ECCO LE MISURE-PONTE LIMITI ANCHE DOPO LE FESTE SCUOLA: RIPRESA INCERTA E SUI VACCINI È POLEMICA
Restrizioni dal 7 al 15: weekend in “arancione”, stop spostamenti Somministrate 110 mila dosi, Italia Viva all’attacco sui tempi lenti Conte accelera sul ritorno in aula. Ma presidi e sindacati: rinviare
1 Il governo lavora alle misure in vigore dal 7. Partiamo dalle certezze. Solo per oggi l’Italia torna, per intero, classificata in “arancione”. Coprifuoco dalle 22 alle 5, non si può consumare all’interno di bar e ristoranti (aperti solo per l’asporto e il domicilio), riaprono i negozi di abbigliamento. Proprio i negozi torneranno chiusi domani e all’Epifania, quando il Paese sarà di nuovo “zona rossa”. E dopo? Dal 7 gennaio nuovi provvedimenti, che il governo ha iniziato a pianificare ieri nella riunione tra il premier Giuseppe Conte, i capidelegazione della maggioranza e gli esperti del Comitato tecnico-scientifico, prima di un vertice serale con il Cts e le Regioni, utile per varare il provvedimento, calibrato su scala nazionale. Verosimilmente, proprio per la “fluidità” di dati che cambiano rapidamente e vanno osservati, si andrà verso un provvedimento-ponte, con misure valide dal 7 (quando scade il decreto legge sulle feste) e fino al 15 (quando termina l’efficacia dell’ultimo Dpcm). L’Italia dal 7 potrebbe tornare com’era prima del decreto legge per il Natale, ovvero tutta in “giallo”, ma la situazione attuale del Covid non sembra consentirlo (forse solo il 7 e 8, ma se ne sta discutendo ancora). Al momento, pertanto, si ipotizzano limitazioni agli spostamenti tra Regioni e tra Comuni (salvo motivi di lavoro, urgenze o necessità), di “zone arancioni” nel weekend del 9 e 10, con bar e ristoranti aperti solo per asporto e delivery. Ma l’ala più rigorista spinge addirittura per la “zona rossa”, sabato e domenica, con l’anticipo dell’orario del “coprifuoco” alle 20 o alle 21. Possibile anche la proroga della misura per limitare gli incontri: probabile che fino al 15 non si possano ospitare più di due persone non conviventi, amici o parenti, con l’esclusione degli under 14. Inoltre, la classificazione di “zona rossa” o “arancione” d’ora in poi diventerà più restrittiva. Tutto passa dall’R con T, l’indice di contagiosità, che al momento è a 0,98 di media, con tre regioni oltre 1. La soglia di RT - che fa scattare la fascia arancione potrebbe essere abbassata a 1 (dall’attuale 1,25), mentre per finire in “zona rossa” basterà l’RT a 1,25 (anziché a 1,50, com’è adesso). Una decisione definitiva è attesa a breve, comunque entro l’Epifania, ma la discussione nel governo, tra gli esperti e i rappresentanti degli enti locali continua.
2 Proseguono le vaccinazioni anti-Covid, tra ritardi e polemiche.
«Siamo secondi nell’Ue, dietro alla Germania», ha detto sabato il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri. Il portale ufficiale della campagna ieri sera riportava questo dato: 109 mila, dal “V day” del 27 dicembre. C’è un incremento, il ritmo è salito negli ultimi due giorni, ma siamo ancora ben lontani da quella media di almeno 65 mila dosi somministrate ogni giorno per raggiungere l’obiettivo, a cui ha fatto riferimento lo stesso commissario Arcuri. «Le Regioni devono correre», ha accusato la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, e sono emersi ritardi anche a livello locale, con la Regione Lombardia che spicca per dosi a disposizione e per il ritardo delle somministrazioni. In coda, anche Sardegna e Molise. Procedono molto bene, invece, la Provincia autonoma di Trento, il Lazio e il Friuli Venezia Giulia. Dagli enti locali si lamenta la mancanza di medici e infermieri, bloccati dalla carenza di organico (colmata dal bando per le assunzioni chiuso nei giorni scorsi) e dalle ferie di Natale da smaltire. Ma la polemica resta fortissima. L’obiettivo del governo («vaccinare entro l’autunno tutti coloro che lo vogliano fare») potrebbe non essere raggiunto nei tempi previsti dall’esecutivo.
3 Accuse al governo anche da Italia Viva, sempre ad un passo dallo strappo. L’alleato da sempre più riottoso, il più polemico nella maggioranza, da settimane sul punto di mandare all’aria il governo sulla cabina di regia del Recovery Fund e sulle deleghe per i Servizi segreti, muove ora pesanti critiche anche sulle scelte per il contenimento del Covid. Persino ieri la capo-delegazione del partito di Matteo Renzi, la ministra Teresa Bellanova, ha rimarcato la distanza rispetto all’azione del governo. «Ancora una volta di più, verifichiamo l’insufficienza del sistema sanitario, sancita dalla necessità di far scattare le Regioni arancioni o rosse con soglie di R con T più basse di quanto indicato in precedenza per evitare ulteriori criticità. E si verifica l’insufficienza e la poca chiarezza sul Piano vaccinale», ha attaccato la ministra renziana. Difficile non fare un raffronto tra l’Italia e gli altri Paesi. Sono già ben oltre 250 mila le vaccinazioni anti-Covid in Germania, secondo il conteggio del centro epidemiologico tedesco. Mentre il primo ministro britannico, Boris Johnson, ieri ha parlato di «un milione di persone già vaccinate». Londra da oggi potrà contare anche sul vaccino di AstraZeneca, che l’Ema non ha
Il solo messaggio restate in casa non basta più, servono certezze
Per uscire dallo stallo c’è bisogno di chiarezza sul piano vaccinale
Teresa Bellanova Ministro delle politiche agricole (Italia Viva)
ancora autorizzato nell’Ue. Corrono le vaccinazioni anche in Israele, che va verso un quinto della popolazione complessiva già in parte protetta.
4 Il mondo della scuola sembra frenare il governo sulla ripresa in presenza, al 50%, dal 7 gennaio.
Proprio ieri il premier Conte è apparso molto deciso, e ha confermato che «la scuola deve riprendere in classe, dal 7», almeno per gli studenti delle scuole superiori. Nei giorni scorsi si erano svolti anche alcuni incontri con la ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, per mettere a punto il piano per il trasporto pubblico locale, indispensabile per consentire il ritorno tra i banchi. Più che il rischio contagio in classe, infatti, la questione riguarda l’affollamento dei mezzi pubblici che gli studenti utilizzano per raggiungere gli istituti scolastici. La ministra De Micheli ha garantito un potenziamento del sistema, contando su una certa flessibilità dell’orario di ingresso. Si riparte davvero, dunque? Vedremo. Intanto le Regioni continuano ad andare in ordine sparso. Il governatore della Puglia,
Michele Emiliano, proprio ieri ha annunciato di voler concedere alle famiglie la libertà di decidere se far tornare i figli in aula o continuare con la didattica a distanza. E il mondo della scuola frena il governo: «meglio dal 18». Anche l’associazione dei presidi è critica sul ritorno a scuola dei ragazzi senza garanzie certe. «Sì alla riapertura in presenza, ma solo se non ci sono rischi per l’incolumità di studenti e personale. La frequenza deve essere ripristinata ma senza turnazioni dannose per l’organizzazione della vita e dello studio dei ragazzi, limitando al massimo l’ampiezza degli scaglionamenti», ha spiegato il presidente Antonello Giannelli. Forti critiche anche dai sindacati più rappresentativi della scuola, che propongono un rinvio. «La riapertura della scuola il 7 gennaio è troppo rischiosa. Il 18 potremmo già avere un’idea dell’andamento epidemiologico e decidere a ragion veduta», ha spiegato la segretaria dello Snals, Enrica Serafini. «I dirigenti scolastici sono stremati, continuano a fare e rifare gli orari per l’attività in presenza al 50%. Le famiglie sono confuse. Non è ancora chiaro se alle Regioni sono arrivate le risorse per i trasporti, per i mezzi aggiuntivi», è invece l’accusa di Maddalena Gissi, che guida la Cisl-Scuola.
5 Intanto, dopo settimane di “tregua”, torna a salire la pressione sugli ospedali.
Il numero di posti occupati nelle terapie intensive sta di nuovo crescendo: 14 in più nelle ultime ore, dopo l’incremento di sabato. Brutto segnale, dopo settimane di decremento dei casi più gravi. Salgono di 127 unità anche i ricoveri nei reparti ordinari, confermando una tendenza al rialzo. È salito il numero dei tamponi effettuati nelle ultime ore (102.974, 35 mila in più rispetto a sabato), rivelando altri 14.245 nuovi positivi. L’indice di positività sui test processati si attesta al 13,8%, in calo rispetto al picco di sabato (17,6%). Le vittime sono state 347, numeri ancora pesanti ma in calo per il quinto giorno consecutivo.