La Gazzetta dello Sport

Il mondo visto da Sud

Il Giro del mondo in solitaria nel punto più critico, da 405 anni terrore e gioia dei velisti. Mille navi affondate e un orecchino come premio

- di Gian Luca Pasini

«Sono l’albatros che aspetta alla fine del Mondo. Sono l’anima dimenticat­a di tutti i marinai scomparsi nell’attraversa­re Capo Horn, arrivando qui da tutti i mari della Terra. Ma loro non morirono nelle furiose onde, oggi volano sulle mie ali, per l’eternità, nell’ultimo refolo dei venti artici». La poesia sta incisa su una tavoletta alla Fine del Mondo. Una passerella di legno rossa porta al monumento in metallo dell’albatro che si staglia nel cielo grigiastro di Capo Horn. Icona per qualsiasi marinaio, oggi come 4 secoli fa. Allora si inseguivan­o gli uccelli dalle grandi ali per scoprire nuove rotte commercial­i, oggi si passa davanti al capo più a Sud del Mondo inseguendo una vittoria sportiva. Ma quando ieri lo skipper francese Yannick Bestaven, 48 anni, ha tagliato il traguardo immaginari­o che lo riportava in Atlantico non ha avuto tempo di pensare a poesie e letteratur­a. Lo skipper di La Rochelle, al primo passaggio della sua vita, al comando del giro del mondo in solitario (Vendée Globe) stava già da ore cercando di ridurre la vela a bordo della sua barca perché si è trovato davanti un Capo Horn degno della sua fama: venti sopra i 35 nodi e onde alte 6 metri e più (una casa di due piani). Nonostante l’estate australe: 8 gradi la temperatur­a dell’aria, 5 quella dell’acqua. Cadere in questo mare vuole dire avere pochi minuti di vita. Bestaven si è tenuto discosto da Horn, almeno 85 miglia, ma forse non avrebbe visto ugualmente lo sperone di roccia alto 425 metri, molto spesso avvolto in una nuvola di nebbia e con un’umidità dell’aria fra il 70 e il 90 per cento.

Antartide

L’Antartide è lontano poco più di 800 km e in questa lingua di mare gelato che è lo Stretto di Drake circola continuame­nte la corrente circumpola­re antartica. La principale corrente dell’oceano Sud è l’unica che viaggia intorno all’intero globo, muovendo masse d’acqua impression­anti (sempre da Ovest a Est) visto che in alcuni punti le profondità dell’Oceano variano da 2000 a 4000 metri. Profondità che proprio in corrispond­enza del Capo si riducono a un centinaio di metri appena. Questo si unisce ai venti dominanti che viaggiano verso Est creando condizioni climatiche spesso terribili. In particolar­e, se si arriva dall’Atlantico e quindi se si affronta il Capo verso Ovest, contro vento. Per secoli il passaggio non era scontato: il famoso Bounty, per dirne una, attese 31 giorni invano cercando di raggiunger­e Tahiti. Prima di dover invertire la rotta e passare dall’Africa prima del famoso ammutiname­nto di cinematogr­afica e letteraria memoria.

Orecchino

La scoperta di Horn e il relativo passaggio il 26 gennaio festeggera­nno i 405 anni da quando nel 1616 l’impresa riuscì per la prima volta. La spedizione olandese (a caccia nuove rotte commercial­i appunto) di Willem Schouten e Jacob Le Maire lo battezzaro­no Kaap Hoorn in onore di Hoorn (capitale della Frisia), città natale di Schouten. Poi lo spagnolo diede origine a un bisticcio linguistic­o che dà il

Il passaggio Ancora oggi molti velisti lo festeggian­o con rum e sigaro

nome a questo brullo luogo di culto velico. Perché secondo il detto marinaro «sotto i 40 gradi non c’è legge, sotto i 50 non c’è dio». Horn è quasi a 56 gradi latitudine. L’impresa del passaggio è un evento talmente grande che ancora oggi molti velisti lo festeggian­o con una bevuta di liquore (meglio rum) e una boccata di sigaro. Mentre nei secoli passati la tradizione voleva che ai capitani dei vascelli che facevano il periplo del Capo prima di risalire verso il Cile o per raggiunger­e San Francisco e la sua corsa all’oro, si mettessero un orecchino (a forma di anello) sul lobo destro. Con l’apertura del canale di Panama dall’inizio del 1900, la fama triste di Horn riguarda molto di più i giri del mondo e molto meno le barche commercial­i. Il grandissim­o tributo di vite - si dice oltre 10.000 morti e oltre mille navi affondate - in 4 secoli appartiene alla storia, ma il fascino per i marinai resta inalterato. Chi lo ha doppiato sfidando i venti che arrivano in questo imbuto dopo avere sbattuto sulla Cordiglier­a delle Ande (una barriera naturale che li fanno confluire alla Fine del Mondo), regno di albatros e tempeste, non dimentica mai più. Un sogno senza tempo e senza confini...

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