadium.
Per Maxi furono solo 5 i minuti per mettersi in mostra nella sconfitta (2-1), ma il primo passo era stato compiuto. Da lì cominciò la sua carriera.
A Torino
Dopo tre stagioni da protagonista in provincia ci fu il passaggio alla prima Juve di Allegri, capace di arrivare in finale di Champions, a Berlino, contro il Barcellona. I numeri iniziali furono di tutto rispetto, con 35 presenze (una media di oltre 65 minuti di gioco per gara), 4 reti e 3 assist in campionato e pure 12 apparizioni (nella maggior parte dei casi da comprimario) in Champions League. Il secondo anno non fu all’altezza di quello d’esordio (solo 13 le gare in A e 2 le apparizioni in Champions). Così non arrivò la conferma e con la cessione al Watford la Juve riuscì anche a iscrivere a bilancio una mini plusvalenza da 200 mila euro.
Di nuovo Friuli
Quattro tornei in Premier, con 106 presenze e 16 centri, lo hanno fatto maturare ulteriormente e quello che si è visto in questa prima parte di campionato la dice lunga sul suo livello di evoluzione. Gioca in maniera più ragionata, si muove con intelligenza, non si propone con la frenesia di un tempo. È quello a cui i compagni di squadra si rivolgono nel momento del bisogno, quando c’è da gestire una palla che scotta o fare scelte decisive. Vive un rapporto simbiotico, dentro e fuori dal campo, con Rodrigo De Paul. Assieme condividono anche l’avventura nella Seleccion argentina, nell’ultima convocazione sfuggita di mano al numero 37 a causa di un infortunio. Si parlano in continuazione, e chissà se Maxi ha spiegato a Rodrigo com’è la vita professionale nelle squadre in cui si lotta per conquistare i titoli, com’è l’esperienza in un grande club. Come la Juve, per esempio.